Irak Beste
1. Raffigurazione di Petros Lampadarios (1730-1778), tratta dal libro I Parasimantikí tis Vyzantinís Mousikís (La notazione della musica bizantina) di Konstantínos Psáchos, 1917.
2. Suonatore greco di liuto a manico lungo tambouras, dipinto XVIII secolo.
3. Kemençe i-rûmî, strumento diffuso soprattutto fra i musicisti greci della capitale ottomana con il nome di polítiki lýra (lira di Costantinopoli) che entrò a far parte dell'organico della musica classica ottomana alla fine del XVIII secolo.
Ensemble Bîrûn 2016: Kudsi Erguner (ney, direzione musicale), Ahmet Altinkaynak (ney), Emine Bostanci (kemençe), Michalis Cholevas (yayli tanbûr), Ayberk Coşkun (‘ûd), Giovanni De Zorzi (ney), Nurullah Ejder (kanûn) Safa Korkmaz (voce), Giannis Koutis (voce, ‘ûd), Reza Mirajalali (târ), Nikos Papageorgiou (voce, tanbûr), Jacobus Thiele (percussioni).
Petros Lampadarios (1730-1778)
Irak Beste, Petros Lampadarios (1730-1778).
Rehâvi Peşrev (8/8), Tanbûrî Angeli (1610?-1690).
I musicisti ammessi alla corte del Sultano potevano essere sia musulmani, sia non musulmani appartenenti alle minoranze etniche e religiose che risiedevano nei territori dell'Impero: cristiani greci, arabi, armeni, slavi, rumeni, tzigani ed ebrei. La musica classica ottomana è stata quindi arricchita nel corso dei secoli dagli apporti di compositori turchi, arabi, persiani, così come, da quelli di musicisti greci, ebrei e armeni ecc., facendosi quindi espressione di un gusto e di una sensibilità artistica condivisa che ha spesso travalicato i confini di culture e confessioni.
Nelle regioni dell’ex impero bizantino passate sotto la sfera di influenza ottomana, fra XVII e XIX secolo, alcuni virtuosi cantori e musicisti greci si dedicarono sia alla composizione di inni liturgici per la Chiesa greco-ortodossa, sia alla composizione di brani vocali e strumentali di natura profana ascrivibili ai diversi generi della musica classica ottomana (maqâm ottomano). Questi musicisti, ad Istanbul, si esibivano con disinvoltura sia nelle chiese del Patriarcato ortodosso, sia negli ambienti della corte ottomana ma anche nelle raffinate taverne (meyhâne) della città, precluse ai musulmani, dove veniva servito vino e le esibizioni di cantanti e strumentisti di alto livello venivano ascoltate in rigoroso silenzio.
Fra questi compositori che si distinsero tanto nella musica bizantina quanto in quella ottomana vanno ricordati Zacharias Chanantis, detto anche Hanendeh Zacharia e soprannominato 'Mir Cemil' ossia ‘magnifico gentiluomo’ (1680-1750), uno dei più noti musicisti della corte ottomana nonché cantore del Patriarcato ortodosso della capitale. A lui seguì Petros Peloponnesios (noto anche come Petros Lampadarios, 1730-1778), considerato il più importante compositore di musica liturgica del suo tempo, che fu attivo anche come compositore di brani secolari di musica ottomana e suonatore di flauto ney presso il centro dei dervisci mevlevî di Galata a Istanbul, dove era conosciuto con il soprannome 'Tyriaki'.
Petros Lampadarios è l'autore del primo brano proposto, un beste in maqâm (modo) Irak. Il Beste è un genere vocale composto su un testo in persiano di carattere 'alto' strutturalmente ripartito in quattro parti che corrispondono ad altrettanti versi poetici. Ad ogni sezione può seguire un segmento di vocalizzi detto terennüm, ovvero una sezione melodica costruita su sillabe nonsense (ad esempio dir dir ten ni, ten ni, ten-nen-ni, o tâ-nâ-de-re-dim), oppure su termini dai significati poetici ridondanti che consentono al compositore di sviluppare la melodia di là dalle parole. Il Beste si differenzia da altri generi vocali della musica ottomana per il trattamento che viene fatto del testo, la cui esposizione viene prolungata e 'rallentata' tramite l'impiego di numerosi melismi.
Il secondo brano proposto è invece un preludio strumentale (peşrev) in maqâm (modo) Rehâvi, composto dal musicista di origine greca Tanbûrî Angeli (1610?-1690), vituoso di liuto a manico lungo tanbûr e maestro del principe moldavo Dimitrie Cantemir (1673 – 1723), il quale trascrisse alcune composizioni di Angeli nel suo trattato Kitâbu 'Ilmi'l-Mûsiki alâ Vechi'l-Hurûfât ('Libro sulla scienza della musica secondo la notazione alfabetica').
Entrambi gli esempi musicali sono interpretati dall'Ensemble Bîrûn (gruppo dall'organico variabile legato a un progetto dell'Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini di Venezia) sotto la direzione artistica di Kudsi Erguner. Il primo brano è tratto dall'album: I compositori Greci del maqâm ottomano, Kudsi Erguner (direzione artistica), Udine, Nota Edizioni, 2017. Il secondo brano invece è stato registrato in occasione di un concerto dell'Ensemble Bîrûn sull'isola di San Giorgio Maggiore (Venezia), presso la Sala degli Arazzi, tenutosi nel marzo 2016.
- Voci maschili
- Ney (flauto)
- Ūd (liuto a manico corto)
- Kanûn (cetra su tavola a corde pizzicate)
- Kemençe (liuto ad arco)
- Yayli tanbûr (liuto ad arco)
- Tanbûr (liuto a manico lungo)
- Târ (liuto a manico lungo)
- Bendir (tamburo a cornice)
Bibliografia
- Giovanni De Zorzi, Musiche di Turchia. Tradizioni e transiti tra Oriente e Occidente. Con un saggio di Kudsi Erguner, Milano, Ricordi, 2010.
- Walter Feldman, Music of the Ottoman Court: Makam, Composition and the Early Ottoman Instrumental Repertoire, Berlino, VWB (Verlag für Wissenschaft und Bildung),1996.
- Ensemble Bîrûn, I compositori Greci del maqâm ottomano [CD], Kudsi Erguner (direzione artistica), booklet a cura di Giannis Koutis, Giovanni De Zorzi, Kudsi Erguner e Giovanni Giuriati, Udine, Nota Edizioni, 2017.
- Dimitri Conomos, Petros Peloponnesios , In: The New Grove Dictionary of Music and Musicians, a cura di Stanley Sadie, Londra, Macmillan, 20012, ad vocem.
Risorse web
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