Milloss, Aurel

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Didascalie

Aurel Milloss. Fonte: Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

Data di nascita
12 maggio 1906
Data di morte
21 settembre 1988
Paese
Stile
Categoria
Biografia

Aurel Milloss, naturalizzato italiano dal 1960, nacque nel 1906 a Ozora, in Ungheria (oggi Uzdin, Serbia). La madre, la celebre pianista Slavka Jakovlevic, morì l’anno seguente; il padre, di professione farmacista, gli impartì una salda educazione umanistica rispondente ai valori della nobiltà latifondista a cui la famiglia apparteneva.
Nel 1912, affascinato dall’esibizione di Vaslaw Nijinsky in Le Spectre de la Rose, iniziò lo studio della danza accademica con Nicola Guerra, allora direttore del ballo all’Opera di Budapest, ma durante la prima guerra mondiale, costretto a interrompere le lezioni, si dedicò alla letteratura teatrale, alla filosofia e all’arte. Terminato il conflitto, s’iscrisse al conservatorio e riprese la sua formazione di danzatore studiando con Elena Poliakova a Belgrado e con Olga Preobrajenska a Parigi. Nel 1926, conquistato dalle nuove teorie della danza libera di Rudolf Laban, si trasferì a Berlino per studiare alla Labanschule, pur continuando a perfezionarsi nella tecnica accademica sotto la guida di Victor Gsovsky a Berlino e di Enrico Cecchetti a Milano. Nella capitale tedesca seguì anche le lezioni di Curt Sachs, Oskar Bie e Fritz Böhme alla facoltà di filosofia e poté ammirare le esibizioni di Anna Pavlova e Mary Wigman.
Nel 1928, conseguito il diploma presso la Choreographisches Institut di Laban, debuttò come solista alla galleria d’arte Der Sturm, ottenendo un tale successo che fu scritturato da Max Terpis, direttore del ballo della Staatsoper di Berlino, per la stagione 1928-1929. Dopo vari recital in Germania, Jugoslavia e Romania, dal 1932 al 1934 fu direttore e primo coreografo allo Stadttheater di Augusta e nel 1933 coreografo ospite al Teatro dell’Opera di Budapest. Nella stagione 1934-1935 lavorò all’Opernhaus di Düsseldorf dove realizzò otto nuovi balletti dalla forte impronta espressionistica, tra i quali la propria versione del Gaukelei (Inganno) di Laban, opera malvista dalle autorità naziste che vi lessero una critica al regime. A seguito di denunce non estranee anche alla sua omosessualità, Milloss fuggì in Ungheria dove lavorò come ballerino e coreografo per il Budapest Art Theatre e il National Dramatic Theatre.
Nel 1938, sulla scia del successo conquistato al Teatro San Carlo di Napoli in veste di coreografo e interprete in Aeneas (1937), fu ingaggiato da Tullio Serafin al Teatro Reale dell'Opera di Roma come primo ballerino e coreografo, posizione che ricoprì per sei anni nel corso dei quali risollevò il livello artistico del corpo di ballo e collaborò con i principali artisti italiani dell’epoca per ottenere una profonda sintesi tra le diverse arti. Oltre a curare le coreografie per l’opera lirica, creò un vasto repertorio che incluse: La giara (1939), Le quattro stagioni (1940), Mavra (1941), Capricci alla Stravinsky (1943) e Bolero (1944). Particolarmente celebre fu la sua versione della Sagra della primavera (1941), un balletto assente dalla scena europea dal 1931 perché bandito dai nazisti.
Nel 1942 debuttò al Teatro alla Scala di Milano con la propria versione del Mandarino meraviglioso su musica di Béla Bartók, interpretandone il ruolo principale. Il balletto, su cui aveva già cominciato a lavorare nel 1936 in Ungheria a stretto contatto con il compositore, fu acclamato dalla critica e diventò uno dei suoi lavori più rappresentativi.
Nel 1944 Milloss lasciò l’Opera di Roma e fondò l’ensemble “I balletti romani” con i quali portò in scena diverse coreografie nei teatri Quirino e Adriano. Nel 1947 Arturo Toscanini lo invitò alla Scala di Milano, dove coreografò La Follia di Orlando ed Evocazioni, mentre per i Ballets des Champs-Élysées di Roland Petit creò Le Portrait de Don Quichotte. L’anno seguente interpretò il ruolo del protagonista nel film Lo sconosciuto di San Marino di Michał Waszyński e fu richiamato quale coreografo ospite all’Opera di Roma, dove produsse cinque nuovi balletti. Tre di questi, La ninfa di Diana, Orpheus e Marsia, furono presentati nel 1948 al Festival di Musica Contemporanea di Venezia, dove ritornò due anni dopo con Il Principe di legno e Ballata senza musica. Nel 1950 iniziò la sua lunga collaborazione con il Maggio Musicale Fiorentino che, protrattasi fino agli anni Settanta, contribuì alla diffusione della cultura della danza in Italia.
Dopo aver assunto la direzione della Scala di Milano (1951-1952) e aver creato Coup de feu per l’International Ballet of the Marquis de Cuevas (1952), nel 1953 fondò il Balé do IV Centenário di San Paolo del Brasile, compagnia che dotò di un vasto repertorio avvalendosi della collaborazione di compositori (Francisco Mignone e Camargo Guarnieri) e pittori (Emiliano di Cavalcanti e Candido Portinari) brasiliani. Rientrato in Italia nel 1955, riprese a collaborare con l’Opera di Roma e la Scala di Milano. Dal 1957 al 1959 lavorò al Teatro Massimo di Palermo dove allestì sette balletti dal suo repertorio e cinque nuove creazioni, tra cui Sei Danze per Demetra (1958). Dopo aver diretto il corpo di ballo dello Stadttheater di Colonia (1960-1961 e 1962-1963) e dell’Opera di Vienna (1963-1966), nel 1966 riassunse la direzione artistica dell’Opera di Roma. Come direttore portò alla luce una nuova generazione di ballerini, tra cui spicca il nome di Elisabetta Terabust, e rafforzò il repertorio della compagnia introducendo nuovi lavori quali Le Jeune Homme et la Mort di Petit e Les Biches di Bronislava Nijinska. Come coreografo realizzò nuove coreografie, tra le quali La Pazzia Senile e Tautologos (entrambi del 1969), e riallestì alcuni suoi balletti con nuove scenografie, come quelle per la Sagra della primavera realizzate da Renato Guttuso (1967).
Nel 1968 presentò al Festival dei Due Mondi di Spoleto uno dei suoi lavori più famosi: Estri, balletto concertante che, oltre a riflettere il carattere della musica di Goffredo Petrassi, mise in luce la purezza della tecnica accademica coniugata con la libertà espressiva del vocabolario moderno. Dal 1971 al 1974 fu nuovamente direttore del corpo di ballo di Vienna, pur continuando la sua intensa attività in Italia, in particolare a Milano, Bologna, Firenze e Ferrara. Ritiratosi a vita privata durante gli anni Ottanta, morì a Roma nel 1988.

Nella sua produzione, che comprende più di 170 titoli, Aurel Milloss abbraccia diversi generi e un’ampia varietà di registri, dal drammatico al comico, dal mitologico al grottesco. All’interno del suo repertorio si possono individuare le seguenti tendenze: balletti concertanti (Deutsche Tänze, 1933; Misteri, 1951); riletture coreografiche, in particolare dei capolavori dei Ballets Russes (Petruska e La Leggenda di Giuseppe, 1933; Il cappello a tre punte, 1934; Apollo Musagete, 1941) ma anche di soggetti che riportano l'attenzione sulla danza italiana (Le Creature di Prometeo e Don Juan, entrambi del 1933); balletti ispirati alla mitologia (Marsia, 1948; Bacco e Arianna, 1957), alla letteratura (La Giara, 1939) e al teatro comico (Scarlattiana, 1939; Mirandolina, 1957); lavori ispirati alle danze popolari magiare (Ungheria romantica, 1941) e alla Vienna imperiale (Vienna si diverte, 1957). La sua versatilità si riflette anche nelle scelte musicali che spaziano da Mozart a Webern, con una predilezione per i compositori Igor Stravinskij e Béla Bartók. Un’eccezione è la Ballata senza musica (1950), lavoro sperimentale privo di accompagnamento musicale.

Aurel Milloss fu una figura centrale del balletto italiano novecentesco. Come danzatore, si distinse per le grandi doti espressive delle quali diede prova nei ruoli grotteschi come Coppélius. Come coreografo, contribuì alla rinascita del balletto italiano attraverso una duplice riforma: da un lato il superamento della convenzione teatrale secondo la quale la danza è serva fedele dell’opera lirica; dall’altro un’innovativa ricerca stilistica fondata su una sapiente fusione tra la tecnica accademica e il vocabolario della danza libera d’ispirazione labaniana. Ricercando una profonda integrazione tra le diverse forme d’arte sull'esempio della lezione dei Ballets Russes di Diaghilew, collaborò con i più celebri artisti del tempo, tra i quali: Alfredo Casella, Luigi Dallapiccola, Goffredo Petrassi, Luciano Berio, Roman Vlad per la musica; Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Gino Severini e Fabrizio Clerici per le scene. Raffinato uomo di cultura, consulente per la danza e il balletto per l'Enciclopedia dello Spettacolo, monumentale opera voluta da Silvio D'Amico, fu molto attivo come teorico e saggista. La sua disponibilità ad accogliere e a incoraggiare studiosi ed artisti lo fece diventare un sicuro punto di riferimento nel dibattito sulla danza.

Bibliografia

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Moreno Bucci, Caterina D’Amico de Carvalho, Aurelio M. Milloss. 35 anni di balletto al Maggio Musicale Fiorentino, Firenze, Teatro Comunale di Firenze, 1987.

Elena Grillo, Aurelio Milloss. L’Autonomia del coreografo, in «Il Dramma», n. 7/8, 1979.

Marinella Guatterini, Porzio Michele, Milloss, Busoni, Scelsi: Neoclassico danza e musica nell’Italia del Novecento, Milano, Electa, 1992.

Stelio Felici (a cura di), Il balletto e l’opera di Aurelio M. Milloss al Maggio Musicale Fiorentino, Firenze, Salani, 1977.

Daniela Margoni Tortora (a cura di), Danza pittura musica: intorno ai sodalizi degli anni Quaranta: Dallapiccola, Milloss, Petrassi, Roma, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, 2009.

Giovanni Morelli (a cura di), Creature di Prometeo. Il ballo teatrale dal divertimento al dramma. Studi offerti a Aurel M. Milloss, Firenze, Olschki, 1996.

Ulrich Mosch, When the composer’s artistic aims clash with the choreographer’s autonomy: Sylvano Bussotti, Aurel Milloss, and the choreographic mystery Raramente (1970-71), in Music-Dance: Sound and Motion in Contemporary Discourse, a cura di Patrizia Veroli e Gianfranco Vinay, London and New York, Routledge, 2018.

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Patrizia Veroli, La danza e il balletto moderno dal futurismo a Milloss, in Vaccarino, Elisa (a cura di), La danza moderna. I fondatori, Milano, Skira, 1998.

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Scritti

Aurel Milloss, Presentazione della Stagione di opere contemporanee al Teatro alla Scala. Autunno XX-XXI, Milano, Istituto d’Alta Cultura, 1942.

Aurel Milloss, Londra, terra del balletto, Roma, 1946.

Aurel Milloss, Laban. L’apertura di una nuova era nella storia della danza, in Tanztheater. Dalla danza espressionista a Pina Bausch, a cura di Leonetta Bentivoglio, Roma, Di Giacomo, 1982.

Aurel Milloss, La lezione di Salvatore Viganò, in «La Danza italiana», n. 1, 1984, pp. 7-19.

Aurel Milloss, L’importanza dell’opera di Béla Bartók per l’evoluzione dell’estetica del balletto novecentesco, in «Chigiana», n. 38 (Nuova serie n. 18), 1987, pp. 185-199.

Aurel Milloss, Stravinsky e il balletto, in «Chigiana», n. 38 (Nuova serie n. 18), 1987, pp. 201-227.

Aurel Milloss, Coreosofia: scritti sulla danza, a cura di Stefano Tomassini, Firenze, Olschki, 2002.

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SMO

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Modificato
27/03/2023

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