Lully, Jean-Baptiste (Lulli, Giovanni Battista)
Giovanni Battista Lulli nacque a Firenze il 28 novembre 1632 da una famiglia di modeste origini, proveniente dal Mugello. Non se ne conosce la formazione, ma probabilmente studiò presso i francescani di Borgo Ognissanti, nella zona dove viveva con i genitori e i due fratelli: qui dovette ricevere le sue prime lezioni di violino e chitarra. Non si sa come il giovane Lulli sia entrato in contatto con il cavaliere di Guisa, in visita a Firenze tra il 1645 e il 1646; questi lo scelse come garçon de chambre di sua nipote Anne-Marie-Louise d’Orléans, cugina di Luigi XIV e nota come la “Grande Mademoiselle”, la quale all’epoca stava imparando l’italiano. Nel febbraio 1646 Giovanni Battista lasciò quindi Firenze per trasferirsi definitivamente a Parigi, dove sarebbe rimasto fino alla fine della sua esistenza, mutando il nome in Jean-Baptiste Lully.
Al servizio della “Grande Mademoiselle”, che allora viveva al Palazzo delle Tuileries, Lully completò la propria formazione musicale studiando violino, clavicembalo e composizione con diversi musicisti gravitanti attorno alla corte. Nel 1652, come violinista e ballerino, entrò al servizio di Luigi XIV. Le doti non comuni di mimo e musicista, nonché uno spirito spregiudicato e intrigante gli assicurarono il favore del re e una rapida carriera. Nominato nel 1653 compositore della musica strumentale di corte, collaborò da quell’anno con Isaac de Benserade agli intermezzi danzati che il costume del tempo prescriveva per ogni rappresentazione drammatica, dall’Oedipe di Corneille (1659) alle opere di Francesco Cavalli, introdotte a Parigi da Mazarino. A poco a poco sostituì alle convenzioni della musica italiana elementi stilistici francesi, come l’air de cour (in stile sillabico) e la chanson brunette (semplice composizione da una a tre voci condotte omoritmicamente); queste forme appaiono compiutamente assimilate già nel Ballet de la Raillerie (1659). Nell’introduzione all’Alcidiane (1658) compare in embrione la futura ouverture française, con piccolo fugato al secondo movimento, posto tra due episodi gravi e pomposi a ritmo puntato.
Promosso nel 1661 a sovrintendente della musica del re, Lully si associò poco dopo a Molière e dalla loro collaborazione nacquero fra il 1664 e il 1671 tredici comédie-ballets, specie di commedie o pastorali intercalate da danze di tipo esornativo che in realtà costituivano la parte principale dello spettacolo; si segnalano, in particolare, Le bourgeois gentilhomme (1670) e Psyché (1671), una tragédie-ballet nella quale già traspare l’interesse di Lully per l’opera. Erano gli anni delle polemiche attorno all’opera in musica e all’adattabilità delle forme melodrammatiche italiane alla lingua e allo stile tragico francese. Quando nel 1671 fallì l’impresa di Robert Cambert e Pierre Perrin per la creazione a Parigi di un teatro dell’opera, Lully si affrettò a rilevare il privilegio del re che già gli assicurava il monopolio dell’opera in tutta la Francia e affrontò la questione alla radice. Sul corpo della pastorale, composta di allegorie, entrées, arie, danze e scenari, innestò un severo recitativo sillabico (dapprima secco, poi accompagnato) modellato sull’illustre dizione del teatro classico francese e sul suo codice di significati espressivi. Questo tipo di recitazione musicale, ligia al testo e senza divisione in battute, costituì l’ossatura dell’opera di Lully e rimase esemplare per tutto il Settecento francese.
Avvalendosi per lo più dell’opera del poeta Philippe Quinault, a partire da Cadmus et Hermione (1673) Lully produsse quasi regolarmente fino alla morte una tragédie-lyrique all’anno, fissando via via la forma di questo genere. Essa consiste di un’ouverture (ormai stabilita nel tipo: grave-allegro fugato-da capo del grave), un prologo (quasi un’ampia cantata in cui confluiscono elementi del ballet de cour) e cinque atti, ciascuno introdotto da una ritournelle strumentale, con recitativi culminanti in brevi arie chiuse e senza fioriture, duetti spesso a imitazione, cori e danze strumentali. Si segnalano, in particolare, il Thésée (1675), con cui scompaiono definitivamente i personaggi comici ancora presenti, secondo il modello italiano, nell’Alceste dell’anno precedente; Isis, Persée, Phaëton, rispettivamente del 1677, 1682 e 1683, caratterizzate da un’intensa partecipazione dell’orchestra all’azione drammatica; e infine gli ultimi capolavori Amadis (1684), Roland (1685), Armide (1686) e Acis et Galathée (1686), una pastorale-héroïque.
Ormai «dittatore» della musica francese, Lully esercitò la sua autorità anche in campo strumentale. Conferì alla suite una forma definita (allemanda – sarabanda – corrente – minuetto – giga); introdusse innovazioni nell’organico dell’orchestra aggiungendo spesso agli archi (che rimangono la base della scrittura a cinque parti) il raddoppio con flauti e oboi, nonché trombe sostenute dai timpani, con risultati di una particolare sonorità compatta che rimarrà a lungo tipica dell’orchestra francese. Attentissimo alla qualità delle esecuzioni, verso il 1670, scontento della Grande bande des violons du roi, aveva creato una formazione rivale, Les petits violons, che dirigeva personalmente con inflessibile disciplina. Un impegno importante rappresentò per Lully anche la musica sacra, specie negli ultimi anni della sua carriera, quando l’avanzare dell’età rese il re devoto. Compose in questo campo dodici grandi mottetti per due cori a cinque voci, orchestra e organo, e una quindicina di piccoli mottetti per tre voci e basso continuo. Lully morì a Parigi il 22 marzo 1687.
- Voce bio-bibliografica su Jean-Baptiste Lully nel Dizionario Biografico degli Italiani
- Edizione critica degli opera omnia di Jean-Baptiste Lully.
- Jean-Baptiste Lully Collection, University of North Texas.
- Testimoni musicali, fonti d'archivio e materiali bibliografici su Jean-Baptiste Lully presso la Bibliothèque Nationale de France.
- Discografia di Jean-Baptiste Lully.
- Marina Mayrhofer, Il meccanismo del merveilleux nella drammaturgia di Armide di Quinault-Lully. In: I rapporti musicali tra Italia e Francia nel Seicento, a cura di Agostino Ziino, «Studi musicali», 25, 1-2 (1996), pp. 53-65.
- Ursula Kirkendale, Il re dei cieli e il re di Francia: Su un topos nella maniera di Lully. «Rivista Italiana di Musicologia», 39, 1 (2004), pp. 53-106.
- Barbara Nestola, Un modello italiano nelle prime composizioni di Lully (1664–1673): Dal lamento alla plainte. In: Francesco Buti tra Roma e Parigi: Diplomazia, poesia, teatro, a cura di Francesco Luisi, Roma, Torre d'Orfeo, 2007, vol. 3, pp. 803-836.
- Françoise Dartois-Lapeyre, A Multi-Layered Analysis of Dancing in Eighteenth-Century French Opera. «Dance Research Journal», 33, 2 (inverno 2015), pp. 124-142.
- Rebecca Harris-Warrick, Dance and Drama in French Baroque Opera: A History. Cambridge, Cambridge University Press, 2016.
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