Donizetti, Gaetano

Data di nascita
29 novembre 1797
Data di morte
8 aprile 1848
Paese
Stile
Categoria
Biografia

Gaetano Donizetti nacque a Bergamo il 29 novembre 1797, quinto e penultimo figlio di Andrea, portiere del Monte dei pegni, e di Domenica Nava, entrambi di provenienza modesta. Assieme al fratello maggiore Giuseppe, che aveva ricevuto le prime nozioni musicali da uno zio, nell’aprile 1806 Donizetti fece domanda d’ammissione alle Lezioni Caritatevoli di Musica, una scuola gratuita per ragazzi privi di mezzi economici fondata quello stesso anno dal compositore bavarese Giovanni Simone Mayr, il quale dal 1802 aveva assunto la direzione della cappella musicale di S. Maria Maggiore. Scartato Giuseppe per motivi di età, Gaetano fu invece ammesso alle classi di canto e di clavicembalo e a partire dal 1809 iniziò ad esibirsi in vari saggi pubblici della scuola. Fu proprio Mayr a svolgere un ruolo determinante sia per la formazione artistico-culturale del giovane Donizetti, sia per la sua carriera musicale: intrapresa inizialmente l’attività di cantante d’opera, Gaetano dimostrò presto una forte propensione per la composizione, che Mayr favorì dapprima avvicinandolo ai salotti musicali bergamaschi, dove l’allievo ebbe modo di conoscere lavori di Haydn, Mozart, Beethoven, poi raccogliendo i fondi per consentirgli di continuare gli studi presso il rinomato Liceo Filarmonico di Bologna. Qui, dal 1815 al 1817, Donizetti si perfezionò in contrappunto e composizione sotto la guida dell’allora famoso Stanislao Mattei, avendo modo di cimentarsi con lavori orchestrali, vocali e da camera di un certo respiro, tra cui si annoverano alcune sinfonie, dei quartetti per archi e i primi tentativi di scrittura per il teatro musicale.

Tornato a Bergamo nel 1818, Donizetti continuò ad affinare la conoscenza del repertorio del classicismo viennese svolgendo attività esecutiva assieme a Mayr, un’esperienza che gli fu di giovamento per la composizione dei suoi quartetti per archi, sedici dei quali furono conclusi entro il 1821. La prima commissione operistica gli giunse in seguito al successo riscosso da alcuni brani vocali proposti al Teatro Sociale di Bergamo nella stagione del Carnevale 2018: il 14 novembre dello stesso anno Donizetti debuttò presso il Teatro S. Luca di Venezia con Enrico di Borgogna, un’«opera semiseria spettacolosa» che fu accolta dal pubblico in maniera positiva, facendo guadagnare all’autore un secondo incarico per il medesimo teatro. Nelle stagioni successive Donizetti lavorò in maniera discontinua per teatri di secondo piano a Mantova e Venezia, ricevendo sempre commissioni per generi operistici meno prestigiosi, ossia il semiserio e il buffo, e dedicandosi nel contempo anche alla composizione di musica sacra e strumentale. Grazie all’interessamento di Mayr, Donizetti ottenne finalmente un ingaggio di prestigio da parte del Teatro Argentina di Roma, dove il 22 gennaio 1822 debuttò con un buon cast il suo «melodramma eroico» Zoraida di Granata, il quale riscosse un tale successo da aprirgli le porte degli allora prestigiosissimi teatri napoletani.

Scritturato dal potente impresario Domenico Barbaja, il giovane compositore poté quindi farsi conoscere dall’ampio pubblico della capitale partenopea, il quale consacrò la sua definitiva affermazione sulla scena operistica italiana come autore originale e di efficace scrittura musicale, in particolare nei pezzi d’assieme, attento alla drammaturgia e alla caratterizzazione psicologica dei personaggi. Il 3 agosto dello stesso anno Donizetti giunse a Milano per firmare un contratto che lo impegnava a scrivere un’opera per la stagione autunnale del Teatro alla Scala: ciò gli offrì l’occasione di iniziare a collaborare con Felice Romani, all’epoca librettista tra i più richiesti della scena lirica italiana. Nei mesi successivi Donizetti si alternò tra Milano, Napoli e Roma lavorando alacramente a numerosi nuovi lavori che riscontrarono esiti diversi; il titolo di maggiore successo in questo periodo fu il «melodramma giocoso» L’aio nell’imbarazzo, scritto per la stagione di carnevale 1824 del Teatro Valle di Roma, il quale, accolto trionfalmente, sarebbe diventata una delle sue partiture più rappresentate. L’aumentare della notorietà portò a Donizetti la nomina a maestro di cappella presso il Teatro Carolino di Palermo, dove fu attivo dal marzo 1825 al marzo 1826 con il compito sia di scrivere nuove opere, sia di curare la produzione di lavori di altri autori. Lasciata la Sicilia, nel 1827 tornò a risiedere a Napoli per rimanervi fino al 1837: qui assunse la direzione dell’orchestra del Teatro Nuovo e, dal 1829, di quella dei Teatri Reali, mentre dal 1834 avrebbe insegnato composizione presso il prestigioso Conservatorio cittadino.

Pur impegnato in un’attività estremamente intensa presso i teatri partenopei, per i quali di contratto doveva scrivere diverse opere nuove all’anno, nel decennio della permanenza a Napoli Donizetti trovò il modo di collaborare anche con ulteriori centri operistici di primo piano, realizzando alcuni dei massimi capolavori del suo catalogo: ricordiamo, tra tutti, Anna Bolena (Milano, Teatro Carcano, 1831), L’Elisir d’amore (Milano, Teatro Canobbiana, 1832), Lucrezia Borgia (Milano, Teatro alla Scala, 1833), Maria Stuarda (proibita a Napoli nel 1834, rappresentata a Milano, Teatro alla Scala, 1835), Lucia di Lammermoor (Napoli, Teatro S. Carlo, 1835). Tali lavori portarono la fama del compositore nei maggiori teatri europei, per cui nel 1837 decise di lasciare Napoli per tentare la carriera a Parigi, colpito anche dalla morte della moglie e contrariato per la mancata nomina a direttore del Conservatorio partenopeo, nonché per il veto della censura borbonica alla rappresentazione del suo ultimo lavoro, la «tragedia lirica» Poliuto. Nella capitale francese Donizetti s’inserì velocemente nell’ambiente artistico e culturale della città, iniziando presto a collaborare con i teatri sia con nuovi progetti, sia con la ripresa o il rifacimento di opere già rappresentate altrove. Dopo la fredda accoglienza riservata nel febbraio 1840 a La fille du régiment, scritta per l’Opéra-Comique, nell’autunno successivo Lucia di Lammermoor fu invece riproposta con ottimi esiti al Théâtre-Italien; nel frattempo, in aprile dello stesso anno, un accurato rifacimento del Poliuto, al quale l’autore aveva lavorato un anno e mezzo avvalendosi, per il libretto, della collaborazione di Augustin-Eugène Scribe, era andato felicemente in scena all’Opéra sotto il nuovo titolo Les martyrs.

Tra riprese e opere composte appositamente per Parigi, numerosi furono i lavori di Donizetti rappresentati nella capitale francese tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta, in alcuni casi riscontrando grande successo, in altri suscitando polemiche da parte della critica o dell’ambiente musicale. Tra il 1841 e il 1842 il compositore affrontò un impegnativo viaggio in Italia, dove si spostò tra i vari centri della vita operistica per mettere in scena i propri lavori e per curare i rapporti con diverse istituzioni. Invitato presso la corte imperiale di Vienna per dirigervi lo Stabat mater di Gioachino Rossini, nel marzo 1842 Donizetti giunse in città e il 19 maggio debuttò al Kärtnertortheater, ossia il teatro imperiale di corte, con il «melodramma» Linda di Chamounix. L’accoglienza trionfale riservata all’opera fu tale da fargli ottenere la prestigiosissima nomina a maestro di cappella e di camera della corte asburgica, garantendogli un ottimo trattamento economico e la possibilità di avvalersi di lunghi periodi di congedo, condizioni che permisero a Donizetti di continuare a comporre anche per altri teatri. Iniziò così a dividersi tra Vienna e Parigi, dove rappresentò alcuni dei suoi ultimi capolavori, in particolare Don Pasquale e Dom Sébastien, rappresentati rispettivamente al Théâtre-Italien e all’Opéra nel gennaio e nel novembre del 1843. In questo periodo iniziano a manifestarsi i sintomi della malattia cerebrale che nell’estate 1845 avrebbe portato la salute di Donizetti al tracollo. Trovandosi a Parigi, nel febbraio del 1846 fu ricoverato nell’istituto per malati di mente di Ivry, dove rimase internato per quasi un anno e mezzo. Nel settembre del 1847, grazie all’intervento dell’ambasciata austriaca, gli fu consentito di tornare a Bergamo: qui, accolto nel palazzo della nobile famiglia Basoni, trascorse gli ultimi mesi di vita senza mai riacquistare le proprie facoltà mentali, morendo infine l’8 aprile 1848.

Bibliografia
  • Il teatro di Donizetti. Atti dei convegni delle celebrazioni, 1797/1997-1848/1998. Bergamo, Fondazione Donizetti, 2001-2006, 3 voll.
  • James P. Cassaro, Gaetano Donizetti: A Research and Information Guide. New York, Routledge, 20092.
  • Donizetti in scena: attualità del testo spettacolo. A cura di Federico Fornoni, Bergamo, FOndazione Donizetti, 2014.
  • Dizionario donizettiano. A cura di Francesco Cento, Lucca, LIM, 2016.
  • Donizetti padre di Verdi. «L'uom che brillerà». A cura di Livio Aragona e Federico Fornoni, Bergamo, Fondazione Donizetti, 2016.
Scritti
  • Guido Zavadini. Donizetti. Vita - Musiche - Epistolario. Bergamo, Istituto Italiano d'arti grafiche, 1948.
  • Contributo all'epistolario di Gaetano Donizetti. Lettere inedite o sparse. A cura di Guglielmo Barblan e Frank Walker, «Studi donizettiani», 1 (1962).
  • Caro Aniello. I carteggi donizettiani del Fondo Moscarino (1836-1847). A cura di Carlo Moscarino, Bergamo, Fondazione Donizetti, 2008.
  • Gaetano Donizetti, Lettere agli amici. A cura di Eugenio Checchi, Roma, NeoClassica, 2016.

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GVI

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Modificato
05/01/2019

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