Ailey, Alvin

Immagini (Secondarie)
Didascalie
  1. Alvin Ailey. Fonte: The New York Public Library Digital Collections - Jerome Robbins Dance Division.
  2. Revelations di Alvin Ailey al Festival d'Avignon, 1977. Fotografia di Fernand Michaud. Fonte: Gallica BnF.
Data di nascita
5 gennaio 1931
Data di morte
1 dicembre 1989
Paese
Stile
Categoria
Biografia

Alvin Ailey nacque a Rogers, nel Texas, nel 1931. A dodici anni si trasferì con la madre a Los Angeles dove, affascinato dalla visione dei Ballets Russes de Monte Carlo e da uno spettacolo della compagnia di Katherine Dunham, decise di dedicarsi alla danza. Iniziò i suoi studi con Lester Horton, nella cui compagnia avviò la propria carriera di danzatore e realizzò le sue prime coreografie. Nel 1954, dopo aver assunto la direzione artistica dell’Horton Dance Theater in seguito alla prematura scomparsa del fondatore, si trasferì a New York dove si esibì a Broadway in diversi musical. Parallelamente completò la sua formazione studiando danza accademica con Karel Shook, modern dance con Martha Graham, Hanya Holm, Anna Sokolow, Doris Humphrey e Charles Weidaman e recitazione con Stella Adler.
Nel 1958 fondò l'Alvin Ailey American Dance Theatre, compagnia di primo piano nel panorama della danza moderna americana composta principalmente da ballerini afro-americani, e danzò Ode and Homage, il suo assolo dedicato a Horton. Per il debutto della compagnia coreografò Blues Suite (1958), lavoro ispirato ai suoi ricordi d’infanzia nella valle del fiume Brazos, nel Texas. L’ensemble incontrò immediatamente il favore del pubblico ma la consacrazione arrivò con Revelations (1960), considerato dalla critica il manifesto del suo stile coreografico che fondeva i ritmi delle forme coreiche africane e caraibiche con le tecniche moderne e quella accademica. Ailey prese parte come interprete a tutte le produzioni finché nel 1965 si ritirò dalle scene per dedicarsi esclusivamente alla coreografia. Furono invitati a creare lavori per la compagnia Katherine Dunham, José Limón, Pearl Primus, Ted Shawn, Anna Sokolow e Glen Tetley. Nel 1962 l'Alvin Ailey American Dance Theatre intraprese una tournée nel sud-est asiatico e in Australia grazie al supporto dell’allora Presidente John Fitzgerald Kennedy attraverso il “President’s Special International Program for Cultural Presentations”. Seguirono le esibizioni al Festival Internazionale delle Arti di Rio de Janeiro (1963), al First World Festival of Negro Arts di Dakar (1966), al Festival di Edimburgo (1968), al Festival Internazionale di Danza di Parigi (1970), in sei città dell'URSS (1970) e nella Repubblica Popolare Cinese (1985). Nel 1968 la compagnia ottenne la sua prima sovvenzione dalla Fondazione Rockefeller e danzò per il presidente Johnson alla Casa Bianca.
Nel 1969 Ailey fondò l’Ailey American Dance Center (ora The Ailey School), divenuta celebre per la sua politica volta a includere studenti di qualsiasi appartenenza etnica, e nel 1974 l’Ailey Repertory Ensemble (ora Ailey II) con la missione di creare una vasta comunità culturale per offrire spettacoli di danza e con l’intento di sensibilizzare la società. Nel 1975 l’Alvin Ailey American Dance Theatre fu invitata a esibirsi al Duke Ellington Festival tenutosi al Lincoln Center di New York e, da quel momento, Ailey compose una serie di balletti su musica del famoso jazzista, tra i quali Night Creature (1975) e Pas de Duke (1976). Nel 1986 Ailey presentò al Lyric Theater di Kansas City Survivors, appassionato tributo a Nelson e Winnie Mandela. L’anno seguente Ailey rese omaggio alla grande madre della black dance con The Magic of Katherine DunhamParallelamente lavorò anche presso altre compagnie, quali il Joffrey Ballet, l'Harkness Ballet, l'American Ballet Theatre e l’Opéra di Parigi e curò le coreografie per produzioni teatrali come l’opera Antony and Cleopatra di Samuel Barber (1966) e il musical Mass di Leonard Bernstein (1971). 
Nell’arco della sua carriera Alvin Ailey ottenne numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Best Modern Dance Choreographer (1970), il Dance Magazine Award (1975), la United Nations Peace Medal (1982), il Samuel H. Scripps American Dance Festival Award (1987), l’Handel Medallion (1988), Kennedy Center Honor dal presidente Ronald Reagan per il suo contributo alla cultura americana (1988). Nel 1989 Ailey morì a New York. La direzione artistica della compagnia fu assunta da allora fino al 2011 da Judith Jamison, stella indiscussa dell’Alvin Ailey American Dance Theatre per oltre dieci anni, e in seguito dal coreografo Robert Battle. Nel 2014 fu conferita ad Ailey, postuma, la Presidential Medal of Freedom, tra le più alte onorificenze civili del Paese, per il suo impegno per i diritti civili e per la diffusione della danza in America.

Alvin Ailey creò un vasto repertorio: dagli assoli come Cry (1971) alle grandi produzioni come The River (1970), dai lavori ispirati alla cultura afro-americana come Blues Suite (1958), Revelations (1960) e Masekela Langage (1969) a balletti astratti incentrati sull’esplorazione delle possibilità espressive del movimento in contesti ritualistici come Streams (1970), Hidden Rites (1973) e Isba (1983). Un altro importante filone fu quello dei balletti dedicati a personaggi celebri, dei quali mise in risalto il contrasto tra l’immagine pubblica e la realtà privata. Tra questi Flowers (1971), basato sulla vita di Janis Joplin, Au Bord du precipice (1983), incentrato sulla vita della rockstar Jim Morrison, e For Bird - With Love (1984), un omaggio alla leggenda del jazz Charlie Parker. Comune denominatore del suo repertorio fu la dimensione teatrale, tanto che per ogni creazione Ailey tenne un taccuino nel quale annotò schizzi tematici, descrizioni dei personaggi, disegni di ambientazioni e costumi ed idee per il cast. Questi taccuini, custoditi dai Black Archives of Mid-America, offrono una rara occasione per riflettere sull'immaginazione creativa dell’artista.

Alvin Ailey arricchì il patrimonio della danza moderna americana preservando, al tempo stesso, la cultura afro-americana. La fondazione della sua compagnia diede voce all’esperienza artistica degli afro-americani e contribuì alla graduale integrazione anche nel mondo della danza, processo strettamente connesso con la crescita dell’attivismo politico per i diritti civili. Tuttavia, pur essendo uno dei massimi esponenti della black dance che contribuì a trasformare in un genere teatrale indipendente, Alvin Ailey considerò sempre la danza una forma d’arte in grado di creare dialogo e unione.

Bibliografia

Bárbara Cruz, Alvin Ailey. Celebrating African-American culture in dance, Berkeley Heights, NJ, Enslow Publishers, 2004.

Thomas F. DeFrantz, Dancing Revelations. Alvin Ailey's Embodiment of African American Culture, Oxford, Oxford University Press, 2004.

Jennifer Dunning, Alvin Ailey. A life in dance, Reading, Addison-Wesley, 1996 (consultabile al seguente link previa registrazione: https://archive.org/details/alvinaileylifein00dunn).

Julia Foulkes, Modern Bodies. Dance and American Modernism from Martha Graham to Alvin Ailey, The University of North Carolina Press, 2002.

Howard S. Kaplan, Alvin Ailey American Dance Theater, International Encyclopedia of Dance, a cura di Selma Jeanne Cohen, Oxford University Press, New York, Oxford, 1998.

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SMO

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Modificato
05/01/2019

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