Thalberg, Sigismund
Sigismund Thalberg nacque a Ginevra l’8 gennaio 1812. Dai documenti, risulta essere figlio di Joseph Thalberg e Fortunè Stein, sebbene venisse e venga tuttora riconosciuto come figlio naturale del Principe Moritz Dietrichstein e della Baronessa von Wetzlar. Venne trasferito presto a Vienna, dove intraprese gli studi musicali prima con August Mittag e poi con Johann Nepomuk Hummel. A partire dal 1826 cominciò a tenere i primi concerti e a pubblicare le prime composizioni. Ebbe come maestri anche Ignaz Moscheles, Johann Peter Pixis e Friedrich Kalkbrenner e nel 1836 debuttò con successo a Parigi con il suo Grand concerto pour piano et orchestre op. 5 in fa minore (1829-1830). Da quel momento, iniziarono le sue tournées in tutta Europa, negli Stati Uniti e in America Latina, che lo portarono a contatto con musicisti illustri dell’epoca quali Felix Mendelssohn, Fryderyk Chopin e Robert Schumann.
Nel 1844 sposò Francesca, la figlia del noto basso-baritono napoletano Luigi Lablache, il quale, dopo la morte, lasciò loro in eredità la sua villa di Posillipo a Napoli. Thalberg successivamente vi si trasferì con la moglie nel 1864, coltivando la sua passione per i vigneti.
All’epoca la sua fama era così grande che il marchese Tupputi, suo grande estimatore, cercò in tutti i modi di inserirlo tra i docenti del Conservatorio di Napoli, insistendo sul gran valore e prestigio che ne sarebbero derivati. Quando il Conservatorio rifiutò inizialmente questa proposta a causa della nazionalità di Thalberg, il marchese cercò manforte dal Circolo Bonamici, ma invano. Al di là di questo episodio, una volta terminata la sua carriera concertistica, Thalberg si dedicò pienamente all’insegnamento e alla trasmissione delle sue nozioni tecniche-interpretative, interessandosi ad alcuni giovani talenti di Napoli, tra cui Beniamino Cesi (considerato suo unico vero allievo), Alfonso Rendano e Costantino Palumbo, che costituirono il nucleo generativo della scuola pianistica napoletana.
Thalberg morì il 27 aprile 1871 a Napoli a causa di un’affezione polmonare. Fu sepolto nel cimitero di Poggioreale.
Oltre all’essere stato un concertista molto acclamato e riconosciuto come padre della scuola pianistica napoletana, fu autore di svariate composizioni, molte delle quali furono pubblicate dalla casa editrice Girard per merito anche del suo amico editore e compositore Guglielmo Cottrau. Scrisse, tra vari brani, molte trascrizioni e fantasie su temi d’opera che riscossero molto successo perché permettevano di ascoltare motivi teatrali noti rielaborati in maniera virtuosistica, con tecniche rivoluzionarie e sonorità spettacolari tali da sbalordire gli ascoltatori dell’epoca: si segnalano Grande fantaisie et variations sur des motifs de l´opéra «Norma» de Bellini op.12 (1834), Grand fantaisie sur l´opéra «La sonnambula» de Bellini op. 46 (1842), Grande fantaisie sur «Le barbier de Séville» de Rossini op. 63 (1845), Grande fantaisie sur des motifs de l´opéra «Don Pasquale» de Donizetti op. 67 (1850), Les soirées de Pausillipe (1862).
Nel corso del XIX secolo si affermò la figura del musicista virtuoso che, mirando ad esplorare e scoprire nuove e allora inaudite possibilità espressive dello strumento, eseguiva passaggi tecnicamente molto complessi e dal carattere trascendentale, estremizzando i movimenti del corpo e catturando, in tal modo, l’attenzione del pubblico (Franz Liszt e Niccolò Paganini ne sono celebri esempi). All’opposto, Sigismund Thalberg risponde ad una rarità di virtuoso elegante e quasi aristocratico: era capace di far risaltare pienamente il tema di un brano musicale utilizzando in maniera alternata i pollici delle mani mentre con le altre dita eseguiva arpeggi e accordi corposi. Una tecnica governata così magistralmente da dare l’illusione che ci fosse una terza mano alla tastiera. Il suo corpo rimaneva nel frattempo composto, impassibile e statuario durante l’intera esecuzione, in contrasto con le poderose sonorità che riusciva a realizzare.
Nell’introduzione di una delle sue opere più importanti, L’art du chant appliqué au piano op. 70 (1850 ca), Thalberg raccomanda agli aspiranti pianisti di essere sobri e composti nei movimenti del corpo e suonare con mano “disossata”, ossia morbida e rilassata. Pone l’accento sul canto come requisito necessario per il saper suonare, invitando ad ascoltare i grandi cantanti.
Nota è la sua rivalità con Liszt, che sfidò in un duello pianistico il 31 marzo del 1837 dinanzi alla Principessa Cristina di Belgioioso: non è dato sapere con certezza il vincitore del duello, giacché entrambi i contendenti riscossero giudizi positivi.
Alfredo Casella, THALBERG, Sigismund, in Enciclopedia Italiana Treccani online, 1937.
Massimo Distilo, Sigismund Thalberg: primordi e sviluppi della scuola pianistica napoletana, versione Kindle, Booksprint, 2016.
Piero Rattalino, Le grandi scuole pianistiche, Milano, Ricordi Editore, 1992.
Vincenzo Vitale, Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento, Napoli, Bibliopolis, 1983.
Vincenzo Vitale, Thalberg e Liszt: l'opera in salotto e in concerto, in Mila Massimo, Il melodramma italiano dell’Ottocento, Torino, Einaudi, 1977.
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