Calvino, Italo

Data di nascita
15 ottobre 1923
Data di morte
19 settembre 1985
Paese
Categoria
Biografia

Scrittore tra i più importanti del secondo Novecento, Italo Calvino è uno degli autori italiani maggiormente conosciuti a livello internazionale, grazie alla traduzione dei suoi lavori in oltre 50 lingue straniere. Il suo ricco catalogo comprende soprattutto opere di narrativa (romanzi e racconti) e di saggistica, ma è stata rilevante anche la sua produzione di testi per musica, in particolare nelle collaborazioni con Sergio Liberovici e Luciano Berio.

Calvino nacque il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas (Cuba), figlio primogenito di Mario, agronomo, e di Eva Mameli, botanica. Già nel 1925 la famiglia rientrò in Italia stabilendosi a San Remo, città natale di Mario, il quale vi assunse la direzione della Stazione sperimentale di floricoltura «Orazio Raimondo». Calvino trascorse così l’infanzia e l’adolescenza nell’ambiente provinciale ma allo stesso tempo cosmopolita di San Remo, avendo contatti solo marginali con il fascismo. Esercitarono su di lui un influsso duraturo l’impostazione agnostica dei genitori e le loro posizioni che guardavano ai movimenti socialista e anarchico, sebbene non si opposero mai apertamente al regime. Nelle parole dell’autore, l’ambiente familiare e il contesto sanremese di quegli anni gli donarono una forte inclinazione per la tolleranza, un’attitudine positiva verso l’altro e l’amore per la varietà, aspetti che avrebbero caratterizzato in maniera determinante tanto la sua arte quanto la sua personalità. Altrettanto significativo fu l’impatto degli interessi professionali dei genitori sulla formazione culturale del giovane Calvino, il cui effetto a lungo termine si può osservare nelle tematiche scientifiche affrontate in diverse sue opere dei decenni successivi, in particolare degli anni Sessanta. Sempre al periodo dell’adolescenza risale la sua predilezione per le riviste umoristiche, i fumetti e il cinema, dove l’autore trovò quel gusto per l’ironia, per la scrittura asciutta e per la varietà formale che in seguito avrebbe sviluppato nella sua ampia e variegata produzione.

Calvino intraprese le prime prove di scrittura negli anni subito antecedenti lo scoppio della Seconda guerra mondiale, cimentandosi nella composizione di poesie, racconti, testi teatrali, recensioni cinematografiche. Coltivò inoltre la passione per il disegno, soprattutto nella declinazione della caricatura e della vignetta: tra la primavera e l’estate del 1940 alcune sue illustrazioni umoristiche furono pubblicate sotto pseudonimo sulla rivista satirica «Bertoldo». Dopo il liceo, si iscrisse alla facoltà di agraria a Torino e poi a Firenze, ma sostenne solo sette esami; avvicinatosi ai movimenti comunisti durante l’università, a partire dall’estate del 1944 diventò partigiano e partecipò a diverse battaglie contro i nazifascisti, un’esperienza che avrebbe costituito l’argomento del suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno (1946). Alla fine della guerra si trasferì a Torino, dove si iscrisse a lettere ed ebbe modo di intessere amicizia con Cesare Pavese ed Elio Vittorini: grazie a quest’ultimo ebbe inizio la sua collaborazione con la prestigiosa rivista milanese Il Politecnico, sulle cui pagine si fece velocemente notare per la costruzione geometrica della narrazione, il nitore stilistico, l’utilizzo peculiare dell’ironia e l’ampiezza dei rimandi culturali. Negli stessi anni cominciò a lavorare per la casa editrice Einaudi, presso la quale avrebbe svolto un ruolo fondamentale per i successivi 35 anni, stilando pareri di lettura, redigendo quarte di copertina, gestendo i rapporti con autori, traduttori, consulenti e critici.

Dopo Il sentiero dei nidi di ragno Calvino si trovò ad affrontare una crisi creativa che superò con la scrittura de Il visconte dimezzato (1952), romanzo fantastico ambientato nel Seicento, un lavoro assai lontano dai meno riusciti tentativi di narrazione realista in cui si era cimentato negli stessi anni. Su incarico dell’Einaudi, dal 1954 al 1956 fu impegnato nell’attività di compilazione e riscrittura della raccolta di duecento Fiabe italiane, la cui pubblicazione fu accolta con lodi pressoché unanimi per l’eleganza stilistica e l’efficacia del linguaggio. Seguirono le altre due favole araldiche che avrebbero costituito la “trilogia degli antenati”, ossia Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959), nonché il romanzo socio-realista La speculazione edilizia (1957) e la raccolta I racconti (1958) contenente le prime dieci storie di Marcovaldo, il quale sarebbe uscito in forma completa e autonoma solo nel 1963. Di ritorno da un soggiorno di sei mesi negli Stati Uniti tra il 1959 e il 1960, Calvino attraversò un’altra crisi creativa durante la quale intraprese lo studio di argomenti antropologici e cosmologici, alla ricerca di nuovi strumenti per interpretare il mito e la realtà. Ne sarebbe nato un genere letterario inedito, ossia il «racconto cosmicomico», che lo avrebbe occupato in maniera esclusiva fino alla fine degli anni Sessanta con le raccolte Le Cosmicomiche (1965), Ti con zero (1967) e La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche (1968). In questi lavori Calvino insegue una moderna modalità di contatto con la dimensione cosmica, un rapporto che, secondo l’autore, fu naturale in epoca primitiva e nell’antichità classica ma è ormai precluso all’uomo contemporaneo, perciò lo si può recuperare solo in maniera mediata, attraverso il filtro del comico.

Nel 1967 Calvino si trasferì con la famiglia a Parigi, dove sarebbe rimasto fino al 1980: ciò lo condusse inevitabilmente ad allontanarsi dal contesto culturale italiano, senza tuttavia giungere mai ad integrarsi nell’ambiente intellettuale francese, al quale ad ogni modo si avvicinò. Abbandonato il genere cosmicomico, in quel periodo Calvino iniziò ad esplorare una nuova forma narrativa basata sulla logica combinatoria, trovandone l’espressione figurativa nelle carte dei tarocchi. Gli ardui problemi strutturali determinati da tale approccio furono affrontati dall’autore nella tormentata genesi de Il castello dei destini incrociati, il quale, pubblicato in una prima versione nel 1969, fu completato solo nel 1973. Altrettanto lunga fu la scrittura de Le città invisibili, definito da Calvino un «poemetto in prosa o apologo o onirigramma»: qui la struttura narrativa di logica combinatoria è inserita entro cornici dialogiche ironico-sapienzali, mentre l’ambientazione fantastica orientaleggiante – onirica, appunto – fa trasparire riflessioni sul mondo contemporaneo e su tematiche esistenziali di portata universale.

A metà degli anni Settanta Calvino iniziò a collaborare in maniera continuativa con il Corriere della Sera e, dal 1979, con La Repubblica, di conseguenza si riavvicinò progressivamente al contesto culturale e politico italiano, commentando nei propri editoriali i problemi civili e sociali del paese. Da quel momento in poi tutte le sue principali opere – tanto narrative quanto saggistiche – sarebbero nate sulle pagine dei due quotidiani, con la sola eccezione del romanzo sperimentale Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), dove l’autore portò all’apogeo i potenziali contenuti nell’incipit della narrazione. Per Calvino fu questo un periodo segnato dall’inquietudine, come dimostrano i numerosi lavori imbastiti in parallelo – diversi sarebbero rimasti incompiuti – e la frequenza con cui intraprese viaggi verso luoghi anche assai lontani. Analogamente, aumentarono negli anni Ottanta gli ambiti artistici e culturali esplorati dall’autore, un’attitudine che ebbe un riflesso determinante nei lavori dell’ultimo periodo, tra cui spicca la raccolta Palomar (1983), da lui definita un «quaderno di esercizi». Ritornato in Italia assieme alla famiglia nel 1980, negli anni successivi Calvino fu insignito di importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, come la Legion d’onore e la nomina a directeur d’études alla École des Hautes Études di Parigi; invitato ad Harvard per tenere un ciclo di sei conferenze, scrisse i saggi che sarebbero usciti postumi con il titolo Lezioni americane (1988). Calvino morì a Siena nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1985, in seguito a un ictus che lo aveva colpito alcuni giorni prima nella sua villa a Roccamare (GR).

Se le opere letterarie di Calvino hanno ormai raggiunto una notorietà pressoché universale, assai meno conosciuti al grande pubblico sono i suoi testi per musica, i quali costituiscono una porzione decisamente minoritaria della sua produzione complessiva, tuttavia hanno svolto un ruolo rilevante nella storia artistica del secondo Novecento italiano. Si ricorda innanzitutto la collaborazione di Calvino con il collettivo torinese Cantacronache, iniziata nel 1958 con la canzone Dove vola l’avvoltoio? messa in musica da Sergio Liberovici, uno dei fondatori del gruppo. Il collettivo, al quale in seguito offrirono il proprio contributo anche autori come Umberto Eco, Gianni Rodari e Pier Paolo Pasolini, intendeva riscattare la canzone italiana dalla sua dimensione di mero svago conferendole contenuti culturalmente e politicamente impegnati. È interessante osservare come i testi di Calvino per il Cantacronache dialoghino strettamente con la sua produzione letteraria coeva: significativo il caso di Canzone triste (1958), fedele trasposizione del racconto L’avventura di due sposi, risalente al medesimo anno. In maniera meno diretta, Dove vola l’avvoltoio? riecheggia l’allegoria di Ultimo viene il corvo (1949), Oltre il ponte (1958) riprende alcune tematiche de Il sentiero dei nidi di ragno, mentre Il padrone del mondo (1959) richiama le ambientazioni e il protagonista di Marcovaldo.

Sempre agli anni Cinquanta data l’inizio della collaborazione più rilevante del Calvino librettista, ossia quella con Luciano Berio: scritto tra il 1952 e il 1959, il «racconto mimico» Allez-hop viene rappresentato per la prima volta presso il Teatro La Fenice nell’ambito del XXII Festival Internazionale di Musica Contemporanea (1959). Anche in questo caso si assiste a uno strettissimo legame tra il testo per musica e la produzione letteraria di Calvino, visto che la pulce protagonista della pièce proviene da un capitolo de Il barone rampante. Dopo oltre vent’anni da Allez-hop, la collaborazione tra Calvino e Berio riprende con due «azioni musicali» che debuttano a breve distanza l’una dall’altra, avendo condiviso ampia parte del periodo di gestazione: La vera storia, rappresentata la prima volta nel 1982 presso il Teatro alla Scala di Milano, e Un re in ascolto, in scena a Salisburgo durante il festival estivo del 1984. Entrambi i lavori riflettono sull’essenza e le convenzioni del teatro musicale, in particolare nella declinazione del melodramma ottocentesco, il cui modello è riecheggiato tanto nel libretto, quanto nella partitura. Ricchi di aperture metalinguistiche e metateatrali, La vera storia e Un re in ascolto assumono infatti come punto di partenza opere della grande tradizione, ossia, rispettivamente, Il Trovatore di Giuseppe Verdi e La Tempesta di William Shakespeare, quest’ultima mediata da una riduzione librettistica tedesca di fine Settecento. Spogliati delle loro connotazioni originarie, tali modelli sono utilizzati come archetipi di portata universale, validi per interrogarsi su questioni complesse come le diverse modalità di ascolto, il rapporto tra soggetto e storia, la molteplicità del reale, il ruolo della memoria individuale e collettiva.

Bibliografia
Scritti
  • Italo Calvino, Lettere 1940-1985. A cura di Luca Baranelli, Milano, Mondadori, 2001.
  • Italo Calvino, Saggi 1945-1985. A cura di Mario Barenghi, Milano, Mondadori 2007.
  • Italo Calvino, Romanzi e racconti. A cura di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, Milano, Mondadori, 2013.

Libretti

Opere

Interpretazioni e altri documenti

Opere danza

Autore scheda
GVI

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Modificato
05/01/2019

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