Lablache, Luigi
Luigi Lablache nacque il 6 dicembre 1794 a Napoli da madre irlandese e padre francese, di cui rimase orfano nel 1799, all’età di cinque anni. Grazie alla principessa di Avellino, nella cui casa venne allevato dopo la morte del padre, il giovane riuscì ad entrare nel 1806 nel Conservatorio della Pietà dei Turchini, dove intraprese lo studio del violino, del contrabbasso e solo successivamente quello del canto, con Stefano Valente. Il suo debutto avvenne nel 1809 nel teatrino del conservatorio (nel frattempo trasferitosi nell’ex monastero di San Sebastiano), nell’opera La contadina bizzarra di Giuseppe Castignace. Qualche tempo dopo venne espulso dal conservatorio per essere andato a suonare il contrabbasso a Salerno senza permesso. Nel 1814, dopo aver cantato per qualche tempo nel teatrino dei pupi, Lablache venne scritturato presso il Teatro San Carlino di Napoli per interpretare ruoli in napoletano. Qui si produsse in opere di Luigi Mosca, Domenico Cimarosa e Valentino Fioravanti. Tra il 1815 e il 1821 fu presenza fissa al Teatro Carolino di Palermo, dove cantò in lavori di Fioravanti, Stefano Pavesi e Gioachino Rossini, prima di essere scritturato dal Teatro alla Scala, dove debuttò cantando il ruolo di Dandini nella Cenerentola di Ferretti-Rossini. Il suo maggior successo scaligero fu dovuto però all’interpretazione di Arnoldo nella fortunata Elisa e Claudio di Romanelli-Mercadante (ottobre 1821), che il compositore aveva scritto apposta per lui. A Milano si rese interprete anche della prima esecuzione assoluta dell’Esule di Granata di Romani-Meyerbeer (12 marzo 1822) e fino al 1823 calcò i principali palcoscenici di Roma, Torino e Venezia. Proprio in quell’anno, l’artista venne scritturato dall’impresario Domenico Barbaja presso il prestigioso Teatro di Porta Carinzia di Vienna, dove debuttò nei panni del protagonista eponimo di Abufar, ossia la famiglia araba di Romani-Carafa e dove cantò, fino al 1825, in melodrammi sia comici che seri di Domenico Cimarosa, Ferdinando Paer, Gaetano Donizetti, Gioachino Rossini e Saverio Mercadante. Nel 1823, Lablache tornò a Napoli e cantò, tra gli altri, il ruolo di Assur nella Semiramide di Rossi-Rossini allestita al Teatro San Carlo nella stagione di Carnevale. L’interpretazione di un personaggio abietto, cui nell’opera è riservata una lunga e complessa scena di follia, gli valse ammirazione universale per il talento drammatico che sfoderò. Sempre al San Carlo, tra il 1826 e il 1829, creò numerosi ruoli di opere fortunate: tra gli altri, Filippo in Bianca e Gernando di Gilardoni-Bellini, Murena nell’Esule di Roma e Zarete nel Paria, entrambi di Gilardoni-Donizetti, Sallustio nell’Ultimo giorno di Pompei, Anfione nella Niobe, entrambi di Tottola-Pacini e Noè nel Diluvio universale di Gilardoni-Donizetti.
Nel 1830 debuttò al Théâtre Italien di Parigi cantando Geronimo nel Matrimonio segreto di Bertati-Cimarosa – uno dei suoi cavalli di battaglia – e Leporello nel Don Giovanni di Da Ponte-Mozart. Nella capitale francese Lablache continuò a cantare regolarmente per molti anni, inanellando una serie di successi straordinari, sia in ruoli di repertorio, tra cui quelli di Elmiro nell’Otello di Berio di Salsa-Rossini e ancora Assur nella Semiramide, sia in parti inedite. Insieme al soprano Giulia Grisi, al tenore Giovanni Battista Rubini e al baritono Antonio Tamburini, l’artista creò infatti i ruoli di Giorgio nei Puritani di Pepoli-Bellini e di Marino Faliero nell’opera omonima di Bidera-Donizetti, entrambi titoli rappresentati per la prima volta nella sala francese nel 1835. Nel 1843 Donizetti gli affidò il complesso ruolo di Don Pasquale nell’opera omonima (Théâtre Italien) e nel 1847 Giuseppe Verdi scrisse su di lui il ruolo di Massimiliano Moor nei Masnadieri (King’s Theatre). Fino al 1854 l’artista si divise principalmente tra Londra e Parigi, dove nel frattempo si era stabilito, esibendosi in produzioni operistiche e concerti che gli garantirono cospicui guadagni. Nel 1856, a causa di una malattia, decise di rientrare a Napoli, dove morì il 23 gennaio 1858.
Luigi Lablache fu uno degli artisti più straordinari del suo tempo: elogiato per la capacità di declamazione, per la veridicità della recitazione, per la credibilità che deteneva nell’interpretare indifferentemente personaggi comici e seri, venne considerato un riformatore dell’arte vocale italiana, nonché un modello attoriale, anche da parte di interpreti del teatro di parola.
Castil Blaze, Biographie de Lablache, Parigi, s. d.
Francesco Florimo, Biografia di Luigi Lablache [Napoli, 1858]
Philip Robinson, Elizabeth Forbes, Lablache, Luigi, ad vocem in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, edited by Stanley Sadie, Oxford, Oxford University Press, vol. 14, pp. 84-86
Antonio Rostagno, Lablache, Luigi, ad vocem in DBI, vol. 62, 2004
Libretti
Opere
Interpretazioni e altri documenti
Opere danza
Licenza
Licensed under Creative Commons Attribution Noncommercial Share-Alike 3.0
Condividi:
Condividi: