Acem Kâr

1.- 2. Miniature raffiguranti riunioni della corte di Tamerlano (ca. 1336-1405) con musicisti, ambiente presso il quale era attivo Abd ul-Qâdir Marâghî (1360?-1435).

3. La grande moschea di Bursa (Ulu Camii) edificata fra il 1396 e il 1400. Bursa fu la prima capitale dell'Impero ottomano.

Area geografica di riferimento
Aree geo-culturali
Nome del paese
Interprete/interpreti

Ensemble Bîrûn 2017: Kudsi Erguner (ney, direttore musicale), Zeynep Yıldız Abbasoğlu, (kanûn), Ahmet Faruk Ayaz (ney, voce e percussioni), Christos Barbas (ney e voce), Ayberk Coşkun (‘ûd), Giovanni De Zorzi (ney), Abdurrahman Düzcan (voce e percussioni), Selman Erguner (viola, ney), Çağlar Fidan (voce), Victor Navarro García (percussioni) Hasan Kiriş (tanbûr) Giannis Koutis (voce e ûd), Reza Mirajalali (târ), Burak Savaş (voce e violino), Ibrahim Ethem Uçar (voce).

Autore/autori

Musica: Abd ul-Qâdir Marâghî (1360?-1435), Testo: Hāfez (1315-1390).

Anno di registrazione
2017
Video di presentazione

Acem Kâr, Abd ul-Qâdir Marâghî (1360?-1435)

Acem Peşrev, Sultan Veled (1226-1312).

Descrizione

Mettendo insieme le testimonianze giunte fino a noi riguardanti la tradizione musicale colta islamica fra il XIII e il XVI secolo, emerge un quadro in cui essa, al pari delle arti figurative e della poesia, sembra si basasse su una sensibilità, un gusto e un 'linguaggio' comuni nell'ambito di un territorio che si estendeva dalle coste del Mediterraneo fino ai confini della Cina e dell'India. All'interno di questa vastissima area geografica i 'fari' della cultura e delle arti erano rappresentati dalle corti di città come Baghdad (odierno Iraq), Tabriz e Isfahān (odierno Iran), Damasco (in Siria), Herāt (odierno Afghanistan) e Samarcanda (attuale Uzbekistan). Moltissimi artisti e intellettuali del tempo, fra cui i musicisti, erano cosmopoliti e passavano la vita viaggiando da una corte all'altra, offrendo il loro servizio a diversi sovrani o mecenati. L'origine dei due brani proposti si colloca all'interno di questo contesto musicale condiviso ma, nel corso del tempo, a loro è stata attribuita una particolare rilevanza soprattutto in ambiente ottomano-turco.

Il primo brano è attribuito ad 'Abd ul-Qadir Marâghî (Maragheh, 1360?- Herat, 1435), musicista e compositore originario dell'attuale regione iraniana dell'Azerbaigian Orientale e unanimamente considerato come il quinto grande teorico della musica arabo-islamica. Marâghî fu attivo presso le corti di Tabriz, Baghdad, Samarcanda ed Herāt e il suo talento fu particolarmente apprezzato da Tamerlano (1336-1405), che lo volle personalmente operativo nella sua capitale Samarcanda. L'eredità di Marâghî (sia quella dei suoi trattati musicologici, sia quella delle sue composizioni) non gli sopravvisse a lungo nell'ambiente musicale persiano e centroasiatico, ma venne invece trasmessa dai suoi figli e discepoli in ambito ottomano, dove continuò ad essere tramandata ed eseguita fino ai giorni nostri. Nel 1422, infatti, uno dei trattati teorici di Marâghî (Maqâsid al-Alhân, 'I significati delle melodie'), fu portato da suo figlio Abdülaziz da Herāt a Bursa (allora sede della corte ottomana) e donato al sultano Murad II. Tale evento è stato percepito e tramandato dagli ottomani come l''atto fondatore' della propria tradizione musicale classica. Il brano in questione è un kâr composto in maqâm (modo) Acem. Il kâr è un ampio ed elaborato genere vocale di derivazione persiano-timuride che si basa su cicli ritmici complessi (in questo caso sull'usûl muhammes di 32/4) e diviso in diverse strofe dette bend concluse da un terennüm, ovvero sezioni melodiche costruite su sillabe nonsense (ad esempio dir dir ten ni, ten ni, ten-nen-ni, o tâ-nâ-de-re-dim), oppure su termini dai significati poetici ridondanti che consentono al compositore di sviluppare la melodia di là dalle parole.

Il secondo brano è invece un peşrev (preludio strumentale) anch'esso in maqâm Acem, che la tradizione attribuisce al poeta mistico Sultan Veled (1226-1312), figlio di Jalâl ud-Dîn Rûmî (1207-1273) poeta sufi di lingua persiana e santo eponimo della confraternita dei 'dervisci rotanti' (Mevlevîye). Se l'attribuzione risultasse corretta il brano sarebbe stato composto nella città di Konya retta dall'Impero selgiuchide e rappresenterebbe uno dei più antichi brani musicali giunti fino a noi composti in area di influenza turca.

Entrambi gli esempi musicali sono interpretati dall'Ensemble Bîrûn (gruppo dall'organico variabile legato a un progetto dell'Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini di Venezia) sotto la direzione artistica di Kudsi Erguner. Il primo brano è tratto dall'album: Musiche delle corti da Herat a Istanbul, Kudsi Erguner (direzione artistica), Udine, Nota Edizioni, 2018. Il secondo brano invece è stato registrato in occasione di un concerto dell'Ensemble Bîrûn sull'isola di San Giorgio Maggiore (Venezia), presso la sala del Cenacolo Palladiano, tenutosi nell'aprile 2017.

Approfondimento
Voci e strumenti
  • Voci maschili
  • Ney (flauto)
  • Ūd (liuto a manico corto)
  • Kanûn (cetra su tavola a corde pizzicate)
  • Violino (liuto ad arco)
  • Viola (liuto ad arco)
  • Tanbûr (liuto a manico lungo)
  • Târ (liuto a manico lungo)
  • Daf (tamburo a cornice)
  • Kudüm (timpani)
Documentazione

Bibliografia

Risorse web

Autore scheda
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Licenza

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Modificato
27/10/2019

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