Beregan, Nicolò
1. Stemma della famiglia Beregan. Penna con inchiostro bruno acquarellato a colori, in: Valentino Dall'Acqua, Arme delle nobili famiglie che furono, e sono aggregate al consiglio della magnifica città di Vicenza, 1759, c. 6. Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana, ms. 2036.
2. Frontespizio del primo volume della Historia delle guerre d'Europa dalla comparsa dell'armi ottomane nell'Hungheria l'anno 1683, prima edizione. Venezia, 1698.
3. Antiporta figurata del libretto a stampa de Il Tito, prima edizione. Incisione su carta, Venezia, 1666.
Avvocato del foro di Venezia e noto erudito, Nicolò Beregan è stato un librettista poco prolifico, ma i suoi drammi per musica sono stati intonati da compositori di spicco della sua epoca (Antonio Cesti, Giovanni Legrenzi, Pietro Andrea Ziani) e hanno continuato a destare interesse nel secolo successivo presso musicisti del calibro di Tomaso Albinoni, Georg Friedrich Händel e Antonio Vivaldi. Inoltre, Il Tito si è trovato al centro di importanti studi musicologici fin dagli anni ’60 del Novecento, poiché la scoperta di documenti relativi alla sua genesi hanno permesso di indagare il sistema della committenza nel teatro veneziano della metà del Seicento.
Le conoscenze attuali riguardo alla biografia di Beregan sono ancora molto lacunose, a causa del numero relativamente ridotto delle fonti d’archivio rinvenute a tutt’oggi. Ampie parti della sua vita ci sono dunque ignote, a partire dalle incertezze esistenti riguardo alla sua stessa data di nascita: il giorno oscilla, a seconda dei casi, tra l’11 e il 21 febbraio, mentre per l’anno è stato proposto tanto il 1627 quanto il 1628. In base alle conoscenze attuali, tuttavia, l’ipotesi più plausibile è che Beregan sia nato a Vicenza l’11 febbraio e sia stato battezzato il 21, come riporta l’atto di battesimo, mentre l’anno sarebbe da leggersi more veneto, quindi corrisponderebbe al nostro 1628 (il calendario allora in vigore presso la Serenissima faceva infatti iniziare l’anno il 1 marzo). Beregan era il figlio primogenito di Alessandro e Faustina Chiericati, la quale apparteneva a una delle più illustri casate vicentine; il padre, invece, discendeva da una ricca famiglia di commercianti di seta, la cui fortuna risaliva agli ultimi decenni del Cinquecento. La scalata sociale dei Beregan giunse a coronamento nel 1649, quando Alessandro, assieme ai due fratelli Carlo e Giovanni Battista, ottenne per la famiglia il conferimento del titolo nobiliare, usufruendo dell’apertura delle aggregazioni al patriziato veneziano decretata in occasione della guerra di Candia (1645-1671).
Della formazione di Nicolò Beregan non si sa quasi nulla, se non che si svolse con ogni probabilità tra la natia Vicenza e Padova, sede universitaria tra le più prestigiose dell’epoca. Nel 1646, o più verosimilmente nel 1647, il re di Francia Luigi XIII lo nominò cavaliere dell’ordine di San Michele e l’anno successivo Beregan si sposò con Orsetta Garzadori, appartenente a un’illustre casata vicentina. Conseguito il titolo nobiliare, il fulcro della famiglia si spostò da Vicenza a Venezia, dove Beregan risiedette fino alla fine della sua esistenza con la sola eccezione di un breve periodo di esilio per cause penali. Nel 1657, infatti, fu bandito da Venezia e privato del titolo nobiliare in seguito a un’accusa di frode (e, secondo alcuni autori, di omicidio) ai danni di un mercante di Amburgo suo creditore. L’accusa, tuttavia, rientrò presto: a soli dieci mesi dalla condanna il bando fu rievocato, di conseguenza Beregan poté tornare a Venezia e nel 1660 rientrò in pieno possesso del titolo nobiliare.
Risale all’anno successivo il suo debutto come librettista, quando il «melodrama» L’Annibale in Capua, musicato da Ziani, fu messo in scena presso il Teatro di SS. Giovanni e Paolo. All’epoca Beregan era già un apprezzato autore di poesia lirica, un’attività che portò avanti per tutta la vita e che gli valse la stima di Apostolo Zeno. Gli altri cinque libretti di Beregan a noi noti uscirono nell’arcata di un ventennio, quasi tutti scritti per le scene veneziane: Il Tito (1666, musica di Cesti, Teatro di SS, Giovanni e Paolo); Il Genserico (1669, Cesti, SS. Giovanni e Paolo); L’Eraclio (1671, Ziani, SS. Giovanni e Paolo); Ottaviano Cesare Augusto (1682, Legrenzi, Teatro Ducale di Mantova); Il Giustino (1683, Legrenzi, S. Salvador). Alla produzione poetica, sia lirica che per il teatro, Beregan affiancò una durevole predilezione per lo studio erudito, la quale trovò espressione nelle due opere monumentali della Historia delle guerre d’Europa e della traduzione pressoché integrale di Claudiano. Entrambe le pubblicazioni conobbero una lunga recezione grazie alla densità contenutistica, alla ricchezza e attendibilità delle informazioni, alla prospettiva ampia e allo stesso tempo approfondita, qualità apprezzate dai lettori fino alla fine del Settecento. Beregan fu inoltre membro delle accademie dei Concordi di Ravenna, dei Gelati di Bologna e dei Dodonei di Venezia. A quest’ultima, fondata da Antonio Ottoboni, padre di Pietro, fu affiliato anche il librettista Matteo Noris (a Pietro Ottoboni, ormai divenuto cardinale e trasferitosi a Roma, Beregan dedicò la sua raccolta di Composizioni poetiche). L’Accademia Dodonea è verosimilmente da considerarsi l’antecedente dell’Accademia degli Animosi, fondata, tra gli altri, da Apostolo Zeno, la quale sarebbe diventata la colonia dell’Arcadia a Venezia. Dopo la morte di Beregan, avvenuta a Venezia il 17 dicembre 1713, Zeno gli dedicò un lungo e dettagliato necrologio sulle pagine del «Giornale de’ letterati d’Italia». Sebbene manchino ancora studi approfonditi a riguardo, è plausibile che Pietro Metastasio – forse grazie al tramite dello stesso Zeno – abbia conosciuto l’opera di Beregan, della quale sembra riecheggiare diversi passi.
I libretti di Beregan costituiscono un importante tassello delle nuove tendenze formali e contenutistiche in atto nel teatro musicale veneziano a partire dagli anni ’60 del Seicento. Essi riflettono una profonda conoscenza della cultura classica: tutti e sei di argomento storico, con una netta preferenza per l’ambientazione romana imperiale e bizantina, si distinguono per la solida padronanza delle fonti e per la densità dei riferimenti eruditi, i quali diventano un elemento imprescindibile e funzionale alla drammaturgia, veicolando spesso significati politici. Il grande spessore culturale dei contenuti si accompagna a scelte lessicali raffinate, con un ampio uso di termini di derivazione dotta o arcaica. Allo stesso tempo, Beregan fu sempre attento a garantire la piacevolezza dei propri drammi praticando la commistione dei registri, con inserti di personaggi e scene decisamente comici, e garantendo varietà ritmica ai versi tanto nei recitativi, quanto negli ariosi. Tali scelte contenutistiche ed estetiche, le quali trovarono applicazione in tutta la produzione di Beregan, non solo nei lavori per il teatro, furono esplicitamente teorizzate dall’autore nella premessa alla Historia delle guerre d’Europa.
- Apostolo Zeno, Novelle letterarie de' mesi di Aprile, Maggio e Giugno, MDCCXIV. «Giornale de' letterati d'Italia», XVIII (1714), pp. 454-494: il necrologio di Nicolò Beregan è alle pp. 482-485.
- Gianlorenzo Ferrarotto, Ascesa e declino di una nobile famiglia vicentina: i Beregan. Thiene, Industrie grafiche scledensi, 2008.
- Vassilis Vavoulis, «Nel theatro di tutta l'Europa»: Venetian-Hanoverian Patronage in 17th-Century Europe. Lucca, LIM, 2010.
- Giada Viviani, «La clemenza di Tito» e la fortuna di Beregan: sorti di un’opera e del suo librettista. In: Nicolò Beregan, Antonio Cesti, Il Tito, a cura di Giada Viviani, Milano, Ricordi (Drammaturgia Musicale Veneta), 2012, pp. IX-XXXII.
- Giada Viviani, Librettista di Cesti, Ziani e Legrenzi: ricerche su Nicolò Beregan. «Diagonali», III (2015), pp. 1-12.
- Nicolò Beregan, Historia delle guerre d'Europa dalla comparsa dell'armi ottomane nell'Hungheria l'anno 1683. Venezia, Bonifazio Ciera, 1698.
- Nicolò Beregan, Composizioni poetiche. Venezia, Alvise Pavino, 1702.
- Opere di Claudio Claudiano. Tradotte, e arricchite di erudite annotazioni da Niccola Beregani, Nobile Veneto. Venezia, Giovanni Gabriello Ertz,1716.
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