Lavrovsky, Leonid
Leonid Lavrovsky. Fonte: mariinsky-theatre.com
Leonid Mikhailovich Lavrovsky nacque a San Pietroburgo nel 1905. Si formò alla scuola dei Teatri Imperiali sotto la guida di Vladimir Ponomarev. Conseguito il diploma nel 1922, entrò al GATOB (Teatro di Stato accademico d'opera e balletto, oggi Teatro Mariinskij), distinguendosi per l’espressività e la sensibilità musicale. Il suo repertorio includeva sia i grandi classici quali Raymonda e Il Lago dei cigni sia le creazioni dei coreografi sovietici come Le fiamme di Parigi di Vasily Vainonen e Il papavero rosso di Fedor Lopukhov, Ponomarev e Leonid Leontev. Partecipò inoltre agli spettacoli del Giovane Balletto come La Grandezza dell’Universo di Lopukhov accanto a George Balanchine e Alexandra Danilova.
Nel 1927 debuttò nella coreografia con Valse Triste, seguito da Études Symphoniques per l’Istituto Coreografico di Leningrado (1928). Nel 1934 creò il suo primo lavoro a serata intera: Fadetta, balletto in tre atti e quattro scene su musica di Léo Delibes. Ispirato al romanzo La petite Fadette di George Sand (1849), il balletto rappresentò un punto di riferimento nello sviluppo della coreografia sovietica. Il lavoro successivo fu Katarina (1935), creato per l’Istituto Coreografico di Leningrado ed entrato l’anno seguente nel repertorio del Kirov (oggi Mariinskij).
Dal 1935 si dedicò completamente alla coreografia. Tra il 1935 e il 1938 fu direttore della compagnia del Teatro Maly per il quale coreografò Il prigioniero del Caucaso (1938), balletto in tre atti e sette scene ispirato all’omonimo poema di Aleksandr Pushkin. In questa produzione di grande successo il coreografo portò avanti il principio artistico della coreografia sovietica: la capacità di rivelare le sfumature della personalità umana usando l'espressione della danza. Dal 1938 al 1942 fu direttore del Kirov dove coreografò il suo lavoro più celebre, Romeo e Giulietta su musica di Sergej Prokofiev (1940). Questa versione è considerata tra le migliori e più riuscite trasposizioni coreografiche della tragedia shakespeariana ed è ancora oggi nel repertorio del Teatro Mariinskij. Lavrovsky in seguito collaborò con il regista Lev Arnshtam e realizzarono nel 1954 una versione cinematografica con protagonisti Galina Ulanova e Yuri Zhdanov. Il film nel 1955 vinse il Prix du film lirique al Festival di Cannes.
Nel 1944 si unì al Teatro Bolshoi di Mosca dove rimase fino al 1964 con una pausa tra il 1956 e il 1960. Oltre alle proprie versioni di alcuni capolavori classici come Giselle (1944) e Raymonda (1945), creò Il papavero rosso (1949) e Il fiore di pietra (1954). Durante gli anni Sessanta s’impegnò per trovare dei libretti che rispondessero alle sue esigenze di creare balletti con un tema contemporaneo; uno di questi s’ispirava al poeta russo Sergej Esenin ma non fu mai realizzato, mentre andarono in scena Paganini (1960), Notte in città (1961), Boléro (1964), Sinfonia classica (1966) e Pagine di vita (1967).
Parallelamente fu maestro di ballo al Moscow Ice Revue (1959-1964), insegnante al Dipartimento Coreografico del Lunacharsky Theater Technicum (1962 -1967) e direttore della Scuola Coreografica di Mosca (1964-1967).
Sposò la ballerina Elena Chikvaidze da cui ebbe il figlio Mikhail Lavrovsky, celebre primo ballerino del Teatro Bolshoi di Mosca.
Nel corso della sua carriera ottenne vari premi e riconoscimenti, tra i quali Premio Stalin (1946, 1947 e 1950) e Artista del Popolo dell'Unione Sovietica (1965). Morì a Parigi nel 1967.
Tra i più importanti coreografi russi del XX secolo, Leonid Lavrovsky fu il principale esponente del dram-balet russo, la cui realizzazione più importante fu Romeo e Giulietta. La principale caratteristica di questo genere, oltre alla centralità del libretto e alla divisione in più atti, fu l’unità strutturale e la continuità dell’azione attraverso una perfetta fusione di pantomima e danza. In particolare, fu elogiato dalla critica del tempo per la capacità di rivelare il carattere dei personaggi attraverso l’espressività della danza. Fondamentale fu la ricerca di una gestualità non secondaria all’economia del balletto e d’impostazione naturalistica che rivelò la sua adesione al metodo Stanislavskij. I balletti improntati al realismo furono affiancati da un filone più astratto esemplificato da Paganini e Sinfonia Classica nei quali sperimentò un nuovo stile compositivo.
Christina Ezrahi, Swans of the Kremlin. Ballet and Power in Soviet Russia, University of Pittsburgh Press, 2012 (trad. it. a cura di Marta Mele, I cigni del Cremlino. Balletto e potere nella Russia sovietica, Roma, Gremese editore, 2017).
Musa S. Kleimenova, Lavrovsky, Leonid, International Encyclopedia of Dance, a cura di Selma Jeanne Cohen, Oxford University Press, New York, Oxford, 1998.
Concetta Lo Iacono, Il balletto in Russia, in Musica in scena, a cura di Alberto Basso, V,Torino, UTET, 1995, pp. 374-376.
Gérard Mannoni, Les grands chorégraphes du XXe siècle, Paris, Buchet-Chastel, 2015.
Alberto Testa, 100 grandi balletti: una scelta dal repertorio del miglior Teatro di Danza, Roma, Gremese, 1999.
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