Reich, Steve
1. Steve Reich nella sua casa a New York, 2016.
Steve Reich è nato il 3 ottobre 1936 a New York. A causa del divorzio dei genitori, la sua infanzia fu divisa tra New York e la California, cosicché affrontò lunghi viaggi in treno che avrebbe ricordato più tardi nella sua composizione Different Trains (1988). Pur avendo ricevuto lezioni di pianoforte fin da bambino, Reich non se ne appassionò particolarmente; la svolta avvenne invece a quattordici anni, quando iniziò a studiare percussioni con Roland Kohloff. Dal 1953 al 1957 studiò filosofia presso la Cornell University, ma frequentò anche i corsi di musica di William Austin, di cui trovava congeniale l’approccio che spaziava da Bach fino al XX secolo. Tornato a New York iniziò a studiare composizione, dapprima privatamente, poi presso la Juilliard School (1958-61) ed infine al Mills College (1961-63), in California, dove si diplomò sotto la guida di Luciano Berio.
Terminati gli studi, Reich rimase a San Francisco: qui fece la scoperta che condusse alla sua prima opera pubblicata, It’s Gonna Rain (1965), in cui si trovano in germe i tratti peculiari della sua futura produzione, in particolare l’interesse per la stasi armonica e la ripetizione di cellule figurative. Tornato definitivamente a New York, l’anno successivo scrisse un altro pezzo per nastro magnetico, Come Out, basato interamente sulla nuova tecnica da lui definita «phasing», in cui elementi identici si muovono sincronizzandosi o sfasandosi a videnda. Da questo momento in poi, Reich esplorò diverse strade: in alcuni pezzi condusse sperimentazioni sul trattamento del testo verbale, in altri raggiunse una sempre maggiore complessità sovrapponendo fasce di suoni registrati, in altri ancora dedicò attenzione all’effetto dell’acustica degli spazi esecutivi, oppure all’impegno politico espresso tramite le componenti dell’esecuzione.
In questo periodo, tuttavia, l‘interesse principale di Reich consisteva nel testare se la tecnica del «phasing» potesse essere estesa dal nastro magnetico agli strumenti musicali, sia per inserirsi nella tradizione della musica colta occidentale (tra i vari compositori del passato, Reich venerava come maestri, in particolare, Pérotin, Johann Sebastian Bach e Igor Stravinskij), sia per creare processi percepibili di cambiamenti graduali. Tali considerazioni lo condussero a Piano Phase, per due pianoforti, e a Violin Phase, per violino e nastro magnetico, entrambi composti nel 1967 ed eseguiti nei concerti che Reich iniziò a tenere a partire dalla fine degli anni Sessanta nelle gallerie d’arte newyorkesi, un ambiente fecondo in cui erano attivi artisti minimalisti di diverse discipline. Processi analoghi sono applicati in Phase Patterns per quattro organi elettronici (1970), mentre in un altro pezzo dello stesso anno con il medesimo organico, Four Organ, emerge un nuovo principio: da un accordo di nove note affiorano brevi motivi melodici che sono subito oscurati dalle note tenute. Questi due pezzi furono eseguiti in un concerto tenuto da Reich nella primavera del 1970 presso il Museo Guggenheim di New York.
Dopo il concerto, il compositore si recò per cinque settimane all’Università del Ghana ad Accra per approfondire lo studio delle percussioni. Tornato a New York iniziò a scrivere Drumming (1970-71), che costituisce una sintesi dei processi adoperati nei due pezzi per organi dell’anno precedente, aggiungendo però una nuova ampiezza e sensualità; l’opera portò a Reich i primi riconoscimenti pubblici. Nello stesso periodo Four Organs fu proposto in un concerto della Boston Symphony Orchestra, mentre Reich e il suo ensemble compirono la loro prima tournée in Europa, cui seguì una seconda l’anno successivo; nel 1974 incisero per la prestigiosa casa discografica Deutsche Grammophon. Per le esigenze della tournée Reich scrisse un pezzo che poteva essere provato in una stanza d’albergo, sfruttando suoni che diventavano udibili solo progressivamente: Clapping Music per due paia di mani (1972). In questo periodo, tuttavia, privilegiò sempre più spesso organici ampi e ricchi, sviluppando sonorità rimbombanti. Affascinato dal gamelan balinese, nel 1973 e 1974 Reich decise di approfondirne lo studio con insegnanti specializzati.
Passata questa fase, con Music for 18 Musicians (1974-76) Reich tornò al linguaggio messo a punto in Drumming, senza però perdere la lucentezza appena trovata. Mantenendo come base il processo del «phasing», il compositore ottiene un tessuto più complesso attraverso la duplicazione e il contrappunto di moduli che si ripetono su uno sfondo armonico non più statico. La prima incisione di questo lavoro, apparsa nel 1978, ottenne un ampio successo, portando a Reich diverse commissioni e la possibilità di pubblicare con un nuovo editore, Boosey & Hawkes. Music for a Large Ensemble (1978) fu scritto per lo Holland Festival, Variations for Wonds, Strings and Keyboards (1979) per la San Francisco Symphony Orchestra ed Eight Lines (1979) per Radio Frankfurt: nei primi due pezzi il compositore ebbe modo di utilizzare organici molto ampi. Tutti e tre sviluppano ulteriormente le strade sperimentate in Music for 18 Musicians, in particolare la stratificazione di tempi, le figurazioni ripetitive ma cangianti, il trattamento indipendente di melodia e armonia.
Il lavoro con musicisti ghanesi e balinesi indusse Reich a interrogarsi riguardo a quale tradizione lui stesso appartenesse: il risultato fu un periodo di studio dell’ebraico, della Torah e della cantillazione, recandosi in Israele per ascoltare cantori di differenti comunità sefardite orientali. Da questa esperienza trasse l’ispirazione per scrivere Tehillim (1981), un’intonazione di versi si salmi, la sua prima opera a incorporare delle parole, dove alla cantillazione sentita in Israele sovrappone la sua consueta scrittura musicale. Dopo un brano per flauto e nastro magnetico, Reich compose il lavoro di più ampia scala scritto fino a quel momento, The Desert Music (1982-84), dove fa nuovamente ricorso alle parole. Seguirono altri pezzi per piccoli ensemble (Sextet, 1984; New York Counterpoint, 1985; Electric Counterpoint, 1987), i quali tendono a iscurire l’armonia e a fare un maggior uso di cromatismi. Su commissione, Reich scrisse poi altre due partiture per ampi organici (Three Movements, 1986; The Four Sections, 1987), nei quali un caratteristico ensemble di marimba, metallofoni e strumenti a tastiera rivestono la stessa importanza delle sezioni dell’orchestra.
Nel corso degli anni Ottanta la musica di Reich è andata incontro a un progressivo iscurimento: da un punto di vista tecnico, ciò è dovuto dall’utilizzo dei modi ebraici, mentre dal punto di vista contenutistico ciò rispecchia la sua presa di coscienza dei problemi divenuti drammatici in quel decennio, ossia l’inquinamento, l’Aids, il cinismo politico e il conflitto israeliano-palestinese. In Different Trains (1988), che parla tanto dei viaggi in treno della sua infanzia, quanto dei treni usati dai nazisti per deportare i bambini ebrei, Reich torna ai dialoghi registrati, come già sperimentato vent’anni prima, tuttavia qui li utilizza per la prima volta come fonte di materiale melodico. Riprende poi la stessa tecnica in The Cave (1990-93), dove in luogo dell’orchestra utilizza un ensemble di percussioni con voci e strumenti ad arco che sostengono il canto. Il lavoro, realizzato assieme alla moglie, la video maker Beryl Korot, è un documentario in cui la musica è a tutti i livelli parte dell’argomento trattato: le parole degli intervistati sono riecheggiate dal canto e dagli strumenti, come se ci si trovasse in una caverna.
Dopo un altro progetto analogo, Three Tales (1997-2002), realizzato sempre in collaborazione con la moglie, Reich tornò a lavorare a commissioni che gli ponevano problemi puramente musicali: in Proverb (1995) si confronta con il contrappunto di Pérotin, mentre in Nagoya Marimbas (1994), scritto per l’inaugurazione di una nuova sala da concerti al Conservatorio di Nagoya, trae ispirazione dalla musica giapponese. City Life (1994) è un ritratto sonoro della casa del compositore, combinato con allusioni all’attualità, mentre Triple Quartet (1999) mostra, attraverso il ricorso alla modalità, la persistente importanza dell’eredità ebraica per l’arte e l’identità del compositore.
Attualmente considerato tra i massimi compositori viventi, nel 2006 Reich ha ricevuto il Praemium Imperial, in importantissimo premio internazionale per le discipline non coperte dal Nobel (tra i precedenti vincitori ricordiamo Pierre Boulez, Berio, György Ligeti). Nel 2009 il compositore è stato insignito del Premio Pulitzer per la sua composizione Double Sextet e nel 2014 ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera durante il 58° Festival internazionale di musica contemporanea della Biennale di Venezia.
- Reich. A cura di Enzo Restagno, Torino, EDT, 1994.
- Antonio Trudu, Riflessioni sul minimalismo americano. In: Itinerari della musica americana, a cura di Gianmario Borio e Gabrio Taglietti, Lucca, LIM, 1996, pp. 135-164.
- The Ashgate Research Companion to Minimalist and Postminimalist Music. A cura di Keith Potter, Kyle Gann e Pwyll Ap Siôn, Farnham, Ashgate, 2013.
- Jacopo Leone Bolis, La voce minimale: Steve Reich (It’s gonna rain, Come out), Philip Glass (Einstein on the beach, Knee play 5) e Terry Riley (Church of anthrax, Descending moonshine dervishes, Atlantis Nath). «De Musica», 17 (2013), pp. 65-82.
- Jelena Novak, Postopera: Reinventing the Voice-Body. Farnham, Ashgate, 2015.
- Russel Hartenberger, Performance Practice in the Music of Steve Reich. Cambridge, Cambridge University Press, 2016.
- Steve Reich, Writings on Music, 1965-2000. A cura di Paul Hiller, Oxford, Oxford University Press, 2004.
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