Mazzolà, Caterino

Immagini (Secondarie)
Didascalia immagini

1. Ritratto di Caterino Mazzolà. Da Maria Calzavara Mazzolà, Memorie domestiche dei Mazzolà cittadini veneti e muranesi, Roma, Farri, 1964.

2. Frontespizio del libretto de La Clemenza di Tito. Prima edizione a stampa, Praga, de Schönfeld, 1791. Berlino, Staatsbibliothek zu Berlin - Preußischer Kulturbesitz, Mus. Tm 1121-1.

3. Palazzo Mazzolà a Longarone (BL), ora sede del Municipio.

Data di nascita
18 gennaio 1745
Data di morte
16 luglio 1806
Paese
Epoca
Stile
Categoria
Biografia

Caterino Tommaso Mazzolà nacque a Longarone, attualmente in provincia di Belluno, il 18 gennaio 1745, secondogenito di Domenico e Francesca Pellizzaroli. Il padre apparteneva a un’antica e ricca famiglia di vetrai di Murano, a Venezia; nel 1741 si era trasferito a Longarone per supervisionare la produzione del legname necessario alle fornaci e lì si era sposato con la figlia di un ricco commerciante di legname. Il palazzo di famiglia, fatto costruire da Domenico, attualmente è la sede del municipio di Longarone. Dopo la prima formazione ricevuta in casa da istitutori privati, Caterino affrontò solidi studi classici dapprima presso i gesuiti a Venezia, poi a Treviso, dai padri somaschi: in quest’ultima sede conseguì gli ordini minori e, al termine degli studi, ossia tra il 1767-68, ricevette il titolo di abate. Tornato a Venezia, dove nel frattempo si era ritrasferita anche la sua famiglia, Mazzolà si inserì velocemente nell’ambiente letterario cittadino, stringendo buoni rapporti con diversi importanti esponenti della cultura dell’epoca. In particolare, grazie alla frequentazione di alcuni vivaci salotti letterari ospitati da artistocratici veneziani, nel 1774 fece conoscenza con Giacomo Casanova e, tre anni dopo, con Lorenzo Da Ponte.

Il debutto di Mazzolà come librettista avvenne nel 1769 con il dramma per musica Ruggiero, di stampo metastasiano, tratto dall’Ariosto e messo in musica da Pietro Alessandro Guglielmi, il quale all’epoca era un compositore già affermato. Dedito ad altre pubblicazioni, in particolare alla traduzione dal francese dell’opera drammatica di Voltaire, per il secondo libretto Mazzolà si fece attendere fino al 1774, quando presso il Teatro San Samuele fu rappresentato il suo dramma giocoso Il tutore ingannato. Seguì un periodo di stasi creativa, durante il quale scrisse solo un poemetto e un’orazione celebrativa, ma a partire dal carnevale del 1778 Mazzolà iniziò a svolgere l’attività di librettista in maniera continuativa, lanciato dal successo riscosso presso il Teatro San Moisè dal suo dramma giocoso Il marito indolente. Fu però con il lavoro successivo, La scuola de’ gelosi, che Mazzolà raggiunse notorietà a livello europeo: rappresentato la prima volta presso il Teatro di San Moisè nel carnevale 1779 con la musica di Antonio Salieri, per un decennio questo dramma giocoso conobbe un’ampia diffusione internazionale, sia in italiano che in traduzione, raggiungendo una cinquantina di riprese.

Nel giugno successivo la collaborazione a Padova con il compositore tedesco Joseph Schuster, maestro di cappella dell’elettore di Sassonia Federico Augusto III, gli procurò l’ingaggio a Dresda come poeta presso i teatri di corte, incarico che ricoprì dal 1780 al 1796. Nei primi sei mesi di questa nuova attività Mazzolà fu in parte aiutato da Da Ponte, il quale, incontratolo a Gorizia in una sosta durante il viaggio verso Dresda, l’aveva subito raggiunto, fornendoci una interessante testimonianza delle condizioni e modalità di lavoro del collega bellunese. Da Ponte lasciò la corte di Federico Augusto III nell’autunno del 1781, diretto a Vienna con una lettera di presentazione di Mazzolà per Salieri; sempre a Dresda, a partire dal 1783 Mazzolà ebbe modo di rivedere diverse volte anche Casanova, con il quale intrattenne per diversi anni un ricco carteggio denso di riflessioni letterarie e teatrali. Nel quindicennio di attività presso la corte sassone, Mazzolà produsse quattordici nuovi drammi di genere semiserio e giocoso, nonché rielaborò i precedenti lavori scritti per i teatri veneziani in maniera da riproporli sia con nuove intonazioni musicali, sia riprendendo le partiture dei primi allestimenti. Tra tutti, menzioniamo in particolare il dramma giocoso Il turco in Italia, rappresentato per la prima volta nel 1788 con la musica del maestro di cappella Franz Seydelmann: ripreso a Vienna l’anno successivo, nel 1814 il libretto sarebbe stato riadattato da Felice Romani per la nuova messa in musica di Gioachino Rossini, giungendo in questa forma nelle odierne programmazioni dei teatri.

L’attività a Dresda conobbe una parentesi da maggio a luglio 1791, quando Mazzolà, in seguito al licenziamento di Da Ponte dall’incarico di poeta cesareo, ricoprì temporaneamente il ruolo fino alla nomina di Giovanni Bertati. In questi mesi curò il riadattamento del libretto metastasiano La clemenza di Tito per la nuova messa in musica di Wofgang Amadeus Mozart, che avrebbe debuttato a Praga nel settembre dello stesso anno: è prevalentemente a questo lavoro, il quale assieme a Die Zauberflöte costituì l’ultima fatica teatrale di Mozart, che Mazzolà deve la sua fama presso il pubblico dei giorni nostri. Al ritorno a Dresda, Mazzolà fu nominato consigliere di corte e continuò a prestare servizio come librettista fino al 1796, quando, ricevuto l’invito di tornare a scrivere per i teatri veneziani, rientrò in Italia, conservando il titolo di «poeta di S. A. S. E. di Sassonia» con l’obbligo di fornire i teatri di Dresda di almeno un nuovo dramma all’anno. Sabilitosi nel sestiere di Cannaregio, Mazzolà produsse ancora tre farse per musica destinate al teatro di S. Benedetto di Venezia e al Filarmonico di Verona, nonché compose poesie e cantate di circostanza per eventi pubblici e privati. Morì a Venezia il 16 luglio 1806.

Rinomato soprattutto per i drammi di genere comico, Mazzolà fu un autore colto e complesso, interessato anche all’approfondimento di questioni teoriche sia teatrali che letterarie. I suoi libretti, ben differenziati per contenuto e strategie drammaturgiche, erano apprezzati da diverse fasce di spettatori, poiché oltre ai lazzi e agli effetti buffi più immediati giocavano con raffinatezze di versificazione, rimandi intertestuali e giochi parodistici che potevano essere apprezzati solo da un pubblico colto. Caratterizzati da intrecci ben costruiti e da un’ottima qualità linguistica, i libretti di Mazzolà introducono spesso il filone sentimentale (o larmoyant) tipico dell’opera semiseria di quegli anni, mentre nei drammi concepiti per Dresda emergono anche tematiche esoteriche legate alla massoneria.

Bibliografia
  • John A. Rice, W. A. Mozart: La clemenza di Tito. Cambridge, Cambridge University Press, 1991.
  • Fabio Sartorelli, 'Un'opera buffa nuovissima' al Teatro Ducale di Varese: Il libretto ritrovato di un dramma giocoso di Antonio Salieri. «Nuova Rivista Musicale Italiana», 31, 1-4 (gennaio-dicembre 1997), pp. 152-164.
  • Emanuele Senici, La clemenza di Tito di Mozart: I primi trent'anni (1791-1821). Turnhout, Brepols, 1997.
  • Sergio Durante, The Chronology of Mozart's La clemenza di Tito Reconsidered. «Music & Letters», 80, 4 (1999), pp. 560-594.
  • John A. Rice, Problems of Genre and Gender in Mozart’s Scena Misero! O sogno, o son desto?, K.431. In: Mozart-Jahrbuch (2000), a cura di Konrad Küster ed Elisabeth Föhrenbach, Kassel, Bärenreiter, 2002, pp. 73-89.

Libretti

Opere

Interpretazioni e altri documenti

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GVI

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Modificato
05/01/2019

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