Forti, Simone
Simone Forti, foto di Carol Peterson.
Simone Forti nasce a Firenze nel 1935 da genitori ebrei italiani. In seguito all’applicazione delle leggi razziali fasciste, si trasferisce con la famiglia a Los Angeles, dove si diploma al Reed College in psicologia e sociologia. Nel 1956 si stabilisce a San Francisco con il marito Robert Morris, scultore statunitense tra i principali esponenti del minimalismo, e frequenta i Dancers' Workshop di Anna Halprin con cui sperimenta un metodo di lavoro libero dai codici della modern dance e incentrato sull’improvvisazione.
Trasferitasi a New York nel 1959, studia nella scuola di Martha Graham e completa la sua formazione nello studio di Merce Cunningham, dove segue la classe di composizione coreografica di Robert Dunn. Partecipe di quella collettività giovanile anti-establishment che ricercava un’alternativa culturale e artistica ai canoni tradizionali, nel 1960 debutta come coreografa alla Reuben Gallery presentando See-Saw e Rollers, due danze in forma di happening. Entrambi i lavori, impiegando le costruzioni dei giochi infantili, sperimentano il funzionamento del corpo adulto in una situazione abituale per i bambini. Le due performance tratteggiano una nuova estetica fondata sull’esplorazione di luoghi alternativi al teatro come risultato di un ripensamento complessivo delle istituzioni e sulla sperimentazione di azioni quotidiane per scardinare le tecniche di movimento del passato.
Nel 1961 Simone Forti organizza nel loft di Yoko Ono la serata Five Dance Constructions and Some Other Things che comprende i seguenti pezzi: Slant Board, Huddle, Hangers, Platforms, Accompaniment for La Monte’s 2 sounds’ and La Monte’s 2 sounds’, From Instructions, Censor e Herding. Le performance, prendendo le distanze dalla narratività della modern dance e rivedendo il rapporto tra performer e spettatore, ricorrono alla forma del gioco per sperimentare movimenti naturali basandosi su gesti quotidiani o interazioni con oggetti. L'improvvisazione è ostacolata dallo sforzo richiesto per svolgere una determinata azione fisica o per seguire determinate regole. Parallelamente Simone Forti collabora con Trisha Brown, Yvonne Rainer e Steve Paxton, membri fondatori del Judson Dance Theater. Il collettivo, identificato come l’origine della post-modern dance, intraprende un percorso di ricerca che muta il concetto stesso di performance e le figure del danzatore e del coreografo.
Nel 1962 Simone Forti si separa da Robert Morris e sposa l’artista Robert Whitman con cui collabora per tutta la durata del matrimonio alla creazione di happening come Flower e Water (1963), Night Time Sky e Prune/Flat (1965). Nel 1967, dopo aver lavorato come assistente amministrativa e addetta alla documentazione per l’EAT (Experiments in Arts and Technology), riprende la propria attività coreografica presentando alla School of Visual Arts tre lavori incentrati più sul suono che sul movimento: Face Tunes, Cloths e Songs. Nel 1968 allestisce Bottom e Book, entrambi contraddistinti dalla proiezione di diapositive con accompagnamento musicale, e crea Fallers, performance eseguita in un attico al diciassettesimo piano.
Dal 1968, separatasi anche da Whitman, si dedica allo studio dei movimenti degli animali allo zoo di Roma. Sperimentando le loro movenze sulla propria struttura fisica, la Forti crea un lavoro come Sleepwalkers nel quale riproduce l’azione dei fenicotteri di dormire su una zampa e quella degli orsi polari di scuotere la testa, ricollegandosi ai suoi studi con Anna Halprin con la quale aveva sperimentato un metodo di lavoro incentrato sul rapporto con l’ambiente e sull’osservazione dei movimenti e delle forme della natura. L’anno seguente torna in Italia per lavorare con il gruppo teatrale lo Zoo e per partecipare al Festival di Musica, Danza, Fuochi d’Artificio e Volo di Roma.
Nei primi anni Settanta si divide tra New York e Los Angeles. Pratica il Tai Chi Chuan e, occasionalmente, tiene lezioni d’improvvisazione, danza e musica presso il California Institute of the Arts. Collabora con artisti sperimentali della scena musicale come Charlemagne Palestine e Peter van Riper, che diventerà nel 1974 il suo terzo marito e da cui si separerà nel 1981, e studia canto con Pandit Prân Nath, insegnante indiano maestro di La Monte Young. Le caratteristiche basilari che caratterizzano le creazioni di questo periodo – per esempio Big Room (1975) e Fan Dance (1976) - sono strisciare, riprodurre i movimenti degli animali e girare in tondo.
Negli anni Ottanta e Novanta sviluppa i News Animations, una serie di soli incentrati sull'improvvisazione che esplorano il rapporto con il testo unendo le parole al movimento (Logomotion). Essi includono riflessioni sulla politica, sui cambiamenti climatici e sulle questioni sociali. Dal 1986 al 1991 si esibisce con il gruppo Simone Forti and Troupe, impegnato in improvvisazioni strutturate con discorsi e movimenti. Dal 1991 al 1997 collabora con l’artista Nam June Paik, apparendo di frequente nei suoi lavori. Le sue esibizioni sono state presentate in tutto il mondo e il suo lavoro è stato inserito nelle collezioni permanenti dei maggiori musei internazionali come il Museum of Modern Art di New York e lo Stedelijk Museum di Amsterdam.
Fin dagli anni Ottanta ha presentato la sua ricerca insegnando in varie università e scuole d'arte, tra le quali la School of Visual Arts di New York (1983-1987) e l'Università della California (1997-2014).
Ha ricevuto numerosi premi tra i quali il Guggenheim Fellowship (2005) e il Yoko Ono Lennon Award for Courage in the Arts (2011).
Simone Forti rappresenta una figura di rilievo della post-modern dance. La sua ricerca coreografica, dai semplici movimenti minimalisti dei primi anni sino all’impiego dell’improvvisazione che unisce le parole al movimento, ha profondamente influenzato i coreografi della tradizione del Judson Dance Theater e le successive generazioni di danzatori contemporanei. Con i suoi studi sul movimento degli animali e con le partiture ispirate da stimoli ambientali e paesaggistici, fa della danza uno strumento di vita integrata alla natura.
Sally Banes, Tersicore in scarpe da tennis. La postmodern dance, a cura di Eugenia Casini Ropa, traduzione di Manuela Collina (tit. orig.: Terpsichore in Sneakers: Post-Modern Dance), Macerata, Ephemeria Editrice, 1993.
Julia Bryan-Wilson, Simone Forty Goes to the Zoo, «October», n. 152, 2015, pp. 26-52.
Sabine Breitwieser, Simone Forti. Thinking with the Body, University of Chicago Press, 2014.
Meredith Morse, Soft is Fast. Simone Forti in the 1960s and After, MIT Press, 2016.
John Rockwell, Radical Bodies. Anna Halprin, Simone Forti, and Yvonne Rainer in California and New York, 1955-1972, University of California Press, 2017.
Tessa Giblin, Jeremiah Day, Simone Forti, Jeremiah Day/Simone Forti, authors, the artists and Project Press, 2009.
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