Dunham, Katherine

Immagini (Secondarie)
Didascalie
  1. Katherine Dunham, fotografia di Phyllis Twachtman, 1956. Fonte: Library of Congress.
  2. Katherine Dunham in Tropical Review, fotografia di Alfredo Valenti, 1943. Fonte: wikipedia.org
  3. Katherine Dunham in Bahiana, fotografia di Roger Wood, 1940-1949 ca. Fonte: The New York Public Library Digital Collections.
Data di nascita
22 giugno 1909
Data di morte
21 maggio 2006
Paese
Stile
Categoria
Biografia

Katherine Dunham nacque nel 1909 a Glen Ellyn, un villaggio dell’Illinois, da padre malgascio e madre franco-canadese. Nel 1928 s’iscrisse alla facoltà di antropologia dell'Università di Chicago ed entrò a far parte del New Negro Movement, gruppo formato da artisti e intellettuali neri che credevano nel potere dell’arte di sfidare i pregiudizi razziali. Nel 1929 fu invitata dal fratello Albert Jr. al Cube Theatre dove conobbe il danzatore e poeta Mark Turbyfill, con il quale fondò il Ballet Nègre. All’interno della compagnia, che si sciolse nel 1931, Dunham si cimentò per la prima volta nella coreografia creando Negro Rhapsody (1931). Parallelamente approfondì la sua formazione studiando danza classica con Ruth Page, danza spagnola con Quill Monroe e danze orientali con Vera Mirova. Nel 1932 fondò il Negro Dance Group con Ludmila Speranzeva, ex ballerina al Kamerny Theatre di Mosca e, per un breve periodo, allieva di Mary Wigman. Nel 1935, ottenuta una borsa di studio dalla Fondazione Rosenwald, condusse ricerche etnografiche sulla danza in Giamaica, Martinica, Trinidad e Haiti, traendone ispirazione per le sue future coreografie. Durante il lavoro di ricerca che portò alla pubblicazione della tesi The Dances of Haiti (1947), Dunham formulò una teoria sulla stretta relazione nella danza tra forma e funzione, considerando l’arte coreica non un'espressione estetica astratta ma piuttosto una manifestazione identitaria di ciascun popolo.

Rientrata a Chicago, Katherine Dunham rinunciò alla carriera di antropologa per dedicarsi completamente alla danza e sfruttò i suoi studi universitari per sviluppare uno stile coreografico ispirato alla sua sensibilità afro-americana. Nel 1937 ricostituì la sua compagnia che si esibì con successo a New York nella cornice del Negro Dance Evening e in vari teatri di Chicago, quali il Goodman Theater, l'Abraham Lincoln Center e il Federal Theater. Alla fine dello stesso anno fu nominata direttrice del Negro Unit of the Chicago Branch of the Federal Theater Project. Il suo primo grande successo fu L’Ag’Ya (1938), lavoro che sigillò il suo sodalizio artistico e sentimentale con il designer John Pratt, sposato nel 1941 dopo aver divorziato dal primo marito, Jordis McCoo, nel 1938. Il suo repertorio affrontò molteplici tematiche: lavori a sfondo politico come i due lavori del 1937, Tableaux of Spanish Earth, ispirato alla guerra civile spagnola, e Swamp, in cui si schierava contro il linciaggio, tema che era al centro della lotta dei movimenti politici dei New Negro; temi universali come in Rites de Passage (1943), celebrazione della pubertà, della fertilità e dei rituali della morte; creazioni dal realismo etnografico come in Shango (1945), rievocazione storica delle pratiche di culto trinidiane.

Trasferitasi a New York, curò le coreografie della rivista Pins and Needles (1939). Nel 1940 debuttò a Broadway con Tropics and Le Jazz “Hot” e interpretò la parte della seduttiva Georgia Brown nel musical Cabin in the Sky (1940), di cui firmò la coreografia insieme a George Balanchine. Altri celebri musical per i quali realizzò coreografie furono Tropical Revue (1943), Carib Song (1945), Bal Nègre (1947) e Caribbean Rhapsody (1948). Nel 1944 fondò a New York la Dunham School of Arts and Research che portò alla ribalta una nuova generazione di artisti come Peter Gennaro, José Ferrer, Arthur Mitchell, Walter Nicks, Chita Rivera ed Eartha Kitt. Nella scuola, che partiva dai concetti fondamentali di forma e funzione, comunicazione interculturale e socializzazione attraverso le arti, offrendo corsi di filosofia, religione, antropologia, estetica, teatro e lingue, s’insegnava la tecnica Dunham, creata dalla fusione della tecnica accademica e del linguaggio della modern dance con le forme afro-caraibiche.
Dagli anni Quaranta Katherine Dunham divenne un’attivista del movimento per i diritti civili degli afro-americani. Convinta di poter combattere la povertà e il disagio sociale attraverso la danza, creò opere di denuncia come Southland (1951), lavorò a stretto contatto con la gioventù dei ghetti e fondò il Performing Arts Training Center (1967). Durante gli anni Cinquanta la sua compagnia intraprese numerose tournée negli Stati Uniti, in Messico, nell’America Latina, nel Nord Africa e in Europa.
Accanto all’attività teatrale affiancò quella cinematografica realizzando le coreografie di Carnival of Rhythm (1939), Star Spangled Rhythm (1942), Stormy Weather (1943), Casbah (1948), Botta e Risposta (1950), Mambo (1954), Musica en la Noche (1955), Green Mansions (1958) e The Bible (1964).
Nel 1977 aprì il museo Katherine Dunham, dove espose scenografie, oggetti raccolti durante i suoi viaggi, pitture, sculture e strumenti musicali. Nell’arco della sua carriera ottenne numerosi premi, tra cui il Kennedy Center Honors nel 1983 e la National Medal of the Arts nel 1989. Morì a New York nel 2006.

Katherine Dunham, riconosciuta dalla critica come una delle pioniere della black dance, rivoluzionò il panorama della danza americana del XX secolo con la sua estetica “primitiva” esercitando non solo una profonda influenza sul filone della modern dance e su quello jazz, ma dando un contributo fondamentale alla campagna del New Negro Movement. Fu anche autrice di varie pubblicazioni sulla danza, tra cui Journey to Accompong (1946), The Dance of Haiti (1947), Touch of Innocence. A Memory of Childhood (1959) e Island Possessed (1969).

Bibliografia

Joyce Aschenbrenner, Katherine Dunham: dancing a life, Urbana, University of Illinois Press, 2002 (consultabile al seguente link previa registrazione: https://archive.org/details/katherinedunham00joyc).

VèVè A. Clark, Sara E. Johnson (a cura di), Kaiso! Writings by and about Katherine Dunham, Madison, University of Wisconsin Press, 2005.

Joanna Dee Das, Katherine Dunham: dance and the African diaspora, New York, Oxford University Press, 2017.

Joshua Legg, Introduzione alle tecniche di danza moderna, Roma, Gremese Editore, 2016.

Scritti

Katherine Dunham, Form and Function in Primitive Dance, in «Educational Dance», n. 1, ottobre 1941.

Katherine Dunham, Journey to Accompong, New York, Henry Holt & Co, 1946.

Katherine Dunham, The Dances of Haiti, Los Angeles, Center for Afro-American Studies, UCLA, 1983.

Katherine Dunham, A Touch of Innocence. A Memory of Childhood, New York, Harcourt Brace, 1959.

Katherine Dunham, Island Possessed, New York, Doubleday, 1969.

Katherine Dunham et al., The Negro Dance, in «Danza e Ricerca», n. 8, dicembre 2016.

Libretti

Opere

Interpretazioni e altri documenti

Opere danza

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SMO

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Modificato
05/01/2019

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