Generali, Pietro

Immagini (Secondarie)
Didascalie

Frontespizio del libretto di Pamela nubile, farsa per musica di Gaetano Rossi e Pietro Generali, Venezia, Teatro San Benedetto, 1804 (Casali)

Data di nascita
23 ottobre 1773
Data di morte
3 novembre 1832
Paese
Epoca
Categoria
Biografia

Pietro Generali nacque il 23 ottobre 1773 a Masserano, un piccolo borgo vicino a Biella. Non si dispone di notizie riguardanti la sua famiglia, il cui cognome era originariamente Mercandetti, poi cambiato forse dal padre di Pietro entro la fine degli anni Settanta, in seguito al trasferimento della famiglia a Roma. Nell’Urbe Generali avviò la propria formazione musicale, studiando con G. Masi, maestro di cappella a San Giacomo degli Spagnuoli e "laureandosi" presso la Congregazione di Santa Cecilia. Negli anni di apprendistato del musicista rientrò anche una frequentazione di qualche mese del conservatorio napoletano di San Pietro a Majella, esperienza che tuttavia, a suo dire, non influì in maniera decisiva sulla sua formazione.

            Dopo essersi dedicato quasi esclusivamente al genere sacro, Generali diede avvio alla sua lunga carriera teatrale: il suo debutto nel panorama melodrammatico italiano risale al 1800, anno in cui andarono in scena al Teatro Pace di Roma gli intermezzi di Giovan Battista Lorenzi dal titolo Gli amanti ridicoli. Questo fu il primo di una serie di lavori che Generali compose per lo stesso Teatro Pace e per il Teatro di Bologna fino al 1802. Nell’aprile 1804, spostatosi a Venezia, egli firmò per il Teatro San Benedetto Pamela nubile, una farsa (cioè una breve opera in un atto) su libretto di Gaetano Rossi. Il soggetto proveniva dal noto romanzo di Samuel Richardson Pamela (1740), la cui più famosa trasposizione operistica era stata La Cecchina o sia la buona figliola di Goldoni-Piccinni (1760). Pamela fu la prima opera di genere semiserio che Generali licenziò per un teatro veneziano, cui ne fecero seguito altre prodotte per il Teatro di San Moisè, grazie alle quali il compositore acquisì una certa fama: tra di esse, Le lagrime d’una vedova di Giuseppe Maria Foppa (1809) e soprattutto Adelina di Gaetano Rossi (1810), il cui successo fu tale che l’opera venne esportata in varie città italiane ed europee fino alla seconda metà degli anni Venti del XIX secolo (fatto all’epoca piuttosto raro per una farsa).

            Tra il 1810 e il 1812, Generali lavorò intensamente e i suoi lavori vennero sempre accompagnati da buone, se non ottime accoglienze: è il caso, ad esempio delle opere in due atti La vedova delirante su libretto di Jacopo Ferretti (Roma, Teatro Valle, 1811) e La vedova stravagante, su libretto di Luigi Romanelli (Milano, Teatro alla Scala, 1812), pure inscrivibili nel genere semiserio, che Generali frequentò lungo tutta la sua carriera. Molto meno numerosi furono i titoli seri usciti a sua firma, che tuttavia, almeno in qualche caso ebbero un buon incontro. È il caso dei Baccanali di Roma su libretto di Gaetano Rossi, rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia nel 1816 e rimasta nelle programmazioni di vari teatri italiani ed europei fino agli anni Trenta.

            Alla metà degli anni Dieci, Generali era uno dei compositori più affermati e ricercati d’Italia. Tuttavia, la sua carriera e i suoi meriti vennero posti in ombra dalla vertiginosa ascesa di Gioachino Rossini, che verso la metà del decennio divenne protagonista della scena musicale italiana. Forse per ricavarsi una propria zona d’azione al riparo dallo strapotere rossiniano, Generali si trasferì a Barcellona nel 1817, dove divenne direttore del locale teatro de la Santa Creu. A Barcellona Generali rimase, sebbene non continuativamente, per circa tre anni, e in quella città egli compose l’opera seria Gusmano de Valhor su libretto di Antonio Peracchi (1817).  Nel 1819 si recò a Parigi, dove alcune sue opere vennero rappresentate al Théâtre Italien e dove si ritiene abbia iniziato a scrivere due titoli mai portati a termine per lo stesso Italien e per il Théâtre Feydeau. Nel 1820, Generali rientrò in Italia e si stabilì a Napoli, città che Rossini aveva lasciato proprio in quel periodo, dopo esservi rimasto per cinque anni. Oltre ad alcune opere di carattere encomiastico per i reali partenopei, nella capitale borbonica, Generali compose alcuni titoli per il teatro: il melodramma eroicomico Chiara di Rosembergh (Nuovo, 1820), i drammi per musica Elena e Olfredo (San Carlo, 1821) e La testa maravigliosa (Nuovo, 1821), il melodramma semiserio Le nozze fra nemici (Nuovo, 1823) tutti su testi di Andrea Leone Tottola; i drammi per musica La sposa indiana e Argene e Alsindo (San Carlo, 1822) con versi di Giovanni Schmidt. Durante la permanenza a Napoli, egli si dedicò anche all’insegnamento, avviando alla carriera il compositore Luigi Ricci, che avrebbe avuto un certo successo nel corso del secolo.

            Nel 1823 Generali venne nominato direttore del Teatro Carolino di Palermo, ma nel 1825 cedette la carica a Gaetano Donizetti, forse per via di alcuni problemi di salute. Nel 1826 riacquistò il ruolo, ma venne scoperto essere maestro venerabile di una loggia massonica e pertanto fu espulso dal Regno delle Due Sicilie. Trasferitosi a Novara nel 1827, egli venne nominato maestro di cappella della locale cattedrale, ruolo che avrebbe mantenuto fino alla morte occorsa a Novara nel 1832, e si dedicò soprattutto alla produzione di musica sacra e all’insegnamento. Ciononostante, in quelli che furono i suoi ultimi anni di attività, Generali firmò alcuni titoli drammatici, tra cui il dramma sacro per musica attribuito a Giuseppe Maria Foppa e Francesco Gnecco Jefte (Firenze, Pergola, 1827), che ebbe una certa diffusione, il dramma per musica di Paolo Pola Francesca da Rimini (Venezia, Fenice, 1829), l’opera seria di Felice Romani Il romito di Provenza (Milano, Scala, 1831), il melodramma di Gaetano Rossi Beniowski, ossia Gli esiliati in Siberia (Venezia, Fenice, 1831).

            Pietro Generali venne molto apprezzato all’inizio della sua carriera: in quell’epoca ne venivano lodate particolarmente l’audacia armonica e l’attitudine alla sperimentazione formale. Tuttavia, con la progressiva ascesa di Rossini, il portato di novità del suo stile andò progressivamente ridimensionandosi nell’opinione dei più, fino a spingere diversi commentatori verso la fine degli anni Dieci a ritenerlo uno dei tanti epigoni del Pesarese. A tale declino, va ad aggiungersi anche la più volte rilevata trascuratezza del suo modo di lavorare che tacciò gli ultimi titoli a sua firma e che mise spesso in difficoltà impresari e interpreti. Ciononostante, è indubbio che la figura di Generali, in larga parte ancora da indagare, rivestì una certa importanza nella vita musicale italiana di inizio secolo.

Risorse web

 

 

 

Bibliografia

Teresa Chirico, Generali, Pietro, ad vocem in DBI, vol. LIII, 2000

Contributi alla biografia di Pietro Generali, a cura di Alberto Galazzo, Biella, Associazione Pietro Generali, 1981

Alberto Galazzo, Pietro Mercandetti Generali: tra i barbassori e gli azzimati, Magnano, Musica antica a Magnano, 2009

Andrea Lanza, Generali Pietro, ad vocem in The New Grove Dictionary of Music and Musician, edited by Stanley Sadie, London, Macmillian Press Limited, 2001, vol. 9, pp. 649-650.

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EDC

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Modificato
18/11/2022

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