Dallapiccola, Luigi
Luigi Dallapiccola nacque a Pisino d’Istria il 3 febbraio 1904 da Pio Dallapiccola, professore di latino e greco presso il locale ginnasio-liceo di lingua italiana, e Domitilla Alberti. All’età di sette anni fu avviato agli studi musicali che, dopo il periodo di confino in Austria tra il marzo 1917 e il novembre 1918, proseguì a Trieste con Alice Andrich Florio per pianoforte e con Antonio Illersberg per armonia. A Graz ebbe modo di arricchire la propria conoscenza musicale recandosi abitualmente al Teatro dell’Opera locale dove conobbe approfonditamente Mozart, Beethoven, Verdi e Wagner. In particolare, dopo la rappresentazione di Der fliegende Holländer del 18 maggio 1917, Dallapiccola – tredicenne - maturò la consapevolezza della sua vocazione di musicista. Nello stesso periodo in cui, durante un viaggio a Bologna, scoprì Debussy, Illersberg fece crescere in lui l’entusiasmo per la musica antica italiana, in particolare per Monteverdi e Gesualdo da Venosa. Ottenuta la licenza liceale, nel 1922 Dallapiccola si trasferì a Firenze per continuare gli studi presso il Conservatorio “Luigi Cherubini”, attratto anche dalla vivacità culturale della città. Qui studiò pianoforte con Ernesto Consolo e composizione con Roberto Casiraghi, Corrado Barbieri e Vito Frazzi, tutti formati alla scuola di Ildebrando Pizzetti. Un’esperienza cruciale per l’orientamento stilistico di Dallapiccola fu assistere all’esecuzione del Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg diretto dall’autore stesso il 1° aprile 1924 nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. Nella primavera del 1931 Dallapiccola incontrò per la prima volta Laura Coen Luzzatto, sua futura moglie dal 1938 e per il resto della vita, che contribuì significativamente alla creatività artistica del maestro.
La maggior parte dei lavori di Dallapiccola precedenti il 1930, nonostante siano assai lontani dalla dodecafonia e riflettano varie influenze, rivelano già l’emergere di una personalità originale caratterizzata, da un lato, dall’interesse per l’organizzazione contrappuntistica e, dall’altro, da una particolare tensione spirituale. Le opere composte entro il 1936 sono quasi tutte diatoniche e impostate consapevolmente su uno stile arcaicizzante, in accordo con la tradizione neo-madrigalistica primonovecentesca promossa dalla “Generazione dell’80”. La prima serie dei Cori di Michelangelo Buonarroti il giovane (1932-‘33) rappresenta il più importante saggio di quello stile. All’arcaismo Dallapiccola giustappone un diatonismo intriso di cromatismo, segno del fatto che stava percorrendo più direzioni nello stesso momento per trovare il proprio stile maturo. Le inevitabili vicende belliche segnano il passaggio dal periodo giovanile a quello della prima maturità nel quale gli elementi cromatici e quelli diatonici si saldano insieme. Nelle Tre Laudi (1936-‘37) Dallapiccola inserisce la prima linea melodica dodecafonica - con il suo retrogrado - dando così inizio alla “traversata dodecafonica” che non lascerà più molto spazio alla spensieratezza, ma dovranno ancora passare degli anni perché l’Autore cominci a utilizzare la serialità in maniera sistematica. Alla fine degli anni Trenta l’attività artistica di Dallapiccola iniziò ad avere la sua risonanza anche fuori Italia. Nel 1937 durante un viaggio a Parigi incontra lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry al quale espone il progetto di Volo di notte, la cui prima rappresentazione avverrà al Teatro della Pergola nel maggio 1940. In questo primo lavoro teatrale Dallapiccola riadattò la musica delle Tre Laudi ad un nuovo testo nel segno di una continuità delle due linee che segnarono il suo cammino: la ricerca spirituale intrecciata a quella dodecafonica. A partire dagli anni Quaranta si affermarono alcune delle opere più significative della produzione di Dallapiccola come Canti di prigionia (1938-‘41) – tra i primi esempi di “protest music” - nati come impulso di protesta alle leggi razziali promulgate nel 1938 dalle quali Dallapiccola si sentì personalmente colpito dato che la moglie era ebrea. Qui le uniche note veramente sostenute sono quelle delle voci quali metafora di un’umanità che si aggrappa alla vita in mezzo a forze distruttive. Prosegue un modus operandi in cui la modalità, qui espressa dall’antico e suggestivo canto del dies irae, si coniuga a un linguaggio dodecafonico confinato per lo più nelle parti turbolenti e intense del brano. Gli anni della guerra non interruppero l’attività concertistica condotta con il violinista Sandro Materassi e al ritorno da una tournée a Vienna Dallapiccola ebbe modo di incontrare Anton Webern, al quale dedicherà il ciclo Sex Carmina Alcaei dalle Liriche greche del 1943, la prima opera realizzata completamente con la tecnica dodecafonica. La struttura del dramma teatrale de Il prigioniero (composto tra il 1943 e il 1948 e rappresentato, con notevole successo di pubblico, al Teatro Comunale di Firenze nel 1950) si richiama in alcuni suggerimenti formali all’esperienza dell’espressionismo quale si rispecchia nel Wozzeck di Alban Berg ma ha legami profondi sia con il polifonismo rinascimentale che con il melodramma dell’Ottocento, in particolare con quello di Verdi. Entrambe le opere legate al tema della prigionia e della libertà dimostrano l’autonomia di Dallapiccola nel fare propri gli insegnamenti della Scuola di Vienna avendoli filtrati attraverso un profondo umanesimo cristiano. Nel 1939 gli fu affidata per chiara fama la cattedra di composizione al Cherubini e tra il 1945 e il 1947 strinse una collaborazione come critico musicale per le pagine del Mondo. Nel corso degli anni Cinquanta Dallapiccola procedette a un marcato raffinamento della propria tecnica seriale, rendendo il ritmo più flessibile, le linee vocali più spigolose e organizzando con più complessità le tessiture. La sacra rappresentazione Job (1950), una delle fatiche di questo periodo, è un ampio lavoro impostato sistematicamente su una unica serie dodecafonica. A causa della mancata accoglienza del suo stile, Dallapiccola andò a diminuire l’impegno in Italia e consolidò quello all’estero dove ebbero luogo tutte i debutti delle sue successive opere e, soprattutto in America, ebbe frequenti soggiorni a scopi didattici. Da ogni parte del mondo arrivarono numerosi premi e riconoscimenti onorifici. Gli anni Sessanta furono occupati dall’Ulisse (1968), soggetto emblematico che accompagnò Dallapiccola fin dall’infanzia; tra le ultime partiture importanti si trovano Sicut umbradel 1970 e Tempus destruendi/Tempus aedificandi del 1972 che sembrò preludere all’evento funesto che sarebbe avvenuto tre anni dopo quando Dallapiccola fu colpito da un fatale edema polmonare.
Luigi Dallapiccola, compositore, pianista, direttore d’orchestra, drammaturgo, conferenziere, giornalista, traduttore, è considerato uno dei padri della musica e della cultura del Novecento. Il suo contributo risiede nell’aver condotto la musica italiana del secondo Novecento nel cuore dell’Europa attraverso il suo personale itinerario dodecafonico, con approdi particolarmente significativi nell’opera vocale.
Bianca Maria Antolini, voce Dallapiccola, Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani.
Mila De Santis, a cura di, Dallapiccola. Letture e prospettive. Una monografia a più voci, Lucca, Libreria Musicale Italiana Editrice, 1997.
Fiamma Nicolodi, Luigi Dallapiccola nel suo secolo, atti del Convegno internazionale (Firenze, 10-12 dicembre 2004), Firenze, Olschki Editore, 2007.
Mario Ruffini, Luigi Dallapiccola e le Arti figurative, Venezia, Marisilio, 2016.
Mario Ruffini, L’opera di Luigi Dallapiccola. Catalogo Ragionato, Milano, Edizioni Suvini Zerboni, 2002.
Fiamma Nicolodi, a cura di, Parole e musica, Milano, Il Saggiatore, 1980.
Fiamma Nicolodi, a cura di, Luigi Dallapiccola. Saggi, testimonianze, carteggio, biografia e bibliografia, Milano, Edizioni Suvini Zerboni, 1975.
Luigi Dallapiccola, Appunti Incontri Meditazioni, Milano, Edizioni Suvini Zerboni, 1970.
Libretti
Opere
Interpretazioni e altri documenti
Opere danza
Licenza
Licensed under Creative Commons Attribution Noncommercial Share-Alike 3.0
Condividi:
Condividi: