Noris, Matteo
2. Frontespizio del libretto di Penelope la casta (Venezia, 1685).
Matteo Noris fu un importante librettista veneto, autore di una quarantina di drammi per il teatro musicale: la sua attività si svolse quasi esclusivamente a Venezia tra la seconda metà del Seicento e i primi anni del Settecento, ma i suoi libretti raggiunsero i palcoscenici italiani ed europei conoscendo una buona ricezione anche postuma. Di lui non sono noti con esattezza né l’anno, né il luogo di nascita, ma si ipotizza che Noris sia venuto al mondo a Venezia attorno al 1640. Altrettanto ignoto è il suo lignaggio: alcuni autori lo riconducono a una facoltosa famiglia di commercianti, originaria di Bergamo ma attestata a Venezia almeno dalla seconda metà del Cinquecento, quando ai suoi membri fu conferito lo status di cittadini. Nel corso del Seicento le condizioni economiche della famiglia erano forse peggiorate, costringendo i suoi membri a trasferirsi fuori Venezia, poiché nei documenti d’archivio risalenti alla metà del secolo è registrata la presenza in città di soli tre Noris, nessuno dei quali era abbiente, né portava il nome Matteo. Poche sono dunque le notizie biografiche in nostro possesso, se si esula dalle testimonianze sulla sua attività di poeta teatrale ricavabili dai numerosi libretti a stampa a noi pervenuti. Sappiamo che Noris svolse mansioni di «scontro» (ossia di controllore) presso le «Razon nove», l’organo della magistratura della Serenissima che si occupava di riscuotere le imposte e di rivedere i registri contabili degli uffici a Rialto. Fu forse membro dell’Accademia Dodonea, fondata da Antonio Ottoboni, padre di Pietro Ottoboni, di cui fu membro anche il librettista Nicolò Beregan. È inoltre ipotizzabile una sua parentela con il cardinale Enrico Noris (1631-1704), teologo presso la corte di Cosimo III di Toscana e istruttore di Ferdinando de’ Medici: tale legame avrebbe probabilmente favorito i contatti tra Noris e la casata medicea, la quale costituì il suo unico committente al di fuori di Venezia.
Il debutto di Noris come librettista avvenne nel 1666 presso il Teatro S. Cassiano di Venezia, dove fu rappresentata La Zenobia su musica di Giovanni Antonio Boretti, un’opera che incontrò un’accoglienza decisamente negativa da parte del pubblico. Malgrado questo fiasco iniziale, nei decenni successivi Noris fu una presenza costante nei teatri veneziani, in particolare in quelli legati alla famiglia Grimani (SS. Giovanni e Paolo, S. Giovanni Grisostomo), ma non rinunciando a collaborare anche con altri palcoscenici cittadini (S. Salvatore, S. Angelo). In questi teatri i suoi libretti furono intonati dai compositori più rappresentativi dell’epoca, tra cui Giovanni Bononcini, Giovanni Legrenzi, Carlo Pallavicino, Carlo Francesco Pollarolo, Antonio Sartorio, Pietro Andrea Ziani. Nel 1688 fu incaricato di scrivere una festa teatrale per le nozze del principe Ferdinando di Toscana con Beatrice di Baviera (Il Greco in Troia, Teatro della Pergola); ne conseguirono ulteriori commissioni da parte del principe, per il cui teatro presso la villa di Pratolino Noris ideò l’Attilio Regolo (1963) e il Tito Manlio (1696). Ferdinando fu anche il dedicatario dell’ampio trattato L’animo eroe (Venezia, 1689), nel quale il librettista discuteva personaggi e vicende dell’antichità classica. Oltre a quelli per Firenze, l’unico altro lavoro di Noris creato appositamente per un teatro non veneziano fu il Marc’Antonio, rappresentato nel 1692 presso il Teatro del Falcone di Genova. Noris morì a Treviso il 6 ottobre 1714.
Malgrado una carriera svolta quasi interamente a Venezia, i drammi di Noris conobbero una buona diffusione nei teatri italiani ed europei già nel corso della sua vita, continuando a interessare i compositori anche per tutto il decennio successivo alla sua morte. Apparve infatti postumo L’inganno trionfante in amore, messo in scena al Teatro S. Angelo di Venezia nel 1725 con la musica di Antonio Vivaldi. Altri libretti, scritti originariamente per Venezia o Firenze, furono ripresi in ulteriori città anche a diversi anni di distanza dalla prima rappresentazione: Vivaldi propose un proprio Tito Manlio a Mantova nel 1719; L’odio e l’amore (Venezia, 1703) fu musicato da Bononcini nel 1721 per un allestimento presso il King’s Theatre di Londra; dal Flavio Cuniberto (Venezia, 1682) deriva il Flavio, re de’ Longobardi composto da Georg Friedrich Händel sempre per il King’s Theatre di Londra (1723).
I drammi di Noris denotano fin dagli esordi una spiccata predilizione per argomenti desunti dalla tradizione classica greca e romana, con un’attenzione per le fonti storiche che si accentua soprattutto a partire dagli anni ’90 del Seicento. Il ricorso a tali materiali, tuttavia, non si accompagnava a una volontà di rigore “filologico”, ma essi fungevano da base di partenza per la costruzione di intrecci d’invenzione. Ciò rispondeva a una posizione estetica consapevole, discussa da Noris anche a livello teorico, ossia alla convinzione che il drammaturgo avesse il diritto di rielaborare in piena libertà miti e fatti storici per realizzare un’azione efficace («la favola è il primo elemento della poesia: questa è del poeta, l’istoria dell’istorico»; Il Greco in Troia, premessa al lettore). Tematica ricorrente nei suoi libretti è quella del tiranno, sviluppata con una carattarizzazione che spesso sfocia nel comico. Ne Il demone amante (Venezia, 1685) portò invece in scena l’argomento allora scabroso della possessione diabolica, sollevando uno scandalo che per i successivi cinque anni lo costrinse a tenersi lontano dai teatri veneziani. In generale, i drammi di Noris sono caratterizzati dalla presenza di un elevato numero di personaggi, dai frequenti cambi di scena e dall’utilizzo di ambientazioni sontuose. L’attenzione per la realizzazione rappresentativa dei suoi testi e per una certa integrazione tra elemento scenico e azione è attestata dall’abbondanza delle didascalie e delle prescrizioni rivolte a compositori, interpreti, coreografi e scenografi. Tali espedienti erano messi in atto da Noris con piena consapevolezza teorica, come emerge dai numerosi cenni di poetica contenuti nei paratesti dei suoi libretti.
- Marco Rosa Salva, «Per introdur al solito l’esemplare novità». I drammi per musica di Matteo Noris. Università degli studi di Bologna, Tesi di laurea, A. A. 2004-05.
- Marco Rosa Salva, Funzione drammaturgica delle arie nei drammi per musica di Matteo Noris. «Musica e storia», XVI, 3 (dicembre 2008), pp. 549-554.
- Rudolf Bossard, «L'opéra du roy infant, qui a passé pour le plus beau...'». Annotazioni sul Re infante di Matteo Noris e Carlo Pallavicino, Venezia 1683. «Musica e Storia», XVII, 1 (aprile 2009), pp. 143-95.
- Nicola Badolato, Noris, Matteo. In: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 78, 2013.
- Nicola Badolato, «Una struttura lavorata a musaico d'insanie»: Bassiano, overo il maggior impossibile di Matteo Noris (1681) tra comedias e scenari. In: La comedia nueva e le scene italiane nel Seicento. Trame, drammaturgie, contesti a confronto, a cura di Fausta Antonucci e Anna Tedesco, Firenze, Olschki, 2016, pp. 223-236.
Libretti in cui Matteo Noris ha discusso questioni relative alla sua poetica:
- Numa Pompilio (Venezia, 1674): premessa al lettore, p. 10.
- Bassiano, overo Il maggior impossibile (Venezia, 1682): argomento, p. 9.
- Il demone amante, overo Giugurta (Venezia, 1686): premessa al lettore, pp. 9-10.
- Il Greco in Troia (Firenze, 1688): premessa al lettore [s. p.]
- L'odio e l'amor (Venezia, 1703): premessa al lettore [s. p.]
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