Duncan, Isadora
- Isadora Duncan, foto di Paul Berger, 1900. Fonte: Gallica BnF
- Isadora Duncan nel suo padiglione di Bellevue, foto dell’Agence de presse Meurisse, 1919. Fonte: Gallica BnF
- Isadora Duncan in La Marseillaise, foto di Arnold Genthe, 1917. Fonte: The New York Public Library Digital Collections
Isadora Duncan, nata a San Francisco nel 1877, fu cresciuta dalla madre in un clima di fervore artistico. Sin da piccola dimostrò un particolare interesse per la danza ma, abbandonati gli studi di tecnica accademica che non si addicevano alla propria natura, completò la sua formazione da autodidatta.
Nel 1896 si trasferì a New York ed entrò nella compagnia di Augustin Daly, dove rimase per due anni interpretando ruoli minori. Nel contempo familiarizzò con le idee di François Delsarte, che incorporò nelle sue prime apparizioni newyorkesi. Le esibizioni proseguirono a Londra, in particolare alla New Gallery, dove si esibì in recital che comprendevano musica, danza e poesia sul modello della scuola delsartiana di Geneviève Stebbins.
Nel 1900 si trasferì a Parigi, dove fu affascinata dalle esibizioni della giapponese Sada Yakko e conobbe Loie Fuller, che seguì in tournée in Germania. Giunta a Budapest, firmò il suo primo contratto come danzatrice solista con l’impresario Alexander Grosz e debuttò al Teatro Urania conquistando un enorme successo e da allora iniziò la sua intensa attività di danzatrice, svolta nelle più importanti città europee.
Nel 1904 si recò per la prima volta in Grecia, dove acquistò un terreno e pianificò l’edificazione di un tempio per l’educazione degli ateniesi alla danza. Il progetto, pur non giungendo a conclusione, portò alla realizzazione di un coro di giovani cantori con i quali danzò a Vienna. A Berlino incontrò Edward Gordon Craig che nella danza di Isadora vide la realizzazione delle proprie idee teatrali. Dalla loro relazione sentimentale nacque il figlio Deirdre. Nello stesso anno intraprese la prima tournée in Russia suscitando l’ammirazione d’importanti esponenti del balletto, come Tamara Karsavina e Michel Fokine, e di Konstantin Sergeevič Stanislavskij.
Nel 1905, desiderosa di diffondere la propria poetica, aprì con la sorella Elisabeth una scuola a Grünwald, che in seguito fu trasferita a Parigi con l'aiuto del ricco industriale Paris Eugene Singer, da cui ebbe il secondo figlio, Patrick. Nel 1908 intraprese la sua prima tournée in America, esibendosi in frammenti dell’Ifigenia in Aulide di Gluck e nella Settima Sinfonia di Beethoven. Mentre nelle grandi capitali europee la sua arte e la sua figura affascinarono pubblico e critica, in patria fu inizialmente incompresa. Allo scoppio della prima guerra mondiale decise di chiudere la sua scuola, affittò i locali alle Dames de France per farne un ospedale, fece trasferire le sue allieve a New York e le raggiunse nel mese di novembre. Fedele alla sua libertà di pensiero, all’entrata in guerra degli Stati Uniti terminò uno spettacolo avvolta dalla bandiera americana e in seguito dedicò un recital alla vittoria della Rivoluzione Russa, abbracciandone le istanze.
Nel 1921 fu invitata dal governo sovietico a fondare una scuola nella città di Mosca, ma l’idea di educare le masse al suo ideale estetico fallì per il forte radicamento della danza accademica. Nel 1922 sposò il poeta russo Sergej Esenin ma la loro unione, che durò fino al 1924, non fu gradita all’opinione pubblica statunitense, tanto che le fu tolta la nazionalità americana. Si esibì per l’ultima volta a Parigi nel luglio del 1927: due mesi dopo, a Nizza, un lembo della lunga sciarpa che portava al collo s’impigliò in una ruota della sua automobile in corsa e la strangolò.
La danza intesa come espressione dell'anima fu il presupposto teorico alla base dell'attività di Isadora Duncan. Per riportare l’arte coreutica all’interiorità e alla spiritualità, ella sviluppò una nuova espressività corporea che, liberata dai codici della tecnica accademica, proponeva un movimento naturale e fluido. La sua danza trovò il centro propulsore nel plesso solare da cui si irradiava un movimento ondulatorio in perfetta armonia con le leggi della natura. Influenzata dalle teorie del filosofo Jean Jacques Rosseau e dal panismo greco, Isadora Duncan non inventò un linguaggio ma cercò un movimento in grado di esprimere l'essenza della Natura.
La sua concezione artistica nasceva da un appassionato studio coltivato nei suoi innumerevoli viaggi. Fondamentali furono la lettura de La nascita della tragedia dallo Spirito della musica di Friedrich Nietzsche dal quale riprese i concetti di apollineo e dionisiaco e il fascino per il mondo greco antico. Il suo ideale di bellezza risiedeva nella tragedia greca, in particolare quella di Eschilo per la perfetta unione di musica, danza e poesia. La Duncan si orientò verso questa sintesi trinitaria delle arti che riconobbe nella visione del Gesamtkunstwerk (traducibile in italiano come opera d’arte totale) di Richard Wagner.
La sua ricerca si esplicò anche nei costumi. Il corpo, liberato dai simboli della danza classica: le punte, il corsetto e il tutù, fu esaltato nella sua armonia con semplici tuniche alla greca e reso libero nel movimento e nel recuperare il contatto diretto col terreno. La stessa semplicità fu perseguita anche nella rappresentazione scenica caratterizzata da spazi privi di scenografia così da incentrare l'attenzione degli spettatori sulla figura della danzatrice. Il suo processo creativo, di natura più intuitiva che analitica, iniziava dalla musica sulla quale, meditando e improvvisando, sviluppava una struttura coreografica. Questa non era una mera visualizzazione del ritmo ma espressione delle emozioni e degli stati d'animo suscitati dall'ascolto musicale, tanto che sembrava non danzare sulla musica ma danzare la musica.
La “divina Isadora”, come fu soprannominata, fu la più celebre tra le pioniere alle origini della modern dance: all’alba del nuovo secolo riuscì ad influenzare il mondo artistico e l’opinione pubblica occidentali con la sua poetica fondata su principi estetici radicalmente nuovi e con la sua fede nell’indipendenza dello spirito e nell’emancipazione della donna.
Alessandra Apicella, Fonti ispiratrici della poetica e della prassi di Isadora Duncan, Roma, Editoria & Spettacolo, 2002
Ann Daly, Isadora Duncan e la «distinzione» della danza, in «Teatro e Storia», vol. 19, 1997
Irma Duncan, Duncan Dancer: An Autobiography, Middletown, Wesleyan University Press, 1966
Susan A. Manning, Duncan, Isadora, International Encyclopedia of Dance, a cura di Selma Jeanne Cohen, Oxford University Press, New York, Oxford, 1998, pp. 451-458
Isadora Duncan, La mia vita, prefazione di Eugenia Casini Ropa, Roma, Dino Audino, 2003
Isadora Duncan, L'arte della danza, a cura di Patrizia Veroli, traduzione di Silvia Sciubba, Roma, Dino Audino, 2016
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