Skrjabin, Alexandr Nikolaevič
Pianista e compositore russo, Aleksandr Nikolaevič Skrjabin nacque a Mosca nel 1872: la sua famiglia apparteneva alla media nobiltà, grazie al titolo concesso al bisnonno di Aleksandr per particolari meriti militari. La madre, Lyubov’ Petrovna Shchetinina, fu una riconosciuta e apprezzata pianista e compositrice; tuttavia, la donna morì di tubercolosi ad un anno dalla nascita del figlio e pertanto non fu suo il merito di avvicinare il giovane alla musica.
La prima insegnante di Skrjabin fu la zia; a distanza di qualche tempo entrò in contatto col didatta Nicolaj Zverev e ricevette da lui una solida formazione, peraltro condivisa con Sergej Rachmaninov. Convinto della necessità di un controllo costante dell’evoluzione degli allievi nei primi anni di studio, Zverev ospitò in casa propria il giovane Aleksandr, lo istruì in ambito pianistico, letterario, lo avviò alla composizione e insegnò lui le abitudini della nobiltà.
Nel 1888 Skrjabin fu ammesso al Conservatorio di Mosca, attirando l’attenzione del direttore Vasilij Il'ič Safonov. Gli anni di studio, per quanto proficui, furono caratterizzati da un ambiente di estrema competitività: in una sfida con un compagno di corso, ad esempio, Skrjabin si propose di imparare simultaneamente le 32 Sonate di Ludwig van Beethoven, Islamej di Milij Alekseevič Balakirev e Réminiscences de Don Juan di Franz Liszt, danneggiando irreparabilmente le articolazioni della mano destra e, pertanto, ricevendo un assoluto divieto di sottoporle a sforzo da parte dei medici. In seguito riacquisì la capacità di suonare anche con la mano destra, ma fu in quel periodo che Skrjabin curò particolarmente la tecnica della mano sinistra, e molte sue composizioni di quegli anni lo dimostrano: tra tutti, si segnalano i Due pezzi per la mano sinistra op. 9 e una parafrasi per sola mano sinistra su un Valzer di Strauss.
Completato il Conservatorio e fatta la conoscenza dell’editore Mitrofan Petrovich Belyayev, Skrjabin pubblicò alcuni dei suoi lavori, viaggiando al contempo in Europa. Sposò la pianista Vera Ivanovna Isakovich, con la quale suonò più volte proprie composizioni in concerto, salvo poi innamorarsi e sposare Tat’yana de Schloezer, sorella dell’amico scrittore Boris de Schloezer.
Da sempre affascinato dalla filosofia e dalla letteratura, nel primo decennio del XX secolo Aleksandr Skrjabin si avvicinò alla Società Teosofica, dal cui Manifesto (1875) si leggono tra i princìpi: l’idea di fratellanza universale, di una coesione tra le arti, di un’elevazione delle potenzialità dell’uomo fino alla comprensione dei misteri dell’Essere e della Natura. Al contempo formulò le proprie teorie sinestetiche, convinto dell’importanza della correlazione tra differenti sensorialità nell’opera d’arte: nel suo Prométhée. Le Poème du feu, ad esempio, egli aveva previsto la presenza di uno strumento di sua invenzione, la “tastiera di luce”, capace di emettere fasci luminosi di particolari colori in corrispondenza di altrettanti accordi.
Morì di setticemia nel 1915; Mysterium, la sua ultima composizione rimasta incompiuta era stata immaginata come un grande rito da svolgersi sull’Himalaya, ove una fusione completa di arte, colori, sapori, avrebbe contrastato una imminente apocalisse umana.
Molte furono le difficoltà economiche vissute da Skrjabin durante la vita; ciononostante, negli ultimi anni la sua reputazione crebbe talmente tanto da essere ricordato come il più importante compositore russo della prima metà del XX secolo: le novità musicali da lui proposte, insieme al suo carisma e all’originale creatività che lo hanno contraddistinto, furono lette come apprezzabili rappresentazioni di una Russia che, prima dello stalinismo, aspirava ad incarnare un carattere rivoluzionario non influenzato dall’occidente. Dagli anni ’30 la sua importanza venne ridimensionata, pur se riconosciuta in ambito pianistico – tanto che alcune sue composizioni divennero pezzi d’obbligo al Conservatorio –: la principale critica che gli fu mossa, da un punto di vista intellettuale, fu quella di non aver coltivato il carattere tipicamente “russo” della musica attraverso temi popolari e ritmi conosciuti, ma piuttosto di aver intrapreso una strada autoreferenziale e complessa.
In effetti, il suo lascito fu del tutto particolare. Skrjabin era convinto che la composizione musicale non poteva discostarsi dalla riflessione filosofica, e per questo motivo sviluppò negli anni un linguaggio complesso, comprensibile solo attraverso le idee che lo precedono: ad esempio, è noto il suo “accordo mistico”, un insieme di note particolarmente dissonante, che secondo l’autore aveva il compito di far percepire «ciò che la mente umana non può concepire». L’evoluzione del suo stile, da classico a non tonale, è perfettamente visibile nelle sue dieci Sonate per pianoforte, che egli rese il principale strumento della propria espressione.
Faubion Bowers, Scriabin. A Biography, New York, Dover Publications, 1996.
Maria Carlson, "The theosophical world of Alexandr Scriabin", The Journal of the Scriabin Society of America, 2007-2008, pp. 54–62.
Luigi Verdi, Alexsandr Nikolaevic Skrjabin, Palermo, L'Epos, 2010.
Alessandro Bistarelli, Skrjabin filosofo, poeta e mistico, «Rivista italiana di Teosofia», LXXII, 5, 2016, pp. 16-23; LXXII, 6, 2016, pp. 23-28; LXXII, 7, 2016, pp. 18-22.
Alessandro Bistarelli, Le ultime produzioni pianistiche di Aleksandr Skrjabin, Varese, Zecchini Editore, 2021.
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