Romani, Felice
1. Ritratto di Felice Romani. Incisione, Museo Teatrale della Scala, Milano, sec. XIX.
2. Frontespizio del libretto di Sonnambula. Prima edizione, Milano, 1831.
Personaggio chiave dell’opera italiana ottocentesca, Felice Romani apportò un contributo determinante al repertorio del melodramma romantico, pur rimanendo tutta la vita uno strenuo sostenitore di posizioni classicistiche. Egli nacque a Genova il 31 gennaio 1788, figlio primogenito di Angelo Maria e di Geronima Viacava; la sua infanzia fu funestata dal declino delle condizioni economiche della famiglia, in seguito alle quali il padre abbandonò il tetto coniugale. Romani compì dunque gli studi umanistici presso i Padri Scolopi di Genova e, non ancora ventenne, iniziò a tenere delle supplenze all’università della sua città natale, probabilmente contribuendo così al sostentamento familiare. Risalgono agli stessi anni i suoi esordi poetici: attivo come verseggiatore in accademie letterarie almeno dal 1805, già nel 1806 Romani ottenne un premio presso l’università di Genova per il componimento L’arrivo di Colombo in America. Fu anche autore di rime d’occasione per l’aristocrazia cittadina, un’attività che giunse all’apice nel 1810-11, quando Romani funse da poeta ufficiale per le nozze di Napoleone con Maria Luisa e per la successiva nascita di Napoleone Francesco.
Addottoratosi in lettere e, forse, laureato anche in legge, nel 1809 gli fu offerta la cattedra di greco presso l’Università di Genova, tuttavia Romani decise di abbandonare la città natale, presumibilmente a causa di conflitti nell’ambiente accademico. Il viaggio in Germania e a Parigi del 1810-12, narrato nella biografia pubblicata dalla vedova Emilia Branca nel 1882, al momento non ha trovato riscontri su base documentaria, tuttavia non è necessariamente da escludersi. Risalgono al 1813 i suoi esordi sulle scene operistiche con due libretti per Giovanni Simone Mayr, compositore allora di spicco; in quello stesso periodo, Romani si stabilì a Milano e sottoscrisse un contratto con l’impresario Francesco Benedetto Ricci che lo impegnava a scrivere sei nuovi lavori teatrali all’anno. Tali obblighi lo condussero a redigere tra la fine del 1813 e il 1814 ben cinque libretti, di cui due per Gioachino Rossini, entrambi rappresentati al Teatro la Scala (Aureliano in Palmira, Il Turco in Italia). Dopo un anno di stasi produttiva, dovuta con ogni probabilità a motivi contingenti, tra il 1816 e il 1820 Romani conquistò una posizione di spicco nel mondo del teatro musicale milanese, scrivendo almeno 15 libretti per rilevanti compositori dell’epoca (oltre a Rossini, ricordiamo Francesco Morlacchi e Giovanni Pacini). Nello stesso quadriennio, grazie anche al sodalizio con Mayr, per il quale firmò tre libretti, la sua attività di poeta teatrale si estese all’intera Penisola, con commissioni presso i principali palcoscenici di Napoli, Roma, Venezia e Trieste.
Tra la fine degli anni ‘10 e la prima metà degli anni ‘20 Romani diminuì la produzione per il teatro musicale, essendo impegnato in altre attività letterarie, come la collaborazione al periodico L’ape italiana (1822-24) e la redazione del monumentale Dizionario d’ogni mitologia e antichità, i cui otto volumi uscirono tra il 1819 e il 1827. La quotazione di Romani come librettista, tuttavia, aumentò: i musicisti allora di grido cercavano di ottenere la sua collaborazione per le produzioni milanesi, preferendolo al suo diretto rivale Luigi Romanelli, poeta ufficiale degli «Imperial Regi Teatri». Tra gli altri, Romani scrisse in quel periodo libretti per Gaetano Donizetti (Chiara e Serafina ossia Il pirata), Giacomo Meyerbeer, Saverio Mercadante e Morlacchi, tutti andati in scena al Teatro alla Scala. Risale al 1827 l’inizio del fortunato sodalizio tra Romani e Vincenzo Bellini, inaugurato con Il Pirata, grazie al quale la sua fama di poeta teatrale decollò definitivamente. L’attività del librettista riprese quindi a gonfie vele: assieme al compositore catanese, tra il 1827 e il 1831 Romani fu protagonista sulle scene milanesi e italiane con il rifacimento di Bianca e Fernando (Genova, 1828) e con le nuove produzioni La Straniera (La Scala, 1829), Zaira (Parma, 1829) e I Capuleti e i Montecchi (Venezia, 1830), senza tralasciare importanti collaborazioni con Donizetti, Morlacchi e altri.
L’apice della carriera librettistica di Romani è da ascriversi alla prima metà degli anni ’30, quando, prediletto da Bellini, Donizetti e Mercadante, fu sommerso da una quantità tale di commissioni da dover lavorare a più testi contemporaneamente, riducendosi spesso a ritardare le consegne, riciclare materiali precedenti o, talvolta, dare proprio forfait. Ciò lo portò a violenti conflitti sia con i compositori, tra cui Bellini e Donizetti, sia con gli impresari, tuttavia tali difficoltà non impedirono a Romani di creare in questo periodo alcuni tra i titoli fondamentali del repertorio lirico ottocentesco: Anna Bolena (Milano, 1830), La sonnambula (Milano, 1831), Norma (Milano, 1831), L’elisir d’amore (Milano, 1832), Beatrice di Tenda (Venezia, 1833), Parisina (Firenze, 1833), Lucrezia Borgia (Milano, 1833). Associata ai capolavori di Bellini e Donizetti, la fama di Romani si affermò così nei teatri di tutta Europa, dove tali opere furono riproposte anche grazie alle grandi interpretazioni di virtuosi come Giuditta Pasta e Giambattista Rubini.
La parabola artistica di Romani si concluse di fatto con questi lavori: nel 1834 egli accettò l’offerta del governo sabaudo di dirigere La gazzetta piemontese, quotidiano ufficiale del ministero degli esteri, un incarico che gli avrebbe garantito prestigio e sicurezza economica, ma non gli avrebbe più lasciato spazio per l’attività librettistica. Trasferitosi a Torino, per i successivi trent’anni Romani si concentrò sulla carriera di giornalista e di critico teatrale e letterario, nella quale si fece notare come convinto sostenitore delle stesse posizioni classicistiche che aveva già espresso tra il 1826 e il 1827 nelle furiose polemiche contro I Lombardi alla prima crociata e I promessi sposi. Negli ultimi decenni della sua vita Romani curò inoltre la promozione della propria produzione letteraria, pubblicando una raccolta di prose critiche e narrative, nonché delle antologie di componimenti lirici, mentre non portò mai a compimento il progetto di un’edizione dei melodrammi. Morì il 28 gennaio 1865 a Moneglia, dove il padre aveva avuto dei possedimenti.
Fondi archivistici contenenti manoscritti di Felice Romani:
- Emilia Branca, Felice Romani ed i piu riputati maestri di musica del suo tempo : Cenni biografici ed aneddotici. Torino, Loescher, 1882.
- Alessandro Roccatagliati, Felice Romani librettista. Lucca, LIM, 1996.
- Alessandro Roccatagliati, Sul cantiere dell'edizione critica della "Sonnambula". In Vincenzo Bellini nel secondo centenario della nascita, a cura di Graziella Seminara e Anna Tedesco, Firenze, Olschki, 2004, pp. 411-429.
- Paolo Russo, Medea in Corinto di Felice Romani. Storia, fonti e tradizioni. Firenze, Olschki, 2004.
- Alessandro Roccatagliati, Romani, Felice. In Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 88, 2017.
- Dizionario d'ogni mitologia e antichità incominciato da Girolamo Pozzoli sulle tracce del Dizionario della favola di Fr. Noel, continuato ed ampliato dal prof. Felice Romani e dal dr. Antonio Peracchi. Milano, Batelli e Fanfani, 1819-1827.
- Felice Romani, Sui primi cinque canti dei Lombardi alla prima crociata di Tommaso Grossi ragionamento di Don Libero professore d'umanità, tenuto a mente, e pubblicato da Don Sincero di lui discepolo. Milano, Felice Rusconi, 1826.
- Felice Romani, Critica al romanzo di Manzoni I promessi sposi. Piacenza, Tipografia G. Tedeschi, 1880.
- Felice Romani, Critica letteraria. Articoli raccolti e pubblicati a cura di sua moglie Emilia Branca. Milano, Sonzogno, 1883.
- Felice Romani. Melodrammi, poesie, documenti. A cura di Andrea Sommariva, Firenze, Olschki, 1996.
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