Paxton, Steve

Immagini (Secondarie)
Didascalie

Steve Paxton, foto di Peggy Jarrell Kaplan. Fonte: levyarchive.bam.org

Data di nascita
21 gennaio 1939
Paese
Categoria
Biografia

Steve Paxton nasce a Phoenix, in Arizona, nel 1939. Dopo aver studiato ginnastica, arti marziali e modern dance, entra al Connecticut College, dove segue le lezioni di José Limón e Merce Cunningham. Nel 1959, trasferitosi a New York, inizia la sua carriera di danzatore nella José Limón Dance Company. Dal 1961 al 1964 danza nella compagnia di Cunningham e frequenta il corso di composizione coreografica di Robert Dunn.
Parallelamente è tra i membri fondatori del Judson Dance Theater, collettivo identificato come l’origine della post-modern dance, la cui sede è il Judson Memorial Church in Greenwich Village (Manhattan). Qui intraprende un percorso di ricerca che mette in discussione le convenzioni teatrali e che rivoluziona l’estetica della danza attraverso le modalità compositive dell’improvvisazione e della casualità. Influenzato da Robert Morris e da Robert Rauschenberg, per i quali la semplice collocazione in uno spazio teatrale o in una galleria d’arte trasforma un oggetto in un’opera d’arte, introduce nelle performance attività quotidiane che, senza essere elaborate sul piano coreografico e musicale, rivelano un proprio significato estetico. Queste azioni sono mangiare una pera e bere un bicchiere d’acqua in Proxy (1961), camminare da un lato all’altro della scena fermandosi e sedendosi in Satisfying Lover (1962), sorridere per cinque minuti in Smiling (1969).
Per dare rilievo alla concretezza del corpo in scena, Paxton ricorre alla manipolazione di oggetti comuni come le scarpe, la giacca, la camicia e i pantaloni in Flat (1964) oppure di oggetti stravaganti come la poltrona fatta di pasta dolce e glassa gialla in Jag ville gorna telefonera (1964). Dal 1963 utilizza elementi gonfiabili, tra i quali la stanza di dodici metri quadrati che lo stesso Paxton sgonfia con un aspiratore fino a trasformarla nel suo costume di scena in Music for Word Words (1963) oppure il tunnel di plastica a forma di S in Physical Things (1966).
Altre peculiarità del suo lavoro sono: l’introduzione nella performance di animali come i conigli di Title Lost Tokyo (1964) e il cane di Some Notes on Performance (1967); ambientazioni diverse dai teatri come il paesaggio della natura (le radure di una foresta in Afternoon, 1963) e lo spazio urbano (un circolo sportivo in The Deposits, 1965); il coinvolgimento attivo del pubblico (Audience Performance # 1, 1967; Audience Performance # 2, 1968). Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta la sua attività coreografica presenta una forte dimensione politica volta a denunciare l’atrocità della guerra. Emblematici sono Beautiful Lecture (1968) dove inserisce un documentario sul Biafra e Collaboration with Wintersoldier (1971) dove due performer guardano un film sul Vietnam sospesi a testa in giù.
Altre due performance emblematiche di questi anni sono: Somebody Else (1967), incentrata sulla rappresentazione del corpo nel cinema pornografico mediante un letto posto verticalmente che serve da schermo; Intravenous Lecture (1970) dove, ricorrendo a un linguaggio visivo di tipo medico, Paxton parla al pubblico delle sue passate esperienze con la censura mentre un dottore suo amico gli inserisce l’ago di una flebo, iniettando un liquido chiaro e prelevando del sangue.
Nel 1970 Paxton è tra i membri fondatori della Grand Union, collettivo che include coreografi del Judson Dance Theater e danzatori della Merce Cunningham Dance Company. Durante gli anni Settanta elabora la Contact Improvisation, un sistema di movimento basato sulla comunicazione attraverso il contatto fisico in sintonia con le leggi fisiche che regolano la gravità e l’inerzia. Attraverso il tatto, il peso e il contatto con il pavimento che agisce insieme ai danzatori come altro elemento, si sperimentano differenti modalità di appoggio e di sostegno in un flusso continuo di movimento che interessa tutto il corpo - ad eccezione delle mani - e mette in gioco la fiducia reciproca. Spettacoli di Contact Improvisation sono You Come, We’ll Show You What We Do (1975) e Free Lance Dance (1978).
Contemporaneamente si dedica all’insegnamento e prosegue la sua attività di coreografo e danzatore coreografando i solo Goldberg Variations (1986-1991) e Some English Suites (1991-2005) e collaborando con Trisha Brown (Falling Duet II, 1971; Line Up, 1976), Simone Forti (Temporary I, II, III – 222, 1982), la danzatrice Lisa Nelson (PA RT,1978; Night Stand; 2004) e il musicista David Moss (With David Moss, 1974). I suoi lavori sono stati presentati alla Modern Art, al Tanz im August di Berlino, Španski Borci Cultural Centre in Ljubljana, al Festival Internazionale di Danza Contemporanea di Venezia, al Baryshnikov Arts Center, al Tanzwerkstatt Europa di Monaco e alla Dia Art Foundation di New York. Nel 2014 al museo Dia:Beacon è stata presentata una retrospettiva dei suoi lavori dal 1964 al 2010.
Nel 2019 la regista italiana Fabiana Sargentini, figlia del direttore della Galleria d’Arte l’Attico, gli dedica Looking for Steve Paxton, documentario che ricostruisce con filmati storici la presenza del coreografo a Roma.
Nell’arco della sua carriera riceve premi e riconoscimenti, quali Grants to Artists Award (1994), John Simon Guggenheim Memorial Foundation Fellowship (1995), New York Dance and Performance “Bessie” Award (1999), il Leone d’Oro alla carriera (2014).
Steve Paxton è stato tra i principali coreografi della post-modern dance. Partecipe di quella collettività giovanile anti-establishment che ha cercato un’alternativa culturale e artistica alle convenzioni dell’epoca, ha assorbito gli stimoli delle neoavanguardie e li ha rielaborati proponendo una nuova estetica e una nuova concezione della danza. Il suo più importante apporto è rappresentato dall’elaborazione della Contact Improvisation che ha ampliato il vocabolario della danza fino a diventare una delle più importanti tecniche per la formazione contemporanea. La sua pratica, oltre a sviluppare nel danzatore una maggiore autoconsapevolezza e capacità di percezione dell’altro, migliora le capacità d’improvvisazione e ha una positiva ricaduta anche ai fini della DanceAbility.

Risorse web

Steve Paxton – Foundation for Contemporary Arts

Steve Paxton Improvisation Project

Contact Quarterly

Material for the Spine – A movement study

Incontro con Steve Paxton - Biennale Danza (2014)

Steve Paxton Talking Dance – Walker Art Center

Bibliografia

Sally Banes, Tersicore in scarpe da tennis. La postmodern dance, a cura di Eugenia Casini Ropa, traduzione di Manuela Collina (tit. orig.: Terpsichore in Sneakers: Post-Modern Dance), Macerata, Ephemeria Editrice, 1993.

Sally Banes, Paxton, Steve, International Encyclopedia of Dance, a cura di Selma Jeanne Cohen, Oxford University Press, New York, Oxford, 1998.

Sally Banes, Before, Between, and Beyond: Three Decades of Dance Writing, Madison, University of Wisconsin Press, 2007.

Romain Bigé, Contact Improvisation. Une bibliographie franco-américaine, «Danza e Ricerca», n. 8, dicembre 2016.

Cynthia Novack, Contact improvisation. Storia e tecnica di una danza contemporanea, a c. di Francesca Falcone e Patrizia Veroli, Roma, Audino Editore, 2018.

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SMO

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Modificato
04/04/2020

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