Gnanzù
La pesca del tonno ha costituito una fiorente attività in Sicilia fino agli inizi degli anni 2000. Durante la primavera, i pescatori posizionavano in mare un complesso di reti suddiviso in “camere” nelle quali venivano convogliati i tonni. L’ultima rete, l’unica provvista di fondo e nota come “camera della morte”, serviva per imprigionare i tonni che, durante l’ultima fase della pesca, venivano portati in superficie facendo affiorare la rete dall’acqua. Questa pratica, altamente ritualizzata, era caratterizzata dalla presenza di canti, noti come cialome, che, oltre a organizzare e coordinare i gesti del lavoro, assumevano un valore propiziatorio e di ringraziamento. I canti dei tonnaroti erano caratterizzati da un testo solitamente di carattere devozionale, presentando riferimenti al Cristo, alla Vergine, ai Santi, e da una struttura vocale responsoriale: un cantore solista (cialumaturi), che non sta necessariamente lavorando, enuncia la parte narrativa che viene seguita dalla risposta del coro il quale, mentre compie lo sforzo di tirare, intona una formula all’unisono. Durante il momento di affioramento della “camera della morte”, i tonnaroti erano soliti intonare l’aiamola e il gnanzù, due canti che ritmavano i movimenti dei pescatori. L’aiamola era caratterizzata da un andamento lento che accompagnava lo sforzo durante il primo momento di affioramento della rete; lo gnanzù presentava invece un ritmo molto più serrato che scandiva il sollevamento della pesante rete ormai prossima alla superficie, mentre la voce del solista si sovrapponeva alla risposta dal coro. Nel presente video è possibile ascoltare un esempio di gnanzù e distinguerne il suo andamento serrato che accompagna lo sforzo dei pescatori nel momento ultimo della pesca.
- Insieme di voci maschili
Bibliografia
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Risorse web
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