Fuller, Loie
- Loie Fuller, La Danse Serpentine, serie di fotografie montate su cartoncino, edizioni L.L. Fonte: Bibliothèque nationale de France, département Estampes et photographie, 4-ND-145, Gallica BnF.
- Il gruppo di Loie Fuller nel giardino del principe Troubitzky (1905 circa). Fotografia di Harry Ellis. Fonte: Bibliothèque nationale de France, département Estampes et photographie, FOL-OA-788. Catalogo BnF.
- Festa della danza (18/6/1914), giardini di Ranelagh, scuola di danza di Loie Fuller. Fotografia dell’Agenzia fotografica Rol. Fonte: Bibliothèque nationale de France, département Estampes et photographie, EI-13 (366). Catalogo BnF.
- Festa della danza (18/6/1914), giardini di Ranelagh, scuola di danza di Loie Fuller. Fotografia dell’Agenzia fotografica Rol. Fonte: Bibliothèque nationale de France, département Estampes et photographie, EI-13 (366). Catalogo BnF.
- Locandina per Loie Fuller del teatro Folies-Bergère, litografia di Pal. Fonte Bibliothèque nationale de France, ENT DN-1 (PAL/2)-ROUL. Catalogo BnF
Loie Fuller (vero nome Marie-Louise Fuller), nacque a Fullersburg, un piccolo villaggio nello stato dell’Illinois. Iniziò ad esibirsi sin da giovanissima e fece una lunga gavetta come cantante e attrice negli intrattenimenti popolari dei teatri americani. Nel 1889 si trasferì a Londra dove si esibì nella pièce Caprice e nel 1890 entrò nella Gaiety Theatre Company dove ballava la skirt dance (danza della gonna), ballo in cui le ballerine manipolavano con le braccia gonne lunghe e sovrapposte per creare un movimento fluido, spesso in un teatro buio con proiettori di luce colorata che evidenziavano i motivi delle loro gonne confezionate spesso con oltre cento metri di tessuto.
Nel 1891 tornò negli Stati Uniti esibendosi nella commedia Quack Medical Doctor all'interno della quale c’era una scena d’ipnosi in cui la Fuller danzava la propria versione della skirt dance. Tale scena fu molto applaudita dal pubblico e la Fuller cominciò a sperimentare le trasformazioni della stoffa in base al movimento del corpo e alle luci. Lo stesso anno fu assunta per esibirsi nella Serpentine Dance tra gli atti della commedia Uncle Celestine e il successo fu tale che un numero impressionante di imitatrici cominciò ad emularla. La Fuller tentò di contrastare questo fenomeno brevettando i disegni dei suoi costumi e degli apparecchi per le luci che utilizzava.
Nel 1892 partì per l’Europa e, dopo una tournée disastrosa in Germania, fu ingaggiata presso il teatro Folies-Bergère di Parigi per esibirsi al posto di una sua imitatrice. Lì presentò La Danse serpentine, La Violette, Le Papillon e XXXX o la Danse blanche. Fu un successo immediato e la Fuller fu definita la creatrice di un nuovo tipo di arte della danza.
L’evoluzione verso l’astrazione caratterizzò lo sviluppo della coreografia dei suoi assoli tra il 1892 e il 1900. Se all'inizio creò brani che riproducevano forme serpentine e floreali, in seguito ne creò altri che suggerivano onde, nebbie, fuoco e grandi creature alate. Per quanto riguarda l’accompagnamento musicale, dal 1894 utilizzò la musica classica (Felix Mendelssohn, Hector Berlioz, Edvard Grieg, Henry Purcell, Richard Wagner, Ludwig van Beethoven), dopo il 1909 si orientò sempre più verso i compositori moderni, come Claude Debussy, Darius Milhaud, Aleksandr Scriabin.
Nel 1895, la Fuller presentò alla Comédie parisienne la creazione Salomé costituita da diverse danze tra cui la famosa Danse du feu, eseguita su musica di Wagner, per la quale brevettò una spessa piattaforma di vetro inserita tra le tavole del palcoscenico che serviva per far giungere l’illuminazione dal basso e per conferire l’impressione che il costume fosse infuocato. Salomé (di Charles Henry Meltzer, adattamento di Armand Sylvestre, scenografia di Georges Rochegrosse, musica di Gabriel Pierné), invece, era una pantomima lirica in un atto e 5 quadri che, malgrado gli effetti visuali inediti, non conquistò il pubblico. Nel 1907 Loie Fuller ne produsse una seconda versione dal titolo Tragédie de Salomé, in due atti e sette quadri con musica di Florent Schmitt e libretto di Robert d’Humières. Anche questa produzione non si rivelò un successo.
Nel 1900 per l’Esposizione Universale di Parigi l’architetto Marcel Sauvage progettò, con lo scenografo Francis Jourdain, un teatro per la Fuller nel quale l’artista portò all’attenzione del pubblico parigino l’attrice giapponese Sada Yakko.
Tra le personalità che conobbe e che la influenzarono maggiormente si possono ricordare lo scultore Auguste Rodin, la Regina Maria di Romania e Isadora Duncan che la Fuller incontrò nel 1901 e nella quale riconobbe uno straordinario talento, tanto che decise di aiutarla inserendola nella sua compagnia e presentandole diverse personalità, ma dopo pochi mesi la Duncan abbandonò la compagnia per proseguire la sua carriera autonomamente.
Nel 1908 l’artista decise di creare una sua scuola e una compagnia. Si autoproclamò 'madre della danza naturale', fece vestire le danzatrici del suo gruppo con corte tuniche senza maniche e le fece danzare a piedi nudi. I loro movimenti dovevano essere spontanei e naturali. Nel marzo 1909 ci fu la prima rappresentazione pubblica della compagnia al Théâtre Mariguy che ottenne subito una scrittura per un’altra rappresentazione. Oltre alle produzioni per il palcoscenico, le danzatrici si esibivano anche all’aperto, dove gli elementi naturali creavano particolari effetti sulle loro stoffe di seta. La compagnia fece tournée in Europa e negli Stati Uniti.
Nel 1911 la Fuller coreografò la prima di una serie di "danze d'ombra", in cui sperimentava le proiezioni del movimento su fondale grazie all'uso di fonti luminose. Erano brani che servivano alla sua ricerca sul movimento bidimensionale e che riflettevano, inoltre, le contemporanee ricerche artistiche che si svolgevano nel cubismo.
Tra il 1915 e il 1916 la compagnia continuò a esibirsi in California e a Londra, rappresentando brani del vecchio repertorio, dopodiché si sciolse per tutta la durata della Prima Guerra mondiale.
Tra il 1918 e il 1921, gli interessi creativi della Fuller si orientarono verso il cinema, tanto che realizzò un film drammatico-danzante, La Lys de la Vie. Il film era una fantasia surreale e si basava su una fiaba scritta dalla Regina Maria di Romania. In esso recitava René Clair, mentre il suo gruppo, ricostituitosi dopo la guerra sotto la direzione della compagna della Fuller, Gabrielle Bloch, fu protagonista delle scene di danza.
Dal 1922 al 1923 l'artista si dedicò alla rielaborazione delle "danze d'ombra", tanto che, nel 1924 e nel 1925, lavori come L’Homme au Sable, L’Ombres Gigantesques e La Grande Voile ricevettero critiche entusiaste.
Fuller morì di malattia nel 1928.
Oltre ad aver inventato una nuova forma di danza, Fuller fu la precorritrice di importanti idee e influenzò il mondo dell'arte. Infatti, con le prime fluttuazioni delle sue sete, sembrava avesse portato l’Art Nouveau in scena e il suo arrivo a Parigi coincise proprio con la fioritura di questo stile. La sua immagine, divenuta iconica, servì d’ispirazione per la realizzazione degli oggetti di uso quotidiano, come vasi, lampade, boccette di profumi. I Simbolisti videro nella sua danza una perfetta reciprocità tra idea e simbolo e fu acclamata come la fée lumineuse (la fata luminosa). Scrisse di lei, tra gli altri, Stéphane Mallarmé che nel 1893 elogiò la sua danza nel saggio Considerations sur l’art de Loïe Fuller. Mentre i Futuristi la apprezzavano perché riuscì ad addomesticare la terribile potenza dell’elettricità usando l’arte e la tecnologia.
Poiché tolse ogni scenografia dal palco, usando le luci e il tessuto come unica decorazione per creare forme astratte, si può affermare che Fuller anticipò le teorie dell’arte scenica di Adolphe Appia e di Edward Gordon Craig, mentre per quanto riguarda il cinema, con la realizzazione del film La Lys de la Vie sperimentò nuovi effetti con il ribaltamento della pellicola, mentre, con le immagini delle sue danze-ombra brillantemente colorate, concepì un potenziale progetto che sarebbe poi stato realizzato con il film in technicolor.
Inoltre, aveva un occhio particolare per scoprire i talenti, tra questi: Sada Yakko, Maud Allen, Isadora Duncan.
Il lavoro della Fuller ha portato alla liberazione della danza dalle restrizioni del personaggio e del racconto, aprendo la strada verso l’astrazione. La Fuller può essere considerata una pioniera della danza moderna e anticipatrice di molte realtà che hanno in seguito lavorato sulle interrelazioni dinamiche tra corpo e luce come Alwin Nikolais o, ad esempio, Momix, David Parsons o Philippe Genty.
Ulteriori informazioni biografiche su Fuller: http://timelapsedance.com/about/loie-fuller/
Immagini e ulteriore bibliografia: http://www.danceheritage.org/fuller.html
Danse du Lys
Il filmato è un estratto del film uscito in Italia il 15 giugno 2017, con il titolo Io danzerò, di Stéphanie Di Giusto (tit. orig. La Danseuse), presentato a Cannes 2016 con Soko nella parte di Loie Fuller e Lily-Rose Depp in quella di Isadora Duncan. Si vede in esso la ricostruzione della Danse du Lys curata da Jody Sperling.
Reimagining Loie Fuller's Ballet of Light
Il filmato è un documentario in cui la studiosa e coreografa Jody Sperling descrive il lavoro che ha svolto con alcuni studenti della University of Wyoming per la messa in scena dello spettacolo di Loie, Fuller Ballet of Light, rappresentato per la prima volta a Londra nel 1908. Il lavoro di ricostruzione effettuato dalla studiosa è stato documentato anche in un articolo: Sperling Jody, Loie Fuller’s Ballet of Light: Re-imagining a 1908 Media Spectacle in the Digital Age, in «Society of Dance History Scholars - Proceedings», Thirtieth Annual Conference Co-sponsored with CORD, Centre national de la danse, Paris, France, 21-24 June 2007.
Silvia Carandini, Loie Fuller, in La generazione danzante. L’arte del movimento in Europa nel primo Novecento, a cura di Silvia Carandini e Elisa Vaccarino, Roma, Di Giacomo, 1997, pp. 61-75.
Fabrizio Crisafulli, Luce attiva: questioni di luce nel teatro contemporaneo, Corazzano, Titivillus, 2007.
Giovanni Lista, Loïe Fuller: Danseuse de la Belle Époque, Paris, Stock-Éditions d’Art Somogy, 1994.
Sally R. Sommer, Loie Fuller, la fata della luce, in a cura di Eugenia Casini, Alle origini della danza moderna, Bologna, Il Mulino, 1990, pp.237-253.
Sally R. Sommer, Fuller, Loie, in International Encyclopedia of Dance, Oxford University Press, 1998, vol. 3, pp. 90-96.
Patrizia Veroli, Loie Fuller, Palermo, L’Epos, 2009.
Loie Fuller pubblicò nel 1908 la sua autobiografia, in 23 capitoli e con una prefazione di Anatole France, dal titolo Quinze ans de ma vie, lasciando molte lacune all'interno della narrazione, sia sull'analisi della sua arte sia sulla vita privata. Si può consultare al link: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k1116945/f1.item
Essa venne ripubblicata nel 1913 negli Stati Uniti con il titolo Fifteen Years of a Dancer’s Life, consultabile al link: https://archive.org/details/fifteenyearsofda00fullrich
La recente edizione italiana, con la traduzione di Pietro Dattola e la prefazione di Elisa Guzzo Vaccarino, ha il titolo Una vita da danzatrice, Roma Dino Audino, 2013.
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