Plisetzkaja, Maja
Maja Plisetzkaja in Carmen, 1974. Fonte: wikimedia.org
Maja Plisetzkaja in Don Quixote, 1974. Fonte: wikimedia.org
Maja Michailovna Plisetzkaja nacque a Mosca nel 1925 da genitori ebrei. La madre Rachel Messerer, stella del cinema muto, apparteneva a una famiglia di artisti: tra i suoi fratelli Azary fu un attore del Teatro d’arte di Mosca mentre Assaf e Sulamith furono primi ballerini al Teatro Bolshoi. La tragica vicenda della sua famiglia che fu vittima delle purghe staliniane - il padre fu giustiziato nel 1938, la madre fu deportata in un gulag in Kazakistan - la segnò profondamente per tutta la vita.
Nel 1934 entrò alla Scuola Coreografica di Mosca dove si formò sotto la guida di Elizaveta Gerdt, celebre prima ballerina dei Teatri Imperiali. Ancora allieva, si distinse interpretando la Fata Canarino nella Bella addormentata, il Gatto nella Piccola cicogna, balletto di Aleksandr Radunskij, e danzando come solista in Paquita.
Nel 1943, conseguito il diploma, entrò nella compagnia del Bolshoi dove continuò a perfezionarsi seguendo anche la classe maschile di Asaf Messerer e, per un breve periodo, studiando con Agrippina Vaganova, rifugiatasi a Mosca durante l’assedio di Leningrado. Fin da subito affrontò ruoli importanti, tra i quali Masha nello Schiaccianoci, Myrtha in Giselle, la Fata dei lillà nella Bella addormentata, la Regina delle Driadi in Don Quixote e la Fata dell’Autunno in Cenerentola. Nel 1945, nominata prima ballerina, fu acclamata nel ruolo principale di Raymonda. Due anni dopo raggiunse la piena maturità artistica debuttando nel Lago dei cigni, balletto che costituì una pietra miliare del suo repertorio.
Negli anni Cinquanta raggiunse l’apice della sua carriera. Le sue interpretazioni più celebri furono Zarema in La Fontana di Bakhchisaray di Rostislav Zakharov, Kitri in Don Quixote, Aurora nella Bella addormentata, la Regina della montagna di rame nel Fiore di pietra nelle versioni di Leonid Lavrovskij e di Yuri Grigorovich, Laurencia di Vakhtang Chaboukiani, Egina in Spartacus di Igor Mojseev. Il grande successo si sviluppò parallelamente a una reputazione controversa per l’approccio audace alla tradizione accademica, il temperamento “ribelle” e la mentalità indipendente. Inoltre, sospettata dal KGB di lavorare per i servizi segreti inglesi a causa di alcuni incontri con un diplomatico britannico, suo ammiratore, ebbe il divieto di danzare in Occidente. Soltanto nel 1959 ottenne l’autorizzazione da Nikita Chruščëv a partecipare alla tournée del Bolshoi a New York, dove fu soprannominata dalla critica “la Maria Callas del balletto”. Nel 1958 il matrimonio con Rodion Ščedrin, un importante compositore russo, contribuì ad allentare le tensioni tra la ballerina e le autorità sovietiche.
Negli anni Sessanta, in seguito al ritiro dalle scene di Galina Ulanova, divenne prima ballerina assoluta. Nel 1967 il coreografo cubano Alberto Alonso creò per lei Carmen Suite su musica di Ščedrin. Il balletto era rappresentativo della personalità artistica della Pliseckaja che, esattamente come la protagonista della storia, sfidava le convenzioni in una società governata da una burocrazia senza volto che disprezzava la libertà. Al debutto la coreografia, giudicata dalle autorità culturali sovietiche di eccessivo modernismo ed erotismo, rischiò la censura se non fosse stato per la Plisetzkaja che combatté duramente, fino a rivolgersi all’allora ministro della Cultura Ekaterina Furceva. Alla fine vinse la sua battaglia, guadagnandosi anche la fama di ballerina più ribelle dell’intera scena sovietica. Negli anni Sessanta il suo repertorio incluse anche Frigia in Spartacus di Leonid Yakobson, Mechmene-Banu in La Leggenda dell’amore ed Egina in Spartacus di Grigorovich.
Negli anni Settanta lavorò con i coreografi più importanti del suo tempo, tra i quali Roland Petit, che per lei creò La Rose Malade (1973), e Maurice Béjart, che per lei rivide Boléro e coreografò Isadora (1976), ritratto della leggendaria Isadora Duncan, e Leda (1978), un pas de deux danzato con Jorge Donn. Si cimentò anche nella coreografia con Anna Karenina (1972), balletto in tre atti ispirato all’omonimo romanzo di Lev Tolstoj, e Il gabbiano (1980), balletto in due atti tratto dal racconto di Anton Čechov, entrambi musicati dal marito Ščedrin. Il suo talento recitativo si rivelò anche nei film Anna Karenina di Aleksandr Zarkhi (1967), dove interpretò la parte della principessa Betsy, e Tchaikovsky di Igor Talankin (1970), dove recitò il ruolo del soprano Désirée Artôt.
Negli anni Ottanta assunse la direzione artistica della compagnia del Teatro dell’Opera di Roma (1984- 1985) e del Balletto Nazionale di Spagna a Madrid (1987-1989). Nel 1987, in occasione di un gala newyorkese in onore di Martha Graham, danzò Incense di Ruth St. Denis. Nel 1989 si ritirò dal Bolshoi ma continuò a esibirsi in una serie di gala in tutto il mondo. Nel 2000 il Teatro Bolshoi celebrò i cinquant’anni della sua carriera dedicandole una serata, all’interno della quale interpretò Ave Maya, creato espressamente per lei da Béjart.
Nel corso della sua carriera ottenne numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali Artista del Popolo dell’Unione Sovietica (1959), Anna Pavlova Prize (1962), Premio Lenin (1964), Dance Magazine Award (1965), Eroe del lavoro socialista (1985), il Premio Irène Lidova alla carriera (2004), Ordine al merito per la patria e Premio Principe delle Asturie per l’arte (2005), Officier de la Légion d'honneur (2012) e Golden Mask (2015). Morì a Monaco di Baviera nel 2015.
Maja Plisetzkaja è considerata una leggenda nella storia del balletto del XX secolo. Artista dal carisma unico e simbolo di libertà, le caratteristiche della sua danza furono l’impeccabile tecnica, l’incredibile virtuosismo dei salti e del ballon (doti generalmente della tecnica maschile) e la forte vena tragica. Fu paragonata dalla critica alla celebre ballerina Fanny Elssler, sia per il talento carismatico sia per la rivalità con Galina Ulanova, l’altra grande stella del Bolshoi che riecheggiava lo stile etereo di Maria Taglioni. Il contrasto stilistico tra Plisetzkaja e Ulanova, la prima rappresentante della tradizione moscovita e la seconda erede della scuola pietroburghese, fu particolarmente evidente nella Fontana di Bakhchisarai, balletto nel quale danzarono insieme. I suoi partner più celebri furono: Nikolai Fadeyechev, Maris Liepa, Vladimir Tikhovo, Vladimir Vasil'ev e Viktor Barykin.
Azary Messerer, Plisetskaya, Maya, International Encyclopedia of Dance, a cura di Selma Jeanne Cohen, Oxford University Press, New York, Oxford, 1998.
Gennadij Grigorevic Smakov, I grandi danzatori russi, Roma, Gremese Editore, 1987 (2a ed. 2004).
Maya Plisetskaya, I, Maya Plisetskaya, New Haven, Yale University Press, 2001 (il documento è consultabile al seguente link previa registrazione: https://archive.org/details/imayaplisetskaya00plis_0).
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