Elssler, Fanny
- Fanny Elssler, litografia di Henri Grevedon, 1835. Fonte: Gallica BnF
- Fanny Elssler in Le Diable boîteux, litografia, 1836. Fonte: Gallica BnF
- Fanny Elssler in La Gipsy, litografia di J. Bouvier, 1839. Fonte: The New York Public Library Digital Collection
Fanny Elssler nacque a Gumpendorf, presso Vienna, nel 1810. Iniziò lo studio della danza alla scuola del Theater an der Wien con la sorella maggiore Thérèse, ballerina e coreografa con cui condivise gran parte della carriera. Entrata nella compagnia del Kärntnertortheater, dove Jean-Louis Aumer era maître de ballet, debuttò nel 1823 come solista in Ismaans Grab oder Die bezaubernden Instrumente di Louis Henry. Durante un ingaggio a Napoli apprese la pantomima e lo stile brillante della tecnica italiana che affiancò a quella francese impartita da Aumer. In seguito debuttò in varie città europee, tra cui Londra, dove danzò per la prima volta con Jules Perrot in Armide, coreografato dalla sorella.
Nel 1834, scritturata da Louis Véron all’Opéra di Parigi, esordì in una nuova creazione di Jean Coralli, La Tempête, in cui danzò la parte della fata Alcina. Il pubblico fu ammaliato dalla sua brillante esecuzione e la critica iniziò a confrontare il suo stile con quello etereo di Maria Taglioni. Nel 1836 l’interpretazione di Florinda in Le Diable boîteux di Jean Coralli sigillò il suo trionfo. Pubblico e critica furono conquistati dalla sua performance nella cachucha,una danza spagnola inserita all’interno del balletto in forma stilizzata che diventò un suo cavallo di battaglia. L’anno seguente consolidò la sua fama nei balletti Nina, ou La Folle par Amour, La Fille Mal Gardée, La Muette di Portici e La Chatte Metamorphosée en Femme.
Superata la fredda accoglienza per la sua esibizione ne La Sylphide, balletto che il pubblico parigino identificava con Maria Taglioni, eccelse in due balletti in cui sfoderò il suo temperamento nelle danze nazionali: la cracovienne in La Gipsy di Joseph Mazilier e la tarantella in La Tarentule di Jean Coralli.
Nel 1840 partì per una tournée negli Stati Uniti, trascurando i suoi impegni con l’Opéra che la costrinse a pagare una penale per inadempimento contrattuale. Danzò in varie città americane e a Cuba, ottenendo un tale successo che fu oggetto di numerosi episodi di fanatismo. Il suo repertorio comprendeva i suoi cavalli di battaglia e una serie di danze che apprese durante la tournée, come la cubana zapateo.
Rientrata in Europa, danzò per la prima volta la parte di Giselle in una messa in scena di Jules Perrot all’Her Majesty’s Theatre di Londra. Seguirono vari ingaggi nei più importanti teatri d’Europa, tra cui il Teatro alla Scala dove debuttò nel 1844 danzando Giselle nella versione di Antonio Cortesi. Sul palcoscenico scaligero tornò tre anni dopo per esibirsi in una coreografia creata per lei da Jules Perrot: Odetta, o La Demenza di Carlo VI, Re di Francia.
Tra il 1848 e il 1851 lavorò a San Pietroburgo e Mosca portando in scena balletti di successo come La Tarentule e La Filleule des fées di Jules Perrot. Durante il suo ultimo spettacolo al Bolshoi di Mosca interpretò La Esmeralda di Jules Perrot e fu omaggiata con oltre trecento mazzi di fiori che riempirono il palcoscenico.
Per il suo addio alle scene, avvenuto nel 1851 all’Hofoper di Vienna con il Faust di Jules Perrot, la testata giornalistica Wiener Zeitung la omaggiò stampando la recensione dello spettacolo su seta. Si stabilì a Vienna e tenne un salotto che fu frequentato da artisti, intellettuali e membri dell’aristocrazia. Aveva circa sessant’anni quando, nel salotto di un’amica, fu persuasa a danzare la sua famosa cachucha accompagnata al pianoforte dal critico e musicologo Eduard Hanslick che ne rimase affascinato. Morì a Vienna nel 1884.
Fanny Elssler, vera e propria diva dell’età romantica, fu interprete di una danza sensuale e seducente che mise in luce tutto il suo fascino e temperamento. Qualità che Théophile Gautier, rinomato poeta e critico del giornale La Presse, sintetizzò nella celebre espressione di danseuse payenne. Tecnicamente la sua danse terre à terre, assai lontana dalla danse d’élévation di Maria Taglioni, si caratterizzava per la rapidità ritmica dei passi che eseguiva con vigore e precisione. Dal punto di vista espressivo, invece, conquistò il pubblico dell’epoca con le sue doti mimiche che contraddistinguevano ogni suo numero di danza. La peculiarità del suo vastissimo repertorio, che incluse i più grandi balletti dell’Ottocento, fu l’esaltazione delle danze nazionali, quali la cachucha, la cracovienne e la tarantella. Introdotte in forma teatralizzata attraverso un processo di commistione con la tecnica accademica, divennero la sua personale cifra stilistica.
Auguste Ehrhard, Fanny Elssler. Une vie de danseuse, Parigi, Plon-Nourrit, 1909
Ivor Guest, Fanny Elssler, Londra, A. and C. Black, 1970
Elena Cervellati, Théophile Gautier e la danza. La rivelazione del corpo nel balletto del XIX secolo, Bologna, CLUEB, 2007
Lisa C. Arkin, The context of Exoticism in FannyElssler’s, «Dance Chronicle», vol. 17,1994, pp.303-325
Maureen Needham Costonis, The Personification of Desire: Fanny Elssler and American Audiences, in «Dance Chronicle», vol. 13, 1990, pp.47-67
Donald Windham, Taglioni, Grisi, Cerrito and Elssler, in «Dance Index», vol. 3, 1944
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