Radicati, Felice
Il violinista saviglianese Giovanni Antonio Borra fu il primo maestro di Radicati. Forse tramite Borra il giovane Radicati arrivò alla scuola di Pugnani, col quale completò la sua formazione. Nel 1793 entrò come ‘sovrannumerario’ in prova nella Cappella Regia di Torino, divenendone membro ‘effettivo’ nel 1796. Nel 1798, sciolta la Cappella in seguito all’occupazione francese, lasciò la città e si dedicò alla carriera concertistica.
Nel 1801 sposò la celebre cantante lirica Teresa Bertinotti, dalla quale ebbe un figlio di nome Carlo. Radicato viaggiò per diversi paesi: dapprima in Francia, quindi in Austria e in Germania (tra il 1805 e il 1808), poi a Londra (1806, 1807 e 1811-12), a Dublino (1811), a Lisbona (1812). Nel 1815 si stabilì a Bologna, dove il Consiglio comunale lo nominò professore di violino nel Liceo musicale, primo violino con la direzione d’orchestra al teatro Comunale e primo violino in S. Petronio.
A Bologna Radicati s’impegnò anche come promotore di concerti di musica da camera strumentale italiana e straniera (a lui vanno ricondotte la prime esecuzioni cittadine di Beethoven). Tra l’altro nel 1818 diresse i concerti bolognesi di Niccolò Paganini, ricevendo parole di apprezzamento dal celebre collega.
Radicati formò numerosi violinisti di spicco, tra cui Giuseppe Ghebart, Cesare Emiliani e Giuseppe Manetti. Introdusse inoltre nel Liceo musicale il metodo del mutuo insegnamento, un sistema d’esercitazione collettiva per gli studenti di contrappunto, pubblicato a Bologna nel 1819 con il titolo Applicazione del mutuo insegnamento alla musica. Estratto dal Giornale di educazione della società per la istruzione elementare in Parigi. Nell’Accademia Filarmonica fu aggregato come compositore nel 1815. Morì il 20 marzo 1820 per un incidente di cavallo.
Tra i massimi esponenti della scuola violinistica italiana di primo Ottocento, Radicati compose sonate, trii, quartetti, quintetti, duetti per strumenti ad arco, pubblicati da editori importanti (Artaria, Schott, Ricordi, Weigl). Tali composizioni da camera, in cui poté mettere a frutto anche la conoscenza dei generi e degli stili in auge oltralpe, costituiscono la parte più interessante della sua produzione: passaggi armonici originali, chiara articolazione delle frasi, temi concatenati e non contrastanti disposti con estro e libertà formale. Il prevalere della linea melodica cantabile avvicina però lo stile di Radicati ai modelli neoclassici rossiniani. Evidenti sono anche gli influssi della scuola strumentale francese. Tra i melodrammi di Radicati spicca Castore e Polluce, scritto nel 1815 per il teatro del Corso di Bologna su libretto di Luigi Romanelli.
Arnaldo Bonaventura, Storia del violino, dei violinisti e della musica per violino, Milano 19332, p. 160;
Alfredo Bonaccorsi, Musiche dimenticate del Sette-Ottocento, in Rassegna Musicale, 1956, vol. 26, pp. 257-268;
Sergio Martinotti, Ottocento strumentale italiano, Bologna 1972, p. 250 s.;
Tito Gotti, Beethoven a Bologna nell’Ottocento, in Nuova Rivista musicale italiana, VII (1973), pp. 6, 19-23, 37;
Rosy Moffa, Storia della regia Cappella di Torino dal 1775 al 1870, Torino 1990, p. 75 s..
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