Grassini, Giuseppa Maria Camilla (Giuseppina, Josephine)
Giuseppa Grassini nacque il 18 aprile 1773 a Varese da Antonio, contabile nel convento della Madonna del Sacro Monte, e da Isabella Luini, violinista, forse discendente da Bernardino, uno dei famosi allievi di Leonardo da Vinci. Ultima di 18 figli, la Grassini ricevette i primi insegnamenti musicali da Domenico Zucchinetti, organista della chiesa di San Vittore, che avendo riconosciuto il talento della giovane, convinse i genitori a inviarla a Milano per studiare canto.
Nella città lombarda, la Grassini incontrò il principe Alberico Barbiano di Belgioioso, con il quale strinse una relazione sentimentale. Barbiano affidò la sua giovane amante alle cure di Antonio Secchi, noto didatta dell’epoca, che condusse Giuseppina al debutto come seconda donna nella stagione di Carnevale 1789-90 del teatro Ducale di Parma. Gli esordi della cantante furono nell’ambito dell’opera comica (come Florinda nella Pastorella nobile di Zini-Guglielmi e Ortensia nella Ballerina amante di Palomba-Cimarosa) e nel medesimo genere Giuseppina continuò a cantare, interpretando sempre ruoli secondari, ancora per qualche tempo: nell'estate 1790 al teatro alla Scala di Milano nella Bella pescatrice di Zini-Guglielmi; nell’autunno dello stesso anno nei Zingari in fiera di Palomba-Paisiello e nella Cifra di Da Ponte-Salieri, sempre alla Scala.
Nell'estate 1792 venne scritturata come Fulvia nell’Ezio di Metastasio-Tarchi al Teatro Nuovo di Vicenza: in quella occasione, Giuseppina poté lavorare insieme al tenore Giacomo David, all’epoca già piuttosto famoso, e inaugurare la frequentazione dell’opera seria che, salvo poche eccezioni, sarebbe rimasta il suo terreno d’elezione. Nel 1793 fece la sua prima comparsa a Venezia, nel prestigioso Teatro di San Benedetto durante la Fiera dell’Ascensione, come Polissena nel Pirro di De Gamerra-Zingarelli e il 26 dicembre dello stesso anno inaugurò la stagione di Carnevale del Teatro alla Scala interpretando Mandane nell'Artaserse di Metastasio-Zingarelli, accanto al famoso castrato Luigi Marchesi. In quella occasione, Giuseppina diede un’ottima prova di sé e il successo delle sue performances le valse nuove e sempre più prestigiose scritture, che si avvicendarono numerose nel corso del 1794: a febbraio fu Dircea nel Demofoonte di Metastasio-Portogallo, in primavera Eurilla nell’omonima cantata di Sografi-Nasolini, eseguita al Teatro San Benedetto durante la fiera dell’Ascensione, ad agosto l’eroina eponima di Epponina di Giovannini-Nasolini allestita a Bergamo. L’anno successivo, durante la Fiera dell’Ascensione, fece il suo debutto al Teatro la Fenice di Venezia, come Temira nella cantata di Savioli-Bertoni, Temira e Aristo. La frequentazione di autori che all’epoca si configurarono tra i principali interpreti della vena larmoyante del teatro musicale – Portogallo e Nasolini in primis – fu decisiva per la Grassini, che riuscì a diventare una specialista nelle interpretazioni di eroine sentimentali. Anche se i titoli in cui si produsse tra il 1794/95 non ebbero grande seguito, almeno da Epponina, Giuseppina estrapolò un’aria particolarmente toccante, «Che farò ne’ mali miei», che elesse a proprio cavallo di battaglia negli anni successivi, inserendola sia in opere di altri autori che venne chiamata ad interpretare, sia in proprie “beneficiate” in Italia e in Europa.
La prima di esse fu la Penelope di Diodati-Cimarosa che cantò al teatro degli Avvalorati di Livorno nella stagione di Autunno 1795 insieme a Matteo Babini, altro famoso tenore dell’epoca, cui Giuseppina sarebbe stata spesso associata da vari commentatori, a volte risultandone addirittura “allieva”. Sebbene al momento non ci siano prove che il cantante abbia effettivamente funto da maestro per la Grassini, è certamente vero che, come il tenore bolognese, anche Giuseppina prediligesse ruoli la cui efficacia drammatica risultava in particolare dalla partecipata interpretazione di melodie relativamente semplici, scevre cioè dal virtuosismo sfrenato, appannaggio di alcuni grandi castrati di fine secolo (Marchesi tra gli altri).
Una delle più rilevanti occasioni per la Grassini di fare sfoggio di un simile talento arrivò sempre nel 1795, al Teatro alla Scala dove, accanto al primo uomo Girolamo Crescentini, a sua volta campione del canto sentimentale, essa debuttò nel ruolo di Giulietta in Giulietta e Romeo di Foppa-Zingarelli, che il compositore aveva cucito su di lei. L’opera ottenne un successo cospicuo, amplificando la fama alla Grassini che tornò a vestire i panni dell’eroina nel 1796 a Reggio Emilia e alla Fenice di Venezia. Tuttavia, la consacrazione a prima donna assoluta nel panorama lirico dell’epoca arrivò per l’artista solo alla fine di quell’anno, quando essa si trovò ad interpretare il ruolo di Orazia nel melodramma tragico Gli Orazi e i Curiazi di Sografi-Cimarosa, rappresentato come opera inaugurale della stagione di Carnevale del Teatro la Fenice e in cui la Grassini venne di nuovo affiancata da Girolamo Crescentini (Curiazio) e da Matteo Babini (Marco Orazio). L’opera ebbe un successo raramente eguagliato da un melodramma tragico prima di allora e venne riallestita centinaia di volte, fino alla prima metà dell’Ottocento, nei teatri di tutta Europa, subendo, come di consueto all’epoca, tagli e sostituzioni, le più famose delle quali vennero realizzate da Marco Antonio Portogallo, che scrisse apposta per Giuseppina delle arie sostitutive. Anche grazie a queste interpolazioni, la Grassini divenne negli anni successivi interprete per antonomasia del ruolo di Orazia.
Nei mesi precedenti al debutto del capolavoro cimarosiano, il generale Napoleone Bonaparte aveva avviato la prima campagna d’Italia, guidando un contingente di milizie armate nelle regioni settentrionali della Penisola e conquistando una serie di stati del quadrante occidentale italiano, che confluirono nel 1797 nella Repubblica Cisalpina. Insieme ad altri famosi cantanti dell’epoca, Crescentini e Babini in primis, la Grassini fu sostenitrice della prima ora del partito francese e di Napoleone in particolare, per il quale si esibì pubblicamente proprio nel 1797, in aprile, nel castello Arconati di Mombello. L’adesione alla causa repubblicana non le impedì tuttavia di essere scritturata al Teatro San Carlo di Napoli nel giugno dello stesso anno, dove tonò a lavorare con Domenico Cimarosa, che per lei scrisse il ruolo della regina Artemisia in Artemisia regina di Caria di Marchesini, un dramma per musica allestito in occasione delle nozze del principe ereditario Francesco di Borbone con l'arciduchessa Maria Clementina d'Austria.
Quella del 1797 sembra essere stata l’unica occasione nella carriera dell’interprete in cui ella cantò a Napoli. L’anno successivo, la Grassini tornò a prodursi in teatri del nord Italia, interpretando i ruoli protagonistici femminili di una serie di opere di grande successo sul finire del secolo, alcune delle quali aveva contribuito in prima persona a rendere celebri: è il caso degli Orazi e i Curiazi, l’opera su libretto di Sografi ma nella nuova intonazione integralmente ascrivibile a Portogallo (Ferrara, Nuovo Teatro) e La morte di Semiramide di Sografi-Nasolini (Venezia, Fenice). Nel 1799, la Grassini fu prima donna assoluta in una serie di allestimenti in teatri di Firenze e Livorno e nel giugno 1800 tornò ad esibirsi per Bonaparte in alcuni concerti tenuti alla Scala. È probabilmente a quest’altezza che Giuseppina intrecciò una breve relazione sentimentale con quello che nel frattempo era divenuto primo console di Francia. Giuseppina seguì Napoleone a Parigi e riuscì ad introdursi negli ambienti più prestigiosi della città grazie all’intercessione del famoso cantante, nonché docente di canto nel Conservatorio di Parigi, Pierre-Jean Garat. Nel novero delle conoscenze acquisite dalla donna in loco entrò presto il celebre violinista e compositore Jean Pierre Joseph Rode, con il quale la Grassini tenne un applauditissimo concerto all'Opéra il 19 marzo 1801 ed ebbe una relazione sentimentale. L'8 giugno dello stesso anno, essa cantò di nuovo in onore di Napoleone a Neuilly-sur-Seine su invito dell’allora ministro degli esteri Charles Maurice Talleyrand.
Il successo conquistato a Parigi poté forse indurre Giuseppina a sperare di ottenere la direzione di una sala teatrale cittadina, dalla cui gestione avrebbe potuto trarre cospicui guadagni, ma tale desiderio rimase inevaso. Così, la cantante partì con Rode alla volta dell’Italia e si esibì in alcuni teatri del nord della penisola, in particolare al Sant’Agostino di Genova, dove interpretò La vergine del sole di Casòli-Andreozzi (1801), La morte di Semiramide di Nasolini (1802), Ginevra di Scozia di Rossi-Mayr e La Penelope di Cimarosa (1803). A quest’altezza si colloca anche la fine della relazione con Rode, che lasciò l’Italia nel 1803 per dedicarsi a lunghe turnée in Europa, e che, tuttavia, nel 1805, dedicò a Giuseppina il suo ottavo concerto per violino.
Anche la Grassini decise di imboccare la via estera e nell'autunno 1804 debuttò al King's Theatre in Haymarket di Londra, interpretando Cora nella Vergine del sole di Andreozzi, in sostituzione di Brigida Banti, altra interprete italiana molto famosa e apprezzata in ambiente britannico. Gli esordi della Grassini nella capitale inglese non furono entusiasmanti, forse anche per via dell’affezione del locale pubblico nei confronti del soprano britannico Elizabeth Billington. Tuttavia, la Grassini riuscì a contrastare il favore della rivale nell’ambiente londinese, grazie soprattutto al Ratto di Proserpina, opera seria di Da Ponte-Winter, i cui ruoli femminili protagonistici di Cerere e Proserpina vennero composti da Winter rispettivamente per la Billington e per la Grassini, per esaltare le abilità e le specificità espressive di ciascuna delle due interpreti. La performance risultò assimilabile ad una gara e la Grassini ne risultò vincitrice, oltre che per meriti musicali ed interpretativi, forse anche per via di quella che alcuni commentatori dell’epoca definirono la “figura grecamente disegnata”: un fisico affascinante e dunque più apprezzato rispetto a quello pingue della contendente. Forte di questo successo, così come aveva fatto a Parigi, anche a Londra Giuseppina riuscì ad introdursi nei più esclusivi circoli mondani cittadini, nonché a corte, per il tramite del principe Augusto.
Nel 1806, la Grasssini venne richiamata da Napoleone, nel frattempo autoincoronatosi imperatore nel 1804, che la volle, insieme ad altri musicisti italiani tra cui Girolamo Crescentini e Ferdinando Paer, quale componente di spicco della propria Musique de chambre, la compagine di artisti che si esibiva nelle residenze imperiali, le Tuileries, dove aveva sede il Théâtre de l'Impératrice, Versailles e Fontainebleau tra le altre. Giuseppina divenne dunque Première cantatrice de S. M. l'Empereur et Roi e l’ingaggio stratosferico tramite il quale rimase vincolata all’impero napoleonico fino alla sua caduta ne fece una delle persone più pagate dallo Stato di Francia. Tra il 1808 e il 1814 essa fu protagonista di una serie di drammi per musica, tutti in lingua italiana, la maggior parte dei quali a firma di Paer, che era direttore della Musique de Chambre, tra cui Cleopatra, Griselda, Achille, Leonora, ossia L'amore coniugale. Per compiacere Napoleone, essa si produsse pure in alcuni dei melodrammi più amati dall’imperatore a firma di compositori italiani: Gli Orazi e i Curiazi di Cimarosa, La morte di Cleopatra di Nasolini, Romeo e Giulietta di Zingarelli, La vergine del sole di Andreozzi. Agli allestimenti di opere intere, la Grassini e gli altri cantanti al servizio di Bonaparte affiancarono una serie cospicua di concerti, cui spesso parteciparono alcuni strumentisti della Cappella imperiale, tra i cui i fratelli Frédéric e Charles Duvernoy, rispettivamente cornista e primo clarinetto, e l’arpista Martin Pierre Dalvimare.
Dalla seconda metà del 1811 tuttavia, la parabola della Grassini disegnò una curva discendente: il declino del suo collega e amico Crescentini, la partenza di Carlo Festa, la morte prematura di Marianna Barilli-Bondini, prima donna dell'opera buffa pure nell’entourage di Bonaparte, condussero Napoleone a convocare a corte nuovi e più giovani cantanti, la cui presenza oscurò a poco a poco il peso dell’artista che precipitò in una condizione di grave indigenza nell’arco di poco tempo. Ad aiutare Giuseppina in tale critica condizione fu Ferdinando Paer, che riuscì ad ottenere da Napoleone il permesso di farla recitare all’Odéon, uno dei teatri pubblici di Parigi. Nel novembre 1813 Giuseppina tornò così a interpretare il ruolo di Orazia negli Orazi e Curiazi di Cimarosa (con modifiche di Paer), riscuotendo un successo amplissimo, in virtù del quale anche le sorti della sala, piuttosto precarie all’epoca di quella produzione, vennero risollevate. Il mese successivo seguì un nuovo allestimento, sempre nello stesso teatro, della Cleopatra di Paer, ma nonostante il concorso di star, oltre alla Grassini i tenori Giacomo Crivelli e Carlo Angrisani, la produzione non ebbe grande seguito.
Dopo la capitolazione di Napoleone e all’occupazione di Parigi da parte dell’esercito britannico (1814), la Grassini tornò a Londra, dove interpretò, nel ruolo eponimo, la Didone abbandonata di Paer, presso il King's Theatre, riscuotendo notevole successo. Giuseppina si trattenne in Gran Bretagna fino al 1817, diventando, tra l’altro, intima amica di Arthur Wellesley duca di Wellington.
Nel 1817, la Grassini tornò in Italia e si diede a vedere al Teatro alla Scala e al Teatro Vendramin di Venezia, dove cantò Gli Orazi e Curiazi di Cimarosa, ma in forma di concerto e con le arie sostituite di Portogallo, a Milano insieme con il noto tenore Davide Banderali. Negli anni successivi, la sua attività andò diradandosi: la Grassini si produsse perlopiù in una serie circoscritta di concerti, tra cui uno al teatro Vendramin di Venezia nel 1819 e in ancor meno numerosi allestimenti di opere intere. Tra questi, tuttavia, particolarmente significativo fu quello della Cleopatra di Paer al Teatro Grande di Brescia, dove Giuseppina ebbe come collega la giovane Giuditta Pasta: nel tracciare il profilo di quest’ultima, Stendhal individuò proprio nella Grassini il soggetto cui eventualmente la grande Pasta avrebbe dovuto qualcosa dal punto di vista artistico. Nel 1820 Giuseppina cantò a Padova, nel ’22 a Trieste e a Firenze e ancora nella stessa città l’anno seguente, dove apparve di nuovo nella Cleopatra di Paer. Nel 1823 la Grassini decise di tornare a Parigi, dove, pur non calcando più i palcoscenici lirici, fu personaggio di spicco dell’alta società cittadina e dove trascorse gli ultimi anni di vita, in compagnia di suo marito, il colonnello Cesare Ragani, e di vari parenti e amici, tra cui le nipoti Giuditta e Giulia Grisi, le cui carriere contribuì ad avviare presso il Théâtre des Italiens, il fratello Carlo, romanziere, e la pittrice Elisabeth Vigée-Lebrun che la ritrasse varie volte. Negli ultimi anni di vita la Grassini si trasferì a Milano, presso palazzo Arese, in piazza San Babila. Morì a Milano il 3 gennaio 1850.
Insieme ad alcuni dei suoi famosi colleghi e amici, tra cui Babini e Crescentini, Giuseppina Grassini fu artista raffinata e incisiva. Più che fare leva sul virtuosismo vocale, essa costruì buona parte del proprio successo sulla resa attenta e partecipata del testo poetico e sulle interpretazioni drammaticamente verosimili dei ruoli a lei affidati, che portarono molti commentatori ad elogiare, oltre alla sua maestria vocale, anche gli sguardi, i gesti, le posture assunte nei momenti cruciali delle proprie performances.
Cristina Ciccagnoli Badii, Giuseppina Grassini, ad vocem in DBI, vol. 58, 2002
Elizabeth Forbes, Grassini, Josephina [Giuseppina] (Maria Camilla), ad vocem in The New Grove Dictionary of Opera, edited by Stanley Sadie, vol. X, p. 303
Gianfranco Landini, «La buona lombarda». Qualche osservazione sulla voce e sull'arte di Giuseppina Grassini, ovvero «Della vocalità neoclassica», in Affetti musicali. Studi in onore di Sergio Martinotti, a cura di Maurizio Padoan, Milano, Vita e Pensiero, 2005, pp. 121-143
Arthur Pougin, Une cantatrice ‘amie’ de Napoléon: Giuseppina Grassini 1773-1850, Paris, 1920
André Gavoty, La Grassini. Première Cantatrice de S. M. l’Empereur et Roi, Paris, Grasset, 1947
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