Berio, Luciano
1. Luciano Berio a Castiglioncello, 1996. Foto a colori di Marina Berio.
2. Luciano Berio al Groupe de Récherches Musicales di Parigi, anni '70. Foto in bianco e nero di Robert Cahen.
3. Luciano Berio dirige al 34° Beethovenfest Bonn, 1992. Foto in bianco e nero di Friedhelm Schulz.
Luciano Berio ha costituito una figura di primissimo piano nel panorama musicale del secondo Novecento italiano e internazionale, influente non solo come compositore, ma anche per la sua ricca attività di direttore d’orchestra, ideatore di stagioni concertistiche, promotore di musica contemporanea e docente presso prestigiose istituzioni musicali e accademiche. Nacque a Oneglia (Imperia) il 24 ottobre 1925, terzogenito di Ernesto e di Ada Dal Fiume, di origini veronesi. Il padre e il nonno paterno, Adolfo, erano a loro volta compositori, quindi la prima educazione musicale di Berio si svolse in famiglia a partire dagli anni dell’infanzia, approfondendo la conoscenza dei classici del repertorio attraverso esecuzioni domestiche e assidui ascolti alla radio. Conseguita la maturità classica presso il liceo della sua città natale, nel 1945 si trasferì a Milano per iscriversi a giurisprudenza (studi che abbandonerà dopo appena un anno) e al Conservatorio “Giuseppe Verdi”, dove frequentò le classi di composizione e direzione d’orchestra con, rispettivamente, Giorgio Federico Ghedini e Carlo Maria Giulini. Determinante per la sua crescita artistica fu l’ambiente culturale di Milano, ricco di manifestazioni stimolanti che spaziavano dalla musica dodecafonica al teatro sperimentale, dal jazz alla canzone popolare, superando le barriere tra generi artistici e registri linguistici.
Nel periodo subito successivo alla conclusione degli studi, Berio intraprese una modesta attività di maestro sostituto presso teatri di provincia e di pianista accompagnatore nelle classi di canto del conservatorio di Milano. Fu in quest’ultimo contesto che, nel 1950, conobbe il mezzosoprano armeno Cathy Berberian, la quale dopo pochi mesi sarebbe diventata sua moglie e nei due decenni successivi avrebbe interpretato le sue composizioni vocali più virtuosistiche e innovative. Agli inizi degli anni Cinquanta risalgono anche le prime fondamentali esperienze internazionali di Berio, ossia il soggiorno negli Stati Uniti, per studiare composizione con Luigi Dallapiccola ai corsi estivi di Tanglewood (1952), nonché l’incontro con Bruno Maderna (1953) e la conseguente frequenza dei Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt a partire dal 1954. A dicembre dello stesso anno Berio e Maderna fondano presso la Rai di Milano il primo studio di musica elettronica in Italia, il quale sarà inaugurato ufficialmente nel maggio del 1956 con il nome di Studio di Fonologia Musicale. Qui Berio avrà modo da un lato di sperimentare nuove modalità d’interazione tra strumenti acustici e suoni prodotti elettronicamente, dall’altro di esplorare soluzioni inedite nel rapporto tra suono e parola. L’ambiente dialogico dello Studio di Fonologia, aperto a compositori di provenienze ed estetiche anche distanti, permise a Berio di confrontarsi con diverse dimensioni della sperimentazione elettroacustica, superando la contrapposizione tra musica concreta ed elettronica allora perseguita, rispettivamente, dagli studi di Parigi e di Colonia.
Se già negli anni Cinquanta Berio si era imposto come figura di spicco tra i giovani dell’avanguardia musicale, fu nel decennio successivo che la sua fama si consolidò in maniera definitiva, come dimostrano gli inviti sempre più frequenti tra Europa e Stati Uniti a dirigere i propri lavori e a tenere corsi presso università e istituzioni di alta formazione (Darmstadt, Dartington, Tanglewood, Mills College, Harvard University). Lasciata la direzione dello Studio di Fonologia di Milano a causa dell’ingente mole d’impegni su scala internazionale, a partire dal 1965 Berio assunse la docenza in analisi e composizione presso la Juilliard School of Music di New York, dove insegnò sei anni e fondò il Juilliard Ensemble, specializzato nell’esecuzione di musica contemporanea. La sua attività regolare presso la Juilliard terminò nel 1972 e Berio, separatosi dalla seconda moglie Susan Oyama, rientrò in Italia, abitando a seconda dei periodi nella campagna senese, a Roma e a Firenze. Nel 1974 gli fu affidato l’incarico di fondare il dipartimento elettroacustico dell’IRCAM di Parigi, di cui avrebbe assunto anche la direzione fino al 1980: ciò gli permise di riprendere con nuovi strumenti le sperimentazioni condotte a Milano vent’anni prima, ampliando la ricerca ai Live Electronics (tecnologie per l’elaborazione del suono in tempo reale) in collaborazione con il fisico Giuseppe Di Giugno.
Posto fine all’impegno continuativo presso l’IRCAM, nei primi anni Ottanta Berio intraprese e portò avanti delle trattative con il comune di Firenze per fondare un centro di ricerca musicale ispirato al dipartimento elettroacustico da lui diretto a Parigi. Il progetto giunse in porto nel 1987 con la fondazione di “Tempo Reale”, nel cui ambito Berio, oltre a continuare le ricerche sull’interazione tra strumenti acustici ed elettronica, avrebbe sperimentato nuovi sistemi di proiezione spaziale del suono. Negli anni successivi il compositore cercò di esportare il modello dell’esperienza fiorentina in altre città italiane e straniere (Torino, Padova, Palermo, Genova, Amsterdam, Marsiglia), nonché si adoperò per creare una rete di collaborazioni internazionali coinvolgendo istituzioni di preminenza mondiale come lo stesso IRCAM, la Stanford University e il Massachussets Institute of Thecnology. L’ultimo decennio della sua vita l’avrebbe dunque visto ancora più impegnato tra l’attività creativa e quella organizzativa: nell’A. A. 1993-94 fu invitato a tenere un ciclo di sei conferenze ad Harvard, le quali furono poi pubblicate postume con il titolo Un ricordo al futuro: lezioni americane (2006), curate dalla musicologa israeliana Talia Pecker, moglie di Berio dal 1977. Insignito di riconoscimenti prestigiosi in Italia e all’estero, nel 2000 fu eletto presidente dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, di cui curò le attività artistiche, scientifiche e didattiche, seguendo con particolare interesse la nascita dell’Auditorium “Parco della musica”, progettato da Renzo Piano e inaugurato nel 2002 sotto la sua sovrintendenza. Berio morì a Roma il 27 maggio 2003; su iniziativa di Talia Pecker, nel 2009 fu fondato a Firenze il Centro Studi Luciano Berio con lo scopo di promuovere iniziative musicali e musicologiche volte a valorizzare l’opera del compositore. Il suo intero lascito manoscritto è attualmente conservato presso la Fondazione Paul Sacher di Basilea.
La produzione musicale di Berio è caratterizzata da una continua ricerca di equilibrio tra le distinte dimensioni e tradizioni di cui è costituita la nostra civiltà, creando una fitta rete di interrelazioni tra i vari campi del sapere umanistico e la cultura popolare di diversa provenienza. Nei suoi lavori uno spiccato e sempre rinnovato impulso alla sperimentazione dialoga con la profonda conoscenza del repertorio colto occidentale, dove riveste un ruolo importante la riflessione sulla memoria individuale e collettiva. Caratteristica anche la dimensione di “work in progress” delle sue opere, le quali rimandano dall’una all’altra commentandosi e rielaborandosi a vicenda. Un posto centrale nella sua produzione è infine occupato dal teatro musicale, genere in cui trova piena espressione la drammaturgia implicita anche nelle composizioni non sceniche, soprattutto vocali: oltre alla collaborazione con Italo Calvino, il quale firmò i libretti per tre opere teatrali di Berio, fondamentale fu l’incontro con lo scrittore Edoardo Sanguineti, autore dei testi di diversi suoi lavori non solo di genere rappresentativo.
Acquisito un certo rilievo già negli Cinquanta tra i compositori d’avanguardia della sua generazione, presso lo Studio di Fonologia di Milano Berio condusse importanti ricerche sulle modalità d’interazione tra strumenti acustici e suoni generati elettronicamente, esplorando inoltre soluzioni inedite nel rapporto tra suono e parola. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta intraprese quindi nuove sperimentazioni da un lato sulla possibilità di combinare i timbri in maniera complessa, dall’altro sulle frontiere tecniche ed espressive della vocalità, in specie femminile, grazie al fecondo sodalizio con Cathy Berberian. A partire dal 1958 fino al 2003 il compositore esplorerà invece le potenzialità idiomatiche di singoli strumenti solisti attraverso la serie delle 14 Sequenze, dalla prima per flauto all’ultima per violoncello. Infine, nel trentennio compreso tra gli anni Settanta e i primi anni 2000 Berio proseguì le sperimentazioni degli anni precedenti, ampliando lo sguardo verso nuove disposizioni spaziali e formazioni strumentali, indagate soprattutto nel contesto della grande orchestra. Rilevante anche l’attività di ripensamento di generi, strumenti e stilemi della grande tradizione: al centro del suo interesse in quest’ultimo periodo furono, in particolare, il quartetto d’archi, la scrittura per il pianoforte e il rapporto tra strumento solista e orchestra nel concerto solistico di derivazione sette-ottocentesca.
- Giovanni Morelli, Luciano Berio. «Belfagor», 64, 2 (marzo 2009), pp. 121-146.
- Angela Carone, «Tempi concertati» di Luciano Berio: un caso di genesi intertestuale. «Philomusica on-line», 9, 2 (2010), pp. 419-437.
- Luciano Berio. Nuove prospettive / New Perspectives. A cura di Angela Ida De Benedictis, Firenze, Olschki, 2012.
- Giorgio Pestelli, Berio, Luciano. In: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013.
- Mila De Santis, Luciano Berio e Edoardo Sanguineti. Momenti di un percorso amoroso. In: L'esperienza della musica, a cura di Marco Gatto e Luca Lenzini, Macerata, Quodlibet, 2017, pp. 167-178.
- Luciano Berio: Un ricordo al futuro. A cura di Talia Pecker Berio, Torino, Einaudi, 2006.
- Luciano Berio: Scritti sulla musica. A cura di Angela Ida De Benedictis, Torino, Einaudi, 2013.
- Luciano Berio: Interviste e colloqui. A cura di Vincenzina C. Ottomano, Torino, Einaudi, 2017.
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