Rossini, Gioachino
Gioachino Rossini nacque a Pesaro il 29 febbraio 1792 da Giuseppe detto Vivazza, suonatore di corno e di tromba, e da Anna Guidarini, cantante dilettante che dopo il 1798, con l’abolizione del divieto alle donne di esibirsi nello Stato della Chiesa, intraprese una discreta carriera nei teatri marchigiani e romagnoli. Il piccolo Gioachino si avvicinò alla musica seguendo spesso i genitori nelle loro trasferte; dopo aver imparato le nozioni base dal padre, ricevette le prime lezioni regolari a Bologna nel 1799. A causa delle posizioni politiche di Giuseppe, repubblicano, il quale nel 1797 aveva subito per tale motivo undici mesi di incarcerazione, nel 1802 la famiglia si trasferì a Lugo. Qui Gioachino ebbe modo di studiare musica sotto la guida dei canonici Giuseppe e Luigi Manerbi, la cui biblioteca conteneva partiture di Händel, Bach, Gluck, Haydn, Mozart, autori che esercitarono un impatto fondamentale sulla sua formazione. Nel 1805 la famiglia si spostò a Bologna, dove Gioachino prese lezioni di canto e nel 1806 divenne allievo del liceo musicale, frequentando le classi di violoncello, pianoforte e, in particolare, contrappunto, disciplina allora insegnata dall’illustre Stanislao Mattei. Risalgono a questi anni diverse sinfonie, composizioni da camera e sacre, nonché alcune arie da inserire in opere di altri autori, scritte dal giovane Rossini durante l’attività di maestro al cembalo, da lui intrapresa in parallelo agli studi.
Senza concludere il liceo, nel 1810 decise di tentare la carriera teatrale e il 3 novembre debuttò al Teatro San Moisé di Venezia con la farsa La cambiale di matrimonio, su libretto di Gaetano Rossi, incontrando una buona accoglienza. L’anno successivo Rossini ricevette la commissione di un «dramma giocoso» in due atti, L’equivoco stravagante, per il Teatro del Corso di Bologna, presso il quale era ingaggiato anche come maestro al cembalo: l’opera riscosse un ampio successo presso il pubblico e diede al compositore l’opportunità di conoscere il rinomato contralto Maria Marcolini, prima donna della compagnia, la quale avrebbe svolto un ruolo importante in questa fase della sua carriera. Oltre a portare al debutto diversi protagonisti rossiniani, tra cui Ciro in Ciro in Babilonia (Ferrara, 1812), Clarice ne La pietra del paragone (Milano, 1812), Isabella ne L’Italiana in Algeri (Venezia, 1813), Sigismondo in Sigismondo (Venezia, 1814), la Marcolini avrebbe infatti raccomandato il giovane Rossini alla Scala di Milano, dove il «melodramma giocoso» La pietra del paragone fu accolta in maniera trionfale. Consolidatasi la sua fama con il «melodramma eroico» Tancredi (Venezia, 1813) e con l’amplissimo successo riscosso da L’Italiana in Algeri, Rossini fu quindi incaricato per la prima volta di scrivere l’opera di apertura della stagione di Carnevale: Aureliano in Palmira, su libretto dell’esordiente Felice Romani, andò in scena il 26 dicembre 1813 al Teatro alla Scala, annoverando nel ruolo eponimo il grande castrato Giovanni Battista Velluti.
Malgrado l’esito controverso del lavoro, Rossini a quest’epoca era un autore ormai affermato; il Sigismondo chiuse la prima fase della sua carriera operistica, con quattordici opere rappresentate in poco più di quattro anni nei principali teatri dell’Italia settentrionale, dove tuttavia le condizioni lavorative ormai non soddisfacevano più le ambiziose esigenze artistiche del compositore. Con l’ingaggio a Napoli, nel 1815, Rossini ebbe finalmente a disposizione interpreti di altissimo livello, una delle migliori orchestre d’Europa e una stagione annua gestita con perizia dall’esperto impresario Domenico Barbaja, il quale godeva di finanziamenti della corte borbonica. Nella capitale partenopea Rossini debuttò il 27 giugno 1815 con il «dramma per musica» Elisabetta regina d’Inghilterra, che conquistò il pubblico e aprì un fecondo periodo durante il quale il compositore, imperniando la sua attività su Napoli ma accettando contratti anche da Roma, Milano, Venezia, raggiunse la piena maturità artistica e l’apice della notorietà internazionale. Numerosi furono i capolavori da lui composti in questi sette anni, caratterizzati da un’ampia varietà dei generi teatrali, delle fonti letterarie a cui i libretti sono attinti, delle vicende narrate e delle ambientazioni – storiche bibliche mitologiche favolistiche contemporanee: si va dal «dramma semiserio» (Torvaldo e Dorliska, Roma, 1815), alla «commedia» (Il Barbiere di Siviglia, Roma, 1816), al «dramma per musica» (Otello, Napoli, 1816) al «dramma giocoso» (Cenerentola, Roma, 1817), al «melodramma» (La gazza ladra, Milano, 1817) all’«azione tragico-sacra» (Mosé in Egitto, Napoli, 1818), senza scordare Armida (Napoli, 1817), Adelaide di Borgogna (Roma, 1817), Ricciardo e Zoraide (Napoli, 1818), Ermione (Napoli, 1819), La donna del lago (Napoli, 1819), Bianca e Falliero (Milano, 1819), Maometto II (Napoli, 1820), Matilde di Shabran (Roma, 1821). Non manca inoltre in questi lavori la volontà di apportare innovazioni sul piano drammaturgico-musicale, ad esempio tracciando arcate formali che si estendono oltre i cambi di scena, come avviene nel Maometto II, dove compare anche un rudimentale utilizzo di motivi identificanti.
Con il «dramma per musica» Zelmira, rappresentato al Teatro S. Carlo di Napoli il 16 febbraio 1822, si chiuse la permanenza di Rossini in città e iniziò una nuova fase della sua carriera, ora proiettata verso i teatri delle grandi capitali europee. Approfittando di una ripresa di Zelmira a Vienna, il compositore progettò una tournée all’estero accompagnato da Isabella Colbran, prima donna della compagnia di Barbaja, alla quale era legato sentimentalmente da cinque anni e che avrebbe sposato a Bologna in una tappa del viaggio verso l’Austria. I due coniugi raggiunsero Vienna il 22 marzo 1822 e vi rimasero fino al luglio successivo, seguendo gli allestimenti di otto opere di Rossini e curando i rapporti con l’alta società cittadina; nell’ottobre tornarono in Italia per alcune produzioni a Venezia, tra cui si annovera la prima rappresentazione di Semiramide (Teatro La Fenice, 3 febbraio 1823), «melodramma tragico» che corona la produzione italiana di Rossini sintentizzando in sé tutti i caratteri della sua maturità artistica. A fine anno i due partirono nuovamente per l’estero, questa volta diretti dapprima a Londra, dove i loro progetti non ebbero gli esiti sperati, e poi a Parigi, per le cui scene Rossini aveva accettato di scrivere un’opera francese e un’italiana, assumendo inoltre la direzione del Théâtre-Italien. L’ingaggio causò delle difficoltà al compositore, poiché da un lato era consapevole delle grandi aspettative riposte in un suo nuovo lavoro in francese, dall’altro sapeva di non conoscere a sufficienza le convenzioni e i gusti del pubblico parigino. Preparò così il terreno con un’opera italiana celebrativa, il «dramma giocoso» Il viaggio a Reims (Théâtre-Italien, 1825), scritta per l’incoronazione di Carlo X, nonché con l’adattamento in francese di due lavori risalenti al periodo napoletano, ossia Le siège de Corinthe (Académie royale de musique, 1826, da Maometto II) e Moïse (Académie royale de musique, 1827, da Mosè in Egitto).
Dopo l’esperimento tentato con Le comte Ory (Académie royale de musique, 1828), una sorta di opera buffa francese che facesse concorrenza al repertorio del Théâtre-Italien, il 3 agosto 1829 Rossini finalmente presentò al pubblico parigino il tanto atteso Guillaume Tell, per il quale era riuscito a trattare un vantaggioso contratto che prevedeva un lauto vitalizio da parte del governo, a fronte dell’impegno di scrivere altre quattro opere nell’arco di un decennio concordando l’esclusiva all’Opéra. A causa di contenziosi, nei successivi sei anni Rossini non mise mano ad alcun nuovo lavoro teatrale, limitandosi a pubblicare una raccolta di brani per canto e pianoforte (Les soirées musicales, su versi di Pietro Metastasio e Carlo Pepoli) e a comporre alcuni numeri per uno Stabat mater che avrebbe completato nel 1842, raccogliendo un ampio successo europeo (la prima esecuzione italiana, svoltasi a Bologna il 18 marzo 1842, fu diretta da Gaetano Donizetti, che Rossini aveva invitato per proporgli la direzione del liceo musicale, di cui il pesarese era «consulente perpetuo onorario» dal 1839). Affrontata una lunga crisi creativa, dalla seconda metà degli anni ’50 tornò a comporre in maniera regolare creando 160 pezzi da camera strumentali e vocali, connotati da titoli curiosi ed ironici, che organizzò in una serie di album riuniti sotto il titolo complessivo di Péchés de vieillesse. Il suo ultimo capolavoro fu la Petite Messe solennelle per quattro solisti, coro, due pianoforti e armonium, non destinata ad uso liturgico, eseguita per la prima volta il 14 marzo 1864 in contesto privato e poi diffusa postuma con la ristrumentazione autoriale per grande orchestra e organo. Il 13 novembre 1868 Rossini morì nella sua villa di Passy per le conseguenze di un’operazione. Sepolto nel cimitero monumentale di Père-Lachaise, nel 1887 il suo corpo fu traslato nella Basilica di S. Croce a Firenze, dove si può tuttora visitare il suo sepolcro.
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- Collane editoriali della Fondazione Gioachino Rossini (tra cui l'Edizione Critica delle Opere di Gioachino Rossini)
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- Fonti e documenti rossiniani nella Collezione Ragni, Napoli.
- Fonti e documenti rossiniani presso il Conservatorio "G. Rossini" di Pesaro
- Museo rossiniano, Pesaro
- Casa-Museo Gioachino Rossini, Lugo (RA)
- Rossiniana. Antologia della critica nella prima metà dell'Ottocento. A cura di Carlida Steffan, Pordenone, Studio Tesi, 1992.
- The Cambridge Companion to Rossini. A cura di Emanuele Senici, Cambridge, Cambridge University Press, 2004.
- Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini. Bologna, Il Mulino, 2007.
- Denise P. Gallo, Gioachino Rossini. A Research and Information Guide. New York, Routledge, 20102.
- Reto Müller, Rossini, Gioachino Antonio. In: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 88 (2017).
- Lettere di Gioachino Rossini, a cura di Giuseppe Mazzatinti e Fanny Manis, Bologna, Forni, 1975 (riproduzione in facsimile dell'edizione Firenze, Barbera, 1902).
- Gioachino Rossini, Lettere e documenti. A cura di Bruno Cagli e Sergio Ragni, Pesaro, Fondazione Rossini, 1992-2016, 4 voll.
- Rossini nelle raccolte Piancastelli di Forlì, a cura di Paolo Fabbri, Lucca, LIM, 2001.
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